Un pomeriggio nello studio di Mykhailo Podolyak
Il rapporto con Fratelli d'Italia e il futuro delle minacce russe. Parla il più esplicito dei consiglieri del presidente ucraino Volodymyr Zelensky
Kyiv, dalla nostra inviata. Mykhailo Podolyak è il più esplicito dei consiglieri del presidente quando si tratta di commentare i successi ucraini sul campo di battaglia. Dopo gli attacchi in Crimea gli ufficiali di Kyiv avevano deciso di non rivendicare le azioni, ma Podolyak aveva detto: “L’epidemia di incidenti negli aeroporti militari in Crimea e in Bielorussia dovrebbe essere considerata dagli aggressori come un avvertimento: dimenticatevi l’Ucraina e andatevene, né nella Crimea occupata né nella Bielorussia occupata vi sentirete mai al sicuro”. Le sue parole erano suonate come una rivendicazione. In questo momento la strategia del governo è non fornire troppi dettagli sulla controffensiva nel sud cominciata una settimana fa, non dare garanzie e non alzare le aspettative.
Anche in questo caso il ruolo di Podolyak è spingersi un poco oltre la linea ufficiale con dei messaggi in codice. Lo incontriamo nel suo ufficio che è un piano sotto a quello di Volodymyr Zelensky, una stanza semivuota con un grande tavolo circolare, un bandiera dell’Ucraina appoggiata su uno scaffale, documenti impilati e un angolo con molte maglie e scarpe di ricambio per quando non torna a casa la notte. Prima di Kherson, parliamo di Europa. Nel giorno in cui si decide il nuovo premier del Regno Unito che prenderà il posto del leader che Kyiv ha considerato il proprio migliore alleato, e a meno di tre settimane dalle elezioni italiane, Podolyak è sereno. “Sinceramente? L’Ucraina è davvero grata a Boris Johnson e Mario Draghi per tutto l’aiuto materiale e morale che ha ricevuto. Ma no, non pensiamo che il sostegno dell’Italia e del Regno Unito sarà ridimensionato nel prossimo futuro”. Podolyak spiega che i contatti con Fratelli d’Italia ci sono e non sono una novità, così come ci sono le amicizie comuni e riguardano in particolare il PiS (Legge e giustizia), il partito al governo in Polonia. “Penso che Giorgia Meloni abbia ben chiaro quale sia il rischio di una vittoria militare di Putin in Europa.
Qualsiasi leader politico, di qualsiasi schieramento, che abbia a cuore l’indipendenza del proprio paese non ha voglia di sottostare alle minacce di Mosca e capisce che se Putin ci sconfigge, si sentirà talmente forte e vi considererà talmente deboli da permettersi ricatti che nei vostri confronti non ha ancora osato proporre. Dall’economia alla sicurezza, le leve di Putin sono moltissime: deve sapere che non gli conviene usarle”. A prescindere dai leader al governo, in Europa sono iniziate le manifestazioni di piazza per il rincaro dei prezzi e a Praga l’estrema destra e “l’internazionale progressista” si sono unite per protestare contro la Nato e contro Bruxelles. Il sostegno e l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale non sono più quelli del primo mese di guerra. “Molte delle persone che in Europa sono stanche, non sono a favore di Putin: vorrebbero semplicemente cancellare questa guerra, svegliarsi e riavere il mondo com’era fino al 23 febbraio. Purtroppo, non è possibile”. Podolyak ci tiene a mettere in chiaro una cosa: Putin capisce solo i rapporti di forza e la minaccia è il suo metodo preferito, ma a seconda di come finisce sul campo di battaglia in Ucraina quelle minacce saranno pericolose e credibili oppure no.
Nella controffensiva del sud la posta in gioco è molto alta: se non riuscirete a liberare la città di Kherson entro l’inverno, quando i movimenti di attacco diventeranno difficili, gli alleati più che rispondere alle richieste di nuove armi potrebbero chiedervi delle rinunce e un accordo con Putin. “Non è un’ipotesi che prendiamo in considerazione, e non abbiamo bisogno di armi come premio, alla fine, non è un esame di scuola: abbiamo bisogno di armi adesso. E se il punto è dimostrare ai nostri partner di saperle usare in modo proficuo: vi sorprendiamo positivamente dal primo giorno”. Venerdì c’è stato una specie di flash mob in rete a cui hanno partecipato diversi leader internazionali, ognuno doveva scegliere una parola emblematica: Joe Biden ha twittato “democrazia”, Olaf Scholz ha scelto “rispetto” e Volodymyr Zelensky “libertà”. Poi è arrivato Podolyak: “ATACMS…”, cioè le munizioni per i lanciarazzi americani Himars che permettono di colpire con precisione a trecento chilometri di distanza.
Alcuni esperti militari hanno ipotizzato che siano stati usati nell’attacco alla base di Saki in Crimea, che il ruolo dei sabotatori ucraini sia servito per preparare il terreno e raccogliere informazioni sul bersaglio, ma non spieghi le esplosioni. E’ possibile che nella controffensiva stiate usando anche armi che non risultano negli annunci di aiuti militari? “Noi riceviamo varie tipologie di armi da diversi paesi. Se questi paesi decidono di renderle pubbliche, lo facciamo anche noi. Se non avviene, manteniamo il segreto”. Ieri l’amministrazione collaborazionista di Kherson ha detto che i referendum per l’annessione alla Russia devono essere rimandati “per ragioni di sicurezza” – la notizia è stata ripresa anche dalle agenzie di stato russe, è un’ammissione insolita per Mosca e una notizia positiva per la controffensiva di Kyiv.