Il Foglio internazionale

Possiamo essere ottimisti, ma è sempre più difficile programmare il futuro

La pandemia, l’inflazione che avanza, una guerra, la siccità… No, non sono più cose che capitano solo una volta nella vita scrive il Times

Quando ho ascoltato l’introduzione al faccia a faccia tra i candidati alla leadership dei Tory, questa è stata la frase che mi ha colpito di più, pronunciata da Liz Truss: la pandemia da Covid è stata ‘un evento che si verifica una volta ogni cento anni’. La sua tesi è che si tratta di un fenomeno così raro che il debito massiccio che ne è scaturito non deve essere pagato con l’aumento delle tasse, ma può essere spalmato negli anni”. Così inizia l’articolo di William Hague, ex leader dei Tory britannici.

 

Molti dei grandi eventi globali – la pandemia, l’inflazione che avanza, una guerra, la siccità, la crisi della democrazia americana – vengono trattati come qualcosa di eccezionale, che capita solo una volta nella vita. Ma, in ciascuno di questi casi, l’assunzione è sbagliata. Prendiamo l’esempio del Covid. L’ultima pandemia di rilievo è stata l’influenza spagnola del 1918-20, un secolo fa. Tuttavia, oggi la popolazione globale è di quattro volte superiore rispetto ad allora, si viaggia molto di più, ci sono meno foreste e il commercio di animali selvatici è cresciuto a dismisura: tutte queste attività rendono la diffusione delle malattie zoonotiche, dagli animali agli umani, molto più probabili. Dunque, non è razionale trattare questo fenomeno come un evento eccezionale.

 

E i costi dell’energia? Gli ottimisti diranno che presto la guerra finirà, le bollette si riassesteranno a livelli accettabili e l’inflazione tornerà al due per cento. Ma i prezzi dell’energia erano in aumento ben prima della guerra in Ucraina, e saranno volatili nei prossimi anni, segnati dalla transizione all’energia pulita. Lo stesso vale per la guerra. Speriamo tutti che termini presto, nonostante la tendenza sia opposta: il conflitto si sta allargando verso la Crimea e la Bielorussia. Non è mai esistito un mondo “normale”, in cui tutto andava bene. I primi vent’anni del secolo sono stati segnati dall’Undici settembre e dalla crisi finanziaria globale. Ma fino a qualche anno fa c’era stato un periodo di relativa stabilità: nessuna pandemia, inflazione bassa, crescita indotta dalla globalizzazione, pace tra le potenze mondiali. Per i governi di tutto il mondo era più facile programmare il futuro.

 

Il nonno di Hague è nato nel 1901: in quegli anni, era razionale pensare che il mondo sarebbe stato un posto migliore quando lui sarebbe morto, nel 1998. Così è stato, se guardiamo all’aspettativa di vita, sanità, pace, libertà e prosperità. Ma ci sono anche state due guerre cataclismiche; alcuni concetti sono cambiati per sempre. “Possiamo essere ottimisti verso il futuro, e sperare che entro il 2100 avremmo imparato a vivere in armonia con la natura, restaurato la pace e sviluppato nuove medicine e tecnologie. Ma ci saranno dei momenti di svolta, in cui le nostre assunzioni dovranno cambiare e l’ottimista dovrà essere realista. Questo è uno di quei momenti”. Questo ha implicazioni per tutti: per il pensionato che ha smesso di lavorare presto, per l’azienda che importa tutto da un solo paese. E anche per i governi, che dovranno aiutare i cittadini più fragili ad adattarsi alla fine della normalità.

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