Il nuovo Kazakistan
Tokaev annuncia elezioni anticipate e approfondisce la sua inedita rottura con Mosca
Il presidente del Kazakistan continua la sua rischiosissima rivoluzione contro la Russia di Vladimir Putin, che pure aveva chiamato a gennaio per sedare le proteste scoppiate nel paese
Il presidente del Kazakistan, Qasym-Jomart Tokaev, ha annunciato ieri elezioni presidenziali anticipate nell’autunno di quest’anno ed elezioni legislative per l’inizio del 2023. Tokaev, che prese il potere nel 2019 dopo le dimissioni improvvise del presidente trentennale Nursultan Nazarbayev e con la sua protezione, si candiderà alle elezioni, ha detto di voler allungare il mandato presidenziale da cinque a sette anni ma con l’introduzione di una norma che limiterà a uno i mandati concessi a un presidente. Tokaev continua così la sua quieta, potente e rischiosissima rivoluzione contro la Russia di Vladimir Putin, che pure aveva chiamato in affanno a gennaio per sedare le proteste scoppiate in Kazakistan.
Se si guarda all’Asia, uno dei contraccolpi più evidenti dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è proprio l’allontanamento del Kazakistan. Le autorità di questo gigante economico ed energetico hanno preso nuove misure a Putin e agiscono di conseguenza: in particolare lo fa Tokaev che sa che con tutta probabilità dovrà pagare il prezzo di questo affronto.
Oltre ad aver deciso di applicare parte delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia, Tokaev ha detto, con di fianco lo stesso Putin che ha mal mascherato il suo disappunto, di non voler riconoscere le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhangsk nell’est ucraino e in alcune parti di questo immenso paese sventolano solidali le bandiere ucraine. Da questo mese poi, il Kazakistan potrebbe iniziare a far confluire parte del proprio petrolio in direzione dell’Azerbaigian, per raggiungere i mercati internazionali attraverso la principale condotta azera.
Si tratta della prima risposta concreta dei funzionari kazaki alla richiesta di Tokaev di trovare nuove rotte di esportazione per evitare il territorio russo. La necessità era emersa all’inizio di luglio, dopo la minacciata sospensione delle attività del Caspian pipeline consortium (Cpc) da parte di un tribunale russo, sulla base di un pretesto burocratico. Il Cpc è il consorzio che gestisce il trasporto del petrolio estratto dai giacimenti dell’area occidentale del Kazakistan fino al porto russo di Novorossiysk, sul Mar Nero, e da cui fluisce l’80 per cento delle esportazioni di greggio kazake.
Il paese si trova al di fuori della top ten dei principali produttori a livello mondiale, ma garantisce quasi il 2 per cento della produzione globale di petrolio. L’intesa con l’Azerbaigian – che si compone anche di un altro accordo di esportazione che diventerà operativo nel 2023 – riguarda per ora un quantitativo limitato, pari a circa l’8 per cento del flusso che interessa il Cpc. Ma la rilevanza geopolitica di questa decisione è innegabile.
Così come rilevante è stata l’approvazione da parte del governo kazako di un accordo di cooperazione con la Turchia a livello di intelligence. La ratifica riguarda un documento incluso nel protocollo firmato a inizio maggio dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e Tokaev che ha portato le relazioni turco-kazake a livello di “partenariato strategico”. La cooperazione porterà a uno scambio di informazioni tra i due paesi anche riguardo possibili eventi politico-militari potenzialmente minacciosi per la sicurezza turca o kazaka.
L’accordo evidenzia la crescente libertà di manovra del Kazakistan sul fronte militare – la relazione in termini di sicurezza con la Russia è sempre stata molto stretta sin dal dissolvimento sovietico – ma è anche rilevante perché lega un membro della Nato, la Turchia, con un membro dell’organizzazione di sicurezza a guida russa, la Csto (cui si rivolse a gennaio il Kazakistan per chiedere aiuto contro le proteste interne).
Nel valutare il dossier kazako, oltre al fragile equilibrio della regione, a Mosca devono fare attenzione anche alla sensibilità cinese, soprattutto sul fronte energetico. Dopo le varie turbolenze intorno al Cpc, Pechino ha infatti fatto capire la sua insofferenza verso decisioni che potrebbero alterare il già volatile mercato energetico internazionale. Il Cremlino può sicuramente sopravvivere senza un alleato come il Kazakistan, ma la Cina è un partner a cui non si può rinunciare a cuor leggero.
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