alleati preziosi
Xi vede la crisi di Putin come un'opportunità. Al summit di Samarcanda va da leader
I due capi di stato si incontreranno nella città uzbeka: sarà l’ennesimo show di forza (diplomatica) dell’ordine mondiale che Cina e Russia vogliono costruire. Ma il dragone ha già cannibalizzato il Cremlino, e il messaggio ai paesi dell’Asia centrale arriverà chiaro: la potenza affidabile è Pechino
Sul campo le cose si stanno mettendo molto male per la Russia, ma a livello diplomatico, l’altro ieri, è arrivata la dichiarazione che il Cremlino aspettava da almeno sei mesi. “Gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato hanno aumentato la loro presenza vicino ai confini russi, minacciando seriamente la sicurezza nazionale e la vita dei cittadini russi”, ha detto, secondo quanto riportato dal sito della Duma, lo speaker del Congresso nazionale del popolo Li Zhanshu, uno stretto alleato di Xi e terzo leader del Partito comunista cinese.
Durante un incontro a Mosca con il suo omologo russo Vyacheslav Volodin, Li ha aggiunto: “Capiamo pienamente la necessità di tutte le misure adottate dalla Russia per proteggere i suoi interessi, e stiamo fornendo la nostra assistenza”. Non è un caso se certe dichiarazioni vengano fuori adesso. La leadership di Pechino è stata finora molto cauta nel trattare la questione ucraina, e i media cinesi hanno dato pochissimo spazio alla visita in Russia del potente Li Zhanshu – nel resoconto dell’agenzia statale cinese Xinhua non viene mai menzionata la parola “Ucraina”, ma al contrario si sottolinea il sostegno manifestato dalla Russia a Pechino nella questione di Taiwan. Ma il fallimento della cosiddetta “operazione militare speciale” russa in Ucraina è spot pubblicitario perfetto per la Cina di Xi Jinping, che può continuare a usare la propaganda russa in chiave antioccidentale e allo stesso tempo emergere come la potenza stabilizzatrice, garanzia di sicurezza soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Vale a dire, fare quello che fanno le grandi potenze autoritarie quando sanciscono partnership e alleanze: cannibalizzarsi.
Il patto antioccidentale e “l’amicizia senza limiti” sanciti da Mosca e Pechino durante la visita del presidente Putin a Pechino il 4 febbraio scorso – venti giorni prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina – tra poco si rinnoveranno in un nuovo show di forza. Dopo le esercitazioni militari congiunte dei giorni scorsi, giovedì prossimo il presidente cinese Xi Jinping incontrerà Putin nella splendida ed evocativa cornice di Samarcanda, in Uzbekistan, e il loro sarà il primo incontro non virtuale sin dall’inizio della guerra.
L’occasione è il summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, una piattaforma di sicurezza, politica ed economia eurasiatica con una forte leadership cinese al quale partecipano gli otto stati membri (Cina, India, Kazakistan, Kyrgyzstan, Pakistan, Russia, Tajikistan e Uzbekistan), alcuni stati osservatori e altri paesi partner. Quest’anno l’Iran diverrà a tutti gli effetti un paese membro, e oltre agli osservatori (Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia) e ai sei paesi partner (Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka e Turchia), si uniranno quest’anno pure Arabia saudita, Qatar ed Egitto. E’ l’internazionale dei non-allineati, il mondo secondo l’ordine che vogliono Pechino e Mosca. “L’occidente ha fallito, il futuro è in Asia”, ha detto Putin al Forum di Vladivostok di qualche giorno fa. Ma il futuro asiatico non è russo. Non completamente, almeno.
Il primo viaggio diplomatico fuori dai confini nazionali di Xi da quando è iniziata la pandemia comincia domani dal Kazakistan – a Nur-Sultan, nelle stesse ore, arriverà anche Papa Francesco, un curioso tempismo, anche se un incontro tra i due non è mai stato all’ordine del giorno e probabilmente, anche se avvenisse, non sarebbe mai reso noto. Il presidente kazaco Kassym-Jomart Tokayev ha manifestato più volte la sua preoccupazione nei confronti della rinnovata belligeranza della Russia, e Xi arriva nel momento giusto in un paese importante anche simbolicamente (in Kazakistan Xi ha pronunciato il discorso di varo della Via della Seta, Tokayev ha studiato a Pechino e parla un perfetto mandarino). La Cina sta cannibalizzando la Russia, sfruttando tutto lo sfruttabile della sua guerra contro l’Ucraina: la propaganda contro l’America, il petrolio e il gas a basso costo. Eppure la leadership cinese è stata finora molto attenta a non fornire supporto militare che potrebbe mettere a rischio non solo la filiera della Difesa cinese, per via delle sanzioni, ma anche l’immagine militare della Cina. La Cina guarda alla Russia come a uno strumento per la sua definitiva ascesa, il problema è se al Cremlino andrà bene a lungo così, e se non sarà invece l’ennesimo motivo di scontro.