in ucraina

Il mestiere non amato dei funzionari russi nei territori occupati

Micol Flammini

Mosca offre compensi elevati e ricatti per mandare uomini nell'Ucraina invasa. Il personale locale filorusso non basta più, la Russia considera quelle zone sue e propone il 4 novembre una data per il referendum. Le differenze tra il 2014 e oggi

L’auto di Artem Bardin, funzionario insediato da Mosca nella città occupata di Berdyansk, è esplosa fuori dall’edificio dell’amministrazione comunale, in cui lavora ormai  personale filorusso o arrivato dalla Russia. Bardin è stato ricoverato in ospedale in condizioni critiche, è morto e il suo nome si aggiunge a quello di altri funzionari mandati a gestire i territori occupati, feriti o uccisi durante atti di resistenza. Il mestiere del funzionario nei territori occupati è diventato così rischioso che il Cremlino fatica a trovare persone disposte a partire, non vuole lasciare l’amministrazione in mano ai locali  e preferisce mandare uomini  russi, ma trovarne disposti a partire non è   un lavoro semplice. 

 

I territori occupati  sono aree distrutte, inospitali  e ci  si vive sapendo che gli ucraini potrebbero iniziare una controffensiva: ieri nell’oblast di Kharkiv, le unità d’élite russe sono state circondate in modo inaspettato. Il ruolo degli amministratori locali deve essere quello di ricostruire palazzi e strade, ma anche  aumentare il sentimento filorusso, che non sempre si trova in persone che hanno visto i soldati russi distruggere le loro case. L’altro compito dei funzionari locali deve essere quello di preparare il terreno per i referendum di annessione, che Mosca continua a posticipare: Russia unita, il partito del presidente Vladimir Putin, ha proposto di far votare i territori occupati venerdì 4 novembre. E’ la prima volta che da Mosca arriva in via ufficiale la proposta di una data concreta.  Sarebbe più semplice per Mosca lasciare a governare la classe politica filorussa autoctona, ma il Cremlino non si fida a lasciare  ai locali le somme che servono per la ricostruzione, inoltre avrebbe anche deciso di sostituire la maggior parte delle cariche  dopo i referendum – inclusi Leonid Pasechnik, leader della sedicente Repubblica di Luhansk, e Denis Pushilin, capo di Donetsk – per questo preferisce uomini di Mosca in grado di gestire la transizione.

 

La maggior parte dei funzionari mandati nei territori occupati viene reclutata nella Scuola per governatori, un programma creato da Sergei Kirienko, l’uomo che Putin ha mandato nella regione orientale del Donbas per gestire l’occupazione a livello politico. La campagna di reclutamento era iniziata proponendo l’esperienza nei territori occupati come un dovere patriottico, ma i rischi e le scomodità superano l’attaccamento alla patria, e Mosca è passata a proporre compensi migliori con una buona dose di ricatto. Rifiutare un’offerta, raccontano alcune testate che hanno fonti nei territori, è quasi impossibile: a chi riceve la proposta viene anche chiarito che il rifiuto comporta l’impossibilità di fare carriera in futuro. Il Cremlino ha deciso di rendere le cariche più appetibili anche attraverso la proposta di buoni compensi, chi lavora nei territori occupati può guadagnare uno stipendio doppio o addirittura triplo: dai 500 mila rubli (circa ottomila euro) al milione di rubli (circa sedicimila euro).

 

Mosca ha intenzione di mandare un numero sempre crescente di funzionari e fino a ora le risorse più importanti sono state destinate a Donetsk, dove l’esercito non è ancora riuscito a prendere il controllo di tutta la regione, e in secondo luogo a Luhansk, mentre rimane più scarsa la presenza nelle aree di Kherson e Zaporizhzhia. Insediare una presenza amministrativa nei territori occupati è importante per i piani di Mosca che sono molto diversi rispetto al 2014. Nel 2014 lasciò che fossero i locali, le bande filorusse sostenute dall’esercito russo, ad assumere ruoli chiave: il loro compito era portare avanti una guerra che frammentasse il territorio ucraino. Ora il Cremlino manda i suoi perché in mente ha l’annessione e pensa che togliere le regioni orientali a Kyiv disincentiverà la controffensiva. 

 

Ieri il capo delle Forze armate dell’Ucraina, il generale Valeri Zaluzhny, ha pubblicato un articolo in cui illustra come sarà la guerra  nel 2023. Uno dei punti chiave del suo articolo riguarda il senso di impunità dei russi che nasce dal poter colpire l’Ucraina in profondità  senza ottenere una controrisposta adeguata. Quel senso di impunità, scrive Zaluzhny, va scardinato. E i territori occupati sono un punto da cui iniziare. 

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)