(LaPresse)

negoziati scandinavi

In Svezia la destra estrema punta al governo

David Carretta

Il partito dei democratici guidato da Jimmie Akesson è arrivato al secondo posto, dietro i Socialdemocratici della premier uscente Magdalena Andersson.  Nei negoziati per la formazione del nuovo esecutivo, tuttavia, potrebbero esserci sorprese

Bruxelles. L’estrema destra andrà al governo in quel modello di democrazia scandinava che è la Svezia? Questo scenario, impensabile fino a pochi mesi fa, è diventato meno improbabile, dopo il successo dei Democratici svedesi nelle elezioni legislative di domenica.

 

 Secondo i risultati preliminari, i Socialdemocratici della premier uscente, Magdalena Andersson, rimangono di gran lunga il primo partito: con il 30,5 per cento, hanno guadagnato tre punti rispetto al 2018. Ma i Democratici svedesi, il partito di estrema destra guidato da Jimmie Akesson, è arrivato al secondo posto con il 20,7 per cento dei voti, superando quella che tradizionalmente era la principale formazione della destra, il Partito moderato (19 per cento). Nel loro insieme i partiti di opposizione di destra (Democratici svedesi, Moderati, Liberali, Cristiano-democratici) avrebbero conquistato 175 seggi nel nuovo Riksdag, uno in più dei 174 del blocco di sinistra (Socialdemocratici, Centro, Sinistra e Verdi).

I risultati definitivi sono attesi dopodomani, dopo il conteggio dei voti dall’estero. Il margine è così stretto che tutto potrebbe ancora cambiare. Ma la nuova composizione del Riksdag potrebbe portare alla fine della breve premiership di Andersson e al ritorno al potere della destra, che aveva governato dal 2006 al 2014. Il nuovo premier diventerebbe il leader dei Moderati, Ulf Kristersson. “Se c’è una maggioranza, sono pronto a fare un governo stabile ed efficace”, ha detto Kristersson. Con o senza i Democratici svedesi al governo? “Se c’è un cambiamento di maggioranza, avremo una posizione centrale. La nostra ambizione è di essere al governo”, ha detto Akesson ai suoi militanti entusiasti.

In Svezia il cordone sanitario per escludere l’estrema destra dal governo è stato rotto, ma fino a un certo punto. Prima i Cristiano-democratici, poi il Partito moderato hanno iniziato a dialogare con i Democratici svedesi, un partito che ha radici neonaziste, ma che sotto la leadership Akesson si è dato un’immagine più presentabile. Alle prime alleanze a livello locale è seguita un’intesa secondo cui i Democratici svedesi dovrebbero garantire il loro sostegno esterno a un governo della destra moderata. E’ quella la “posizione centrale” evocata da Akesson, che potrebbe imporre alcune delle sue priorità a un futuro esecutivo Kristersson, senza farne formalmente parte.

Ma la sua richiesta di “essere al governo” rischia di complicare il ritorno della destra al potere. Prima delle elezioni, i Liberali avevano promesso di non sostenere un esecutivo con ministri dei Democratici svedesi – Akesson ha risposto con disprezzo. Nei complicati negoziati per la formazione del nuovo governo potrebbero esserci sorprese. Lo scenario più probabile rimane quello di un governo minoritario, anche se non è chiaro di quale colore. Nel 2018 c’erano voluti quattro mesi per la conferma del socialdemocratico Stefan Löfven alla testa di un governo di sinistra minoritario, dopo un risultato inconcludente tra i due blocchi.

Il successo di Akesson è innegabile. I Democratici svedesi, entrati al Riksdag nel 2010, hanno incrementato i loro seggi a ogni elezione. Le posizioni più estreme sono state abbandonate, anche se il partito rimane anti immigrazione, anti islam e anti europeo. Il risultato di domenica è anche la conseguenza di una campagna elettorale incentrata sul tema della sicurezza, in particolare le guerre tra bande nel sud della Svezia, dove i Democratici svedesi hanno la loro base.

La ragione principale per cui Akesson vuole andare al governo è evitare di fare la fine del Partito popolare danese, altro partito dell’estrema destra scandinava che, dopo aver garantito il sostegno esterno a governi della destra liberale senza mai assumersi responsabilità dirette, alla fine è stato punito dagli elettori. Paradossalmente, il voto è stato un successo anche per Andersson: la premier uscente ha saputo rilanciare un Partito socialdemocratico in crisi, che stava perdendo terreno nei consensi. Data l’incertezza, Kristersson ha evitato trionfalismi, ha lanciato appelli alla “pacificazione” e ha ringraziato Andersson per la campagna elettorale.

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