Il Metodo francese
Parigi gestisce le emergenze con il compromesso. Lezioni per l'Italia
Le forze in campo convergono su politiche centriste, sempre più integrate a livello europeo, che quindi poco hanno a che fare con le varie formule di ripiego, spesso nazionaliste. La rielezione di Macron e di una sua relativa maggioranza indica proprio questa dinamica di mediazione
L’estate francese è stata segnata da un succedersi di emergenze. La violenza delle problematiche ambientali, dagli enormi incendi nelle foreste lungo l’atlantico fino alle ondate di calore incessanti. L’emergenza climatica è diventata un fattore di primissima importanza che richiede una mediazione fra interessi contraddittori. La gestione francese delle crisi poggia spesso sui cosiddetti “elementi di linguaggio”, la capacità degli addetti alla comunicazione di far sentire la presenza dell’azione governativa. Oggi però l’emergenza climatica richiede qualcosa in più, perché assistiamo all’inizio di una competizione per le risorse idriche che prefigura la necessità di scelte vere, e non soltanto aspettare speranzosi che la stagione delle piogge rimandi il problema. L’emergenza climatica conferma lo stato attuale di politica dell’insieme dei paesi europei: nel 2020 la pandemia ha inaugurato un ciclo che è stato poi prolungato dalla guerra in Ucraina e che vede negli effetti del cambiamento climatico un ulteriore tassello di instabilità. Diventa sempre più difficile per i leader democratici mediare in un contesto dove il raggiungimento dell’equilibrio ex ante è sempre più improbabile.
Pochi giorni fa il presidente francese Emmanuel Macron si è presentato a Borne Les Mimosas, vicino alla sua residenza di villeggiatura di Bregançon sul Mediterraneo, preannunciando un inverno difficile, come per mettere le mani avanti dinanzi alle tante difficoltà. In questa nuova stagione politica, diventa estremamente difficile resistere alle onde di populismo. Le proteste diventano un fattore endemico e assistiamo a una certa versatilità da parte di un elettorato che tende a privilegiare il “nuovo insicuro”: quelle forze di opposizione che a ogni elezione possono presentarsi come relativamente estranee alla situazione di difficoltà. In un contesto così travagliato però gli attori convergono su politiche centriste, sempre più integrate a livello europeo, che quindi poco hanno a che fare con le varie formule di ripiego, spesso nazionaliste, che fioriscono fra i partiti dell’opposizione. Tutto ciò spiega anche perché Macron, pur riuscendo a farsi rieleggere, non è riuscito ad agganciare la maggioranza nell’Assemblea nazionale. Il risultato è un Parlamento al centro del gioco politico francese che toglie alla strada alcune forme di protesta. E’ in Parlamento che possiamo osservare come il Rassemblement national stia coltivando una forma di rispettabilità volta a traghettare la sua tradizionale constituency di estrema destra populista verso una forza politica capace di conquistare un consenso allargato. A sinistra, la strategia dell’alleanza Nupes può apparire come diversa, con i deputati della France Insoumise votati a un approccio più movimentista, ma la questione rimane comunque legata alla capacità di tenere insieme forme di populismo e forze moderate nella ricerca di una coalizione governativa. La rielezione di Macron e di una sua relativa maggioranza indica al centro dello scacchiere politico l’ago del compromesso.
La situazione italiana si preannuncia diversa, in quanto poggia su una realtà demografica molto penalizzante ma anche su un mercato del lavoro troppo fragile. Assistiamo al trionfo programmato delle destre nazionaliste e populiste ripulite in chiave governativa eurocompatibile. Con però delle preoccupazioni sulla capacità di proporre le mediazioni necessarie. Il conservatorismo espresso in chiave corporativista nel sostegno a tassisti e balneari potrebbe raffigurare una parabola nella quale si riesce a mobilitare interessi volti a conservare posizioni, rendendo impossibile l’elaborazione di risposte trasversali al passo con i tempi. Verrebbe quasi da augurarsi uno scenario alla francese, nel quale nessuno riesce a raggiungere la maggioranza assoluta costringendo tutti a un lavoro di mediazione parlamentare, un’operazione tutto sommato virtuosa nell’èra delle emergenze.