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NeverTrump

La saga dei documenti segreti di Trump è un colpo fatale al partito

Giulio Silvano

“Ho paura che sarò l’ultimo presidente repubblicano”. Le parole ripescate di Bush (il figlio) di fronte alla vittoria di The Donald segnano un altro tassello del lungo declino del "republican party"

Gli Archivi nazionali, oltre a proteggere ed esporre gli originali delle carte fondative degli Stati Uniti – Dichiarazione d’Indipendenza, Costituzione, Carta dei Diritti – preservano i documenti presidenziali per i posteri. Operazione molto difficile se il presidente ha l’abitudine di buttarli nella tazza del gabinetto e tirare lo sciacquone, o di portarseli nella sua casa al mare dopo la fine del mandato, tenendoli in disordine in degli scatoloni insieme a menu di ristoranti e altri souvenir di Washington. Da meno di un mese dall’incursione a Mar-a-Lago continuano le minacce agli Archivi, istituzione accusata dagli esaltati trumpiani di corruzione e di cospirazione verso l’ex presidente. Così come continuano quelle contro l’Fbi, come contro chiunque cerchi di opporsi in qualche modo a Trump, che sembra ancora avere dalla sua parte un bel po’ di elettorato e parte dell’establishment del partito. Ma se Trump sopravvivrà a tutto questo, il partito potrebbe non farlo. 

 

Questa sera la nazione vede la fine del Partito pepubblicano. Quel che ne rimane condivide il nome e il marchio del tradizionale Gop, ma è in realtà una setta autoritaria e nazionalista consacrata solamente a Donald Trump”. Questa l’apertura della dichiarazione del Lincoln Project la sera in cui Liz Cheney è stata sconfitta alle primarie per aver votato l’impeachment e per aver fatto parte della commissione sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. Trump ha poi detto che a questo punto la Commissione deve essere sciolta: “È stato un referendum su quest’infinita caccia alle streghe. Il popolo ha parlato!”. 

 

Il Lincoln Project è un’organizzazione dedicata alla difesa della democrazia che vuole riportare i valori del Partito repubblicano a quelli del suo presidente più illustre e celebrato, Abraham Lincoln. È stato fondato da alcuni repubblicani nel 2019 e ha visto nella vendetta perpetuata dagli elettori del Wyoming nei confronti di Cheney una deriva da fermare. Non è un collettivo di liberal, ma è formato da gente come Micheal Steele, che nel 2010 aveva lanciato il “Fire Pelosi Bus Tour”, una campagna mobile per mandare a casa Nancy Pelosi. O da gente come Stuart Stevens, che è stato a capo della strategia nella campagna di Mitt Romney contro Barack Obama.

 

Fanno tutti parte della corrente NeverTrump, chiamata anche Dump Trump, composta da membri del Gop che fin dal 2016 avevano deciso di non appoggiarlo, alcuni addirittura scegliendo di votare Hillary Clinton – come del resto aveva scelto di fare George H. W. Bush. Il figlio, W., aveva detto: “Ho paura che sarò l’ultimo presidente repubblicano”. Il sito di notizie alt-right Breibart ha scritto, in modo celebrativo, che Trump ha ucciso le dinastie del partito, chiamandolo “dinasty killer”. Infatti da novembre non ci saranno più Cheney, Bush, McCain o Clinton al potere da nessuna parte. Tutte famiglie che hanno cercato di combatterlo.

 

Il partito è cambiato, ma queste novità non sono state portate da Trump, lui è soltanto l’effetto di anni di involuzione del Gop. Questa è la tesi dell’opinionista del Washington Post Dana Milbank a cui ha dedicato il suo nuovo libro “The Destructionists: the twenty-five year crack up of the Republican Party” (Doubleday). Donald Trump avrebbe solamente sfruttato la pancia di una parte del paese, pancia già riempita da radicalizzazioni nei vent’anni precedenti da personaggi come Newt Gingrich, Patrick J. Buchanan, Rush Limbaugh, Tom DeLay, Sarah Palin, Glenn Beck. Personaggi che hanno deciso di smetterla di collaborare con i dem creando una polarizzazione ideologica che rende impossibile il dialogo. Il movimento Tea Party, esploso nel 2009, fu uno dei primi effetti di questa involuzione che avrebbe portato ad avere un presidente che può dire: “Il concetto di riscaldamento globale è stato inventato dai cinesi per rendere l’industria manifatturiera americana non competitiva”. 

 

L’odio anti immigrati, il suprematismo bianco, la sfiducia nella democrazia e nelle istituzioni sono diventati nell’era post Reagan parole d’ordine di alcuni conservatori. In questo processo la costante disinformazione è stata centrale, grazie anche ai social network e alla forza di Fox News, che hanno permesso di condividere fake news o, come li chiamano loro, “fatti alternativi”, e ad attaccare gli Archivi nazionali.
Trump, dice Milbank, è solamente un “brillante opportunista; ha visto in che direzione stava andando il Partito repubblicano e gli appetiti che stava attizzando” e li ha sfruttati. Trump è semplicemente il riflesso di un partito malato, “e il problema non sparirà quando lui se ne andrà”. È ancora in dubbio se si candiderà nel 2024, e se lo farà con il GoP, ma le vittorie dei suoi fedeli alle primarie aumentano sempre questa possibilità.