Bromance a Samarcanda

La chimica tra Putin e Xi è cambiata, ma stanno comodi assieme sull'asse antioccidentale

Quello che si sono detti il leader russo e quello cinese al primo incontro-recita dall'inizio della guerra in Ucraina

Giulia Pompili

“Voprosy e ozabochennosti”. Sono le pronunciate da Putin riferendosi a “dubbi e preoccupazioni” che gli avrebbe manifestato Xi nei riguardi della sua guerra contro l’Ucraina. Nel frattempo, esercitazioni congiunte nel Pacifico. E' l'ennesima dimostrazione che i due "sono sulla stessa linea", dice Ghiretti (Merics)

“Voprosy e ozabochennosti”, “dubbi e preoccupazioni”. Giovedì, dopo l’incontro tra il presidente della Federazione russa Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping a Samarcanda, a margine del vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, si parlava soltanto di queste due parole:  “Voprosy e ozabochennosti”. Le ha pronunciate Putin riferendosi ai dubbi e alle preoccupazioni che gli avrebbe manifestato Xi Jinping nei riguardi della sua guerra contro l’Ucraina: “Durante l’incontro di oggi spiegheremo la nostra posizione su questo tema in modo dettagliato”, ha detto Putin, “anche se ne abbiamo già parlato in passato”. L’ammissione, da parte del leader del Cremlino, delle perplessità cinesi sull’invasione dell’Ucraina si spiega più facilmente con l’ultima frase: Putin e Xi si sono incontrati l’ultima volta il 4 febbraio, alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi invernali di Pechino quando hanno inaugurato la loro “amicizia senza limiti”, e venti giorni dopo Putin ha ordinato i missili su Kyiv.
 

Tre mesi fa tra i due c’era stata una telefonata ed è forse quella l’occasione a cui si riferisce Putin quando dice: ne abbiamo già parlato. All’epoca, secondo la versione russa della telefonata, il leader cinese aveva detto di “capire le preoccupazioni russe”. Anche questa volta, nel resoconto  cinese dell’incontro tra Xi e Putin a Samarcanda, non c’è traccia di  riferimenti all’Ucraina. C’è però una frase importante, riportata dall’agenzia cinese Xinhua, secondo la quale “Xi Jinping ha sottolineato che la Cina è disposta, insieme alla Russia, a fornire un forte sostegno reciproco su questioni che riguardano i reciproci interessi fondamentali e ad approfondire la cooperazione pratica”. Il “forte sostegno” cinese alla Russia è ancora lì, è sempre stato lì. E Mosca  ricambia il favore, parlando di Taiwan come “parte inalienabile della Cina”. Ma soprattutto, in questa ambigua finzione, consegna a Pechino un ruolo preoccupato, accigliato, da vera potenza responsabile. I due leader hanno avuto un incontro davanti alle telecamere – quello in cui Putin ha parlato di dubbi e preoccupazioni cinesi – una scenetta destinata a una audience interna e internazionale, e poi la conversazione è proseguita a porte chiuse. E’ tutto un gioco di specchi, di rimandi, di allusioni, che costringe il resto del mondo a usare non gli strumenti giornalistici e analitici per conoscere la direzione delle due potenze ma qualcosa che somiglia alle tecniche divinatorie.


 Le priorità dei due leader autoritari, in questo momento, convergono su pochi punti: per Xi Jinping, con il Congresso alle porte, l’obiettivo è rafforzare la tenuta del Partito nonostante la crisi economica che sta colpendo la Cina, le politiche Zero Covid e il pericolo di un isolamento commerciale da parte dell’occidente sempre più forte. Per Putin si tratta di mostrare di non essere stato isolato, di avere ancora canali diplomatici e influenza politica. Per citare un’espressione usata oggi dal presidente russo, quello tra Mosca e Pechino è un “tandem di politica estera”, dove però la direzione non è sempre condivisa: la Russia ha iniziato una guerra che, come conseguenza, ha rafforzato il fronte occidentale. La Cina vuole ergersi a potenza responsabile alternativa agli Stati Uniti. 

 

 

L’altro messaggio mandato dai due leader al resto del mondo, bisognava leggerlo a seimila chilometri di distanza da Samarcanda, nel Mare di Ochotsk, racchiuso tra la Siberia, le isole Curili (anche quelle contese tra Russia e Giappone) e la costa settentrionale nipponica dell’Hokkaido. Lì sono iniziate le ormai consuete esercitazioni navali congiunte tra la Marina russa e quella cinese. Nelle stesse ore il ministro della Difesa nipponico, Yasukazu Hamada, era al Pentagono a incontrare il segretario alla Difesa Lloyd Austin, e i due hanno lanciato un progetto di ricerca per uno scudo antimissile ipersonico – di cui sia la Cina sia la Russia sono dotate. 


Il motivo per cui le preoccupazioni di Xi le ha espresse Putin, dice al Foglio Francesca Ghiretti del Merics, è che così “hanno dimostrato di essere sulla stessa linea, di essere due leader che comunicano, che parlano, e Putin vuole far passare l’idea di essere in ascolto”. Se quelle stesse preoccupazioni le avesse espresse direttamente Xi, “sarebbe stato completamente diverso, e anche la comunità internazionale ci avrebbe letto una spaccatura con Mosca”, dice Ghiretti. “La relazione tra i due paesi resta molto forte. Non è casuale se la prima visita ufficiale di Xi è a un summit dove c’è anche Putin”. Rispetto al vertice del  4 febbraio, però, qualcosa è cambiato: “Putin è molto più cauto nella sua relazione con Xi. Per ora  non direi del tutto subordinato, ma di sicuro l’equilibrio tra i due è cambiato. E più la Russia sarà in difficoltà in Ucraina, più l’equilibrio cambierà”. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.