ultimi saluti
Angela Merkel rompe il silenzio per ringraziare Gorbaciov, che le ha cambiato la vita
"Non lo dimenticherò mai". L'ex cancelliera ricorda l'uomo che non aveva paura delle richieste di libertà dei popoli e che "permise alla Germania riunificata di diventare membro della Nato"
Berlino. “Gorbaciov ha scritto la storia del mondo e ha provato come un singolo statista lo possa cambiare in meglio”. Da quando non è più cancelliera, Angela Merkel misura gli interventi pubblici ma la morte dell’ex leader sovietico non l’ha lasciata indifferente. E così ha reagito “con grande dolore” alla notizia, auspicando che il ricordo di Michail Sergeevic renda possibile una pausa nella guerra contro l’Ucraina. Senza il suo coraggio “neppure la rivoluzione pacifica nella Ddr sarebbe stata possibile. Lui ha cambiato radicalmente la mia vita, non lo dimenticherò mai”.
La perestrojka e la glasnost, le due parole d’ordine di Michail Gorbaciov, innescarono un profondo riassetto istituzionale in Europa centro orientale culminato con la riunificazione della Germania. I tedeschi sono grati a Gorbaciov e mercoledì gli apprezzamenti per la sua opera si sono moltiplicati: il presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha salutato “il grande statista” il cui sogno di apertura e democrazia “oggi è distrutto dal brutale attacco della Russia all’Ucraina”.
Per la ministra degli Esteri, la verde Annalena Baerbock, “la fine della Guerra fredda e l’unità tedesca sono la sua eredità”. Baerbock ha aggiunto: “Siamo in lutto”; parole identiche a quelle del capo dell’opposizione Friedrich Merz: “La Cdu è in lutto per uno statista di cui la Germania poteva fidarsi e che si è fidato di noi”. Il cordoglio è bipartisan.
Nel commento di Merkel si legge però anche la prospettiva di coloro che non vedevano nell’Urss un avversario ma il temuto padrone di casa. “Posso ancora sentire la paura che ho provato insieme a molte persone nella Ddr nel 1989”. Allora i tedeschi dell’est scandivano per strada slogan quali “Il popolo siamo noi” e “Noi siamo un popolo”. “Credevamo che i carri armati sarebbero riapparsi come nel 1953 (quando una rivolta operaia antisovietica fu schiacciata nel sangue da Mosca, ndr), invece questa volta nessun carro fu inviato e nessun colpo fu esploso”.
È sempre l’ex cancelliera venuta dall’est a ricordare che il 6 ottobre 1989 Gorbaciov consegnò al líder máximo della Germania est, Erich Honecker, il famoso detto “wer zu spät kommt, den bestraft das Leben” (chi arriva troppo tardi perde la vita). A differenza dei suoi predecessori votati alla conservazione e alla repressione, Gorbaciov non aveva paura delle richieste di libertà dei popoli, conclude Merkel osservando che “permise alla Germania riunificata di diventare membro della Nato”.
“Io non credo che quando iniziò il suo programma di riforme Gorbaciov sapesse già come la storia sarebbe andata a finire ma di certo aveva capito che l’Urss non poteva andare avanti come lui l’aveva trovata”, spiega al Foglio Markus Ziener, professore di Giornalismo e teorie politiche all’Università di Scienze Applicate (Hmkw) di Berlino. La lungimiranza del leader sovietico non sarebbe bastata però a cambiare l’Europa: “Mi ha sempre colpito anche come Helmut Kohl finì molto presto per capirsi con Gorbaciov”.
D’altronde il cancelliere tedesco che in quei mesi di transizione sceglieva Angela Merkel come giovane leva nella Ddr da annettere, “era un uomo che conosceva molto bene i meccanismi del potere. E poi aveva ciò di cui Gorbaciov aveva bisogno: i soldi per tenere in piedi un impero al collasso”. Ziener azzarda poi un paragone fra i distretti dell’ex Germania est e la Russia post sovietica per spiegare l’ostalgia, un fenomeno al quale Merkel è sempre rimasta immune. “In molti hanno continuato a credere che si stava meglio sotto il regime socialista, dimenticando i negozi vuoti e la mancanza di libertà”.
Ancora presente ma non più così forte nei Länder dell’ex Ddr, l’ostalgia è ovviamente molto più radicata in Russia. “Gorbaciov resta legato ai concetti di glasnost e perestrojka: due processi interrotti ben prima della conclusione: basta guardare quanto tempo è servito a noi tedeschi”.
La trasparenza, ossia la democratizzazione della Russia, è svanita da subito con Boris Eltsin mentre anche il passaggio al libero mercato, prosegue Ziener che conosce la Russia per aver lavorato come corrispondente da Mosca fra il 1994 e il 1999, “è avvenuta nel modo peggiore, con la nascita di un sistema di oligarchi ricchissimi mentre gran parte della popolazione si impoveriva”. Ecco perché conclude l’accademico “in Russia, Gorbaciov resta una figura coraggiosissima ma tragica”, largamente associata a una trasformazione fallita e alla perdita di uno status imperiale anziché alla ritrovata libertà.