(Foto Ansa) 

contro il caro energia

“Eccezione iberica” del Portogallo, tra rinnovabili e rigassificatori

Marcello Sacco

Lisbona è al quinto posto in Europa per quota di energia verde e meno dipendente dalla Russia rispetto a molte altre capitali europee. La soluzione del tetto nazionale al prezzo del gas e i progetti per superare la crisi 

Alla Penisola iberica, quella dei più fieri indipendentismi che notoriamente affliggono Madrid, i colpi migliori riescono quando anche il Portogallo, nazione da sempre indipendente, si unisce al vicino spagnolo in una battaglia comune. L’ultima è stata la richiesta di un’“eccezione iberica” al tetto del gas: 48,75 euro a megawattora per il gas naturale utilizzato nelle centrali termoelettriche. La misura, approvata da Bruxelles in considerazione anche della scarsa interconnessione energetica con quella parte di Europa che per spagnoli e portoghesi è “al di là” dei Pirenei, è entrata in vigore da metà giugno e resterà fino al 31 maggio dell’anno prossimo. Poi si vedrà.

 

Intanto, le conseguenze dell’accordo viste finora sono diventate oggetto di dibattito. Le bollette continuano a salire ma secondo il governo, già dopo il primo mese, il meccanismo aveva prodotto benefici per 55 milioni di euro. Per alcuni, invece, la misura avvantaggerebbe soprattutto la Spagna (rieccole, le rivalità iberiche); per altri, i risultati sarebbero rimasti al di qua delle promesse e l’unica via per ridurre i costi energetici per le famiglie è la corsa alle fonti alternative. A dirlo sono in particolare le cooperative che condividono impianti di energie rinnovabili. Ai progetti di efficienza energetica negli edifici il Portogallo ha riservato 610 milioni del  Pnrr, che ammonta a  15 miliardi in tutto, e pare stia andando bene l’iniziativa denominata “Cem Aldeias” (cento villaggi), che raggruppa e razionalizza l’autoproduzione di energia rinnovabile nelle province dell’entroterra.

 

Ma l’investimento portoghese nelle rinnovabili viene da più lontano. Già nel 2020 rappresentavano il 34 per cento del consumo totale di energia e il 58 per cento di elettricità. Numeri che avevano fatto balzare il Portogallo al quinto posto in Ue. A far la parte del leone c’è l’energia eolica (27 per cento, quest’anno) e l’idrica, che però nell’ultimo anno è scesa dal 23 al 16 per cento secondo i dati di marzo, non ancora aggiornati al notevole aggravamento della siccità di questa estate. Va detto che dietro l’impulso dell’energia verde portoghese (il paese ha definitivamente abbandonato il carbone a novembre dell’anno scorso) c’è una dose rilevante di importazioni, in particolare dalla Spagna: in media il 10 per cento del totale, ma con recenti impennate del 60 per cento. E l’energia proveniente dalla Spagna è prodotta sia col carbone sia con il nucleare. Insomma, la pulizia a volte è solo di facciata, si sa.

 

Resta tuttavia un mix energetico abbastanza vario quello che fa muovere il Portogallo e, cosa molto importante di questi tempi, meno dipendente dalla Russia rispetto a molte altre nazioni europee. Certo, i contraccolpi della geopolitica sono dappertutto: una parte di quel gas arriva via gasdotto dal Maghreb e un po’ risente della triangolazione non sempre serena fra Spagna, Marocco e Algeria. Ma la vocazione atlantica ha già inserito il Portogallo nella rete internazionale del gas naturale liquefatto. I maggiori fornitori sono Nigeria e Stati Uniti, che portano il loro Gnl nello strategico porto di Sines, 150 km a sud di Lisbona, dove c’è un terminal per la rigassificazione.

 

L’opzione atlantica del gas nella cittadina che diede i natali a Vasco da Gama ha meno di vent’anni (risale al 2003) e da più parti si pensa a un potenziamento del polo per farne un hub strategico nel nuovo piano energetico europeo. Un gasdotto che andasse oltre i Pirenei aiuterebbe a superare il problema della scarsa interconnessione iberica (l’handicap che ha favorito l’eccezione temporanea), convoglierebbe maggiori finanziamenti e contribuirebbe a spostare il baricentro europeo finora sbilanciato sulla Russia.

 

Proprio dalla Germania, recentemente, erano arrivati segnali positivi, quando Scholz, in una conferenza stampa dell’11 agosto scorso, aveva detto che sarebbe stato ottimo avere ora un gasdotto che dal Portogallo arrivasse al cuore dell’Europa. Ma stavolta è Parigi a non volerne sapere. Il ministro francese della transizione energetica ha risposto a stretto giro che oramai è tardi e che la soluzione sta nel moltiplicare i terminali.

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