Foto instagram @kimkardashian 

American dream

Il sogno americano secondo Kim Kardashian, che s'è fatta bionda perché sì, le bionde si divertono di più

Giulio Silvano

La “donna più famosa d’America” prova di nuovo a rompere l’internet tra il revival anni Ottanta e Novanta, l’estetica da high school e da cover di un album di Bruce Springsteen, il denim e la pelle, quel misto tra Marlboro Man e Arthur Fonzarelli, la sexitude femminile di una soldato Jane in canottiera bianca

Nel 2014 sulla copertina di Paper, Kim Kardashian si presentava mostrando la schiena, compreso il fondo, uscendo da un vestito un po’ Gilded age un po’ Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”, con decuplo giro di perle al collo e guanti di seta neri. Il titolo: “Kim Kardashian breaks the internet”. Oggi, otto anni dopo, la “donna più famosa d’America” prova di nuovo a rompere l’internet incarnando il sogno americano nella massima stereotipizzazione. C’è il revival anni Ottanta e Novanta, l’estetica da high school e da cover di un album di Bruce Springsteen, il denim e la pelle, quel misto tra Marlboro Man e Arthur Fonzarelli, la sexitude femminile di una soldato Jane in canottiera bianca. E poi bionda. Più di Pamela Anderson, più di Marylin Monroe, i due limiti bombastici del Novecento americano. “Penso che le bionde si divertano di più”, dice Kim.

 

Nelle foto di Nadia Lee Cohen poi Stelle e Strisce dietro le spalle o sul perizoma, mercificazione della bandiera – dopotutto è l’“American Dream issue” della rivista Interview. Ma cos’è per Kim il sogno americano? Influencer prima degli influencer, cultura losangelina alla massima potenza, Kim Kardashian è, insieme a Paris Hilton, la prima a diventar famosa per esser famosa. Questo è il sogno americano percepito, il riuscirci senza un talento chiaro, se non il cavarsela e il mettere la propria faccia su un prodotto per aumentarne la desiderabilità. Quando la gente le chiedeva “che talenti hai” lei rispondeva: “Non pensavo me ne servisse uno”. Dice nell’intervista al caporedattore Mel Ottenberg, già stylist di Rihanna: se uno me lo chiede “posso elencargli un milione di cazzo di talenti. So cucinare bene, riesco a usare le dita dei piedi per fare qualsiasi cosa”, però “penso che il mio talento sia il marketing e il business che c’è dietro al vendere prodotti e sapere cosa vuole il cliente… non direi però che è un talento. Penso sia un po’ magia e un po’ fiuto per gli affari”.

 

Kim parla di quanto sia adorabile Pete Davidson, il suo nuovo ragazzo, e di quanto sia importante l’attenzione per il pianeta, “ma senza ansiarsi troppo”, di quanto le piaccia stare in bikini e di quanto il suo prossimo obiettivo sia finire di laurearsi in legge. Dietro il glamour e la carineria da bilancia c’è la preoccupazione per Roe vs Wade e per la possibilità che vengano eliminati i matrimoni gay. “Vedere quanto progresso c’è stato in questo paese, e poi vedere una regressione… Penso da sempre che la gente dovrebbe vivere la propria vita esattamente come desidera, ed è spaventoso vedere tutto quello che succede”. Come scrive Sarah Churchwell in “Behold America” uno dei primi esempi dell’uso del concetto di “sogno americano” è in un articolo del New York Post del 1900 che dice: se i ricchi venissero trattati diversamente, “sarebbe la fine dell’American dream”. 

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