Spiragli e illusioni
Biden non mette la Russia nella lista degli stati terroristici. La delusione ucraina
Dall’inizio della guerra, ci sono state molte pressioni su Washington. Ma il presidente ha deciso. La risposta di Putin a Vladivostok è chiudere lo spiraglio diplomatico lasciato aperto dall'America
L’Amministrazione Biden ha deciso di non mettere la Russia nella lista degli stati che sponsorizzano il terrorismo (dove ci sono già Iran, Siria, Corea del nord e Cuba) per evitare “conseguenze involontarie” nei confronti dell’Ucraina e del resto del mondo. La reazione dell’Ucraina è stata ben sintetizzata dal giornalista-star del Kyiv Independent, Illia Ponomarenko: “Non importa quel che decide il dipartimento di stato americano per ragioni diplomatiche: la Russia di Putin è uno stato che sostiene il terrorismo. Controllate la storia dal 2000 per averne le prove”. Dall’inizio della guerra, ci sono state molte pressioni su Washington: criminali di guerra non basta per definire quel che i russi fanno in Ucraina.
Le delegazioni di deputati e senatori americani a Kyiv hanno detto al presidente Volodymyr Zelensky che avrebbero lavorato per mettere la Russia nella lista americana degli stati sponsor del terrorismo, è stata presentata e votata una mozione per accelerare il processo e anche lo stesso capo della diplomazia americana, il segretario di stato Antony Blinken, ha detto in passato che l’ipotesi era presa in seria considerazione dopo che è diventato chiaro che l’uccisione indiscriminata di civili ucraini non era un effetto collaterale della guerra putiniana, ma un suo strumento. L’Amministrazione ha deciso di non fare questo passo che ha un significato simbolico enorme – e che molti consideravano necessario se non dovuto – ma anche conseguenze molto grandi. Una in particolare: se la Russia è ufficialmente uno stato che sponsorizza il terrorismo, non è possibile avere alcuna interazione diplomatica con essa. Secondo gli americani, si chiuderebbe l’ultimo spiraglio di dialogo rimasto – piccolo e probabilmente inutile, ma alla fine della guerra si deve comunque pensare – e si metterebbe in pericolo quello che oggi è l’unico tavolo negoziale in cui russi e ucraini formalmente collaborano: l’accordo sul grano.
Puntuale, è arrivata la risposta di Vladimir Putin che, al Forum economico di Vladivostok, oltre a dire che l’economia russa è in perfetta forma, ha fatto intendere di voler rivedere proprio quell’unico accordo che trattiene la diplomazia americana dal definire la Russia uno stato terrorista. Il presidente russo ha detto di voler discutere direttamente con il collega turco, Recep Tayyip Erdogan, una “restrizione” delle destinazioni delle navi-cargo, perché finora ad approfittare dello sblocco delle risorse alimentari è stato soltanto l’occidente e in particolare l’Europa. Come di consueto, Putin esclude dall’equazione sia le Nazioni Unite, che hanno patrocinato l’accordo, sia l’Ucraina che produce il grano da esportare, a ennesima dimostrazione del fatto che lo spiraglio diplomatico aperto è un’intenzione occidentale che non trova alcuna corrispondenza a Mosca – Putin non vuole né dialogo né pace, tanto che appena siglato l’accordo ha bombardato il porto di Odessa.
Putin ribadisce quel che la sua diplomazia ha detto fin da quando, a luglio, l’accordo è stato trovato: è l’occidente che sta affamando il mondo, non la Russia. Il ribaltamento propagandistico è stato al cuore del tour nei paesi africani fatto dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, all’indomani dell’accordo: nei paesi che più patiscono la crisi alimentare e che non hanno le possibilità economiche di compensare l’assenza del grano ucraino nelle loro importazioni, Lavrov ha detto: è colpa dell’occidente.
La Russia non vuole la pace né vuole assumersi alcuna responsabilità degli effetti globali che la guerra in Ucraina ha causato. Anche per questo, l’aggettivo “terrorista” sembra a molti più che urgente. I più pragmatici digeriscono la decisione americana sottolineando che i russi non temono tanto la lista del dipartimento di stato quanto piuttosto le azioni economiche del dipartimento del Tesoro e dell’Fbi, che sottraggono risorse all’economia russa e ai suoi oligarchi. Per le strategie terroristiche della Russia varrà, a un certo punto, l’evidenza.
L'editoriale dell'elefantino