Ansa 

la querelle

Viktor Orbán costretto a piegarsi (dai mercati). Il dilemma dell'Unione Europea

David Carretta

Il Parlamento Europeo condanna l'Ungheria (Lega-Fdi hanno votato contro). Il braccio di ferro sullo stato di diritto con l’Ue è arrivato a un momento decisivo. Il premier ungherese non può più permettersi spacconate a causa del “fattore esterno” che lo obbliga a rispettare gli standard europei: i mercati

Giovedì il Parlamento europeo ha definito l’Ungheria di Viktor Orbán “un regime ibrido di autocrazia elettorale”. Domenica la Commissione di Ursula von der Leyen proporrà di sospendere una parte dei fondi comunitari a Budapest per violazioni dello stato di diritto, ed è bloccato anche il via libera al piano di Recovery ungherese. La prossima settimana il governo Orbán presenterà al Parlamento una proposta per istituire una nuova autorità indipendente per lottare contro la corruzione. In un’intervista al Financial Times, il ministro ungherese per gli Affari europei, Tibor Navracsics, ha detto che il suo governo è “aperto a tutte le opzioni” ed è disponibile a “negoziare” altre riforme con la Commissione, come la trasparenza degli appalti. Il braccio di ferro sullo stato di diritto tra l’Ue e Orbán è arrivato a un momento decisivo. Il premier ungherese non può più permettersi spacconate, ma non per le risoluzioni di condanna del Parlamento europeo.

 

La prospettiva che l’Ungheria possa perdere diversi miliardi di euro spaventa i mercati. Il governo di Budapest ha accumulato un deficit straordinario a causa dei sussidi promessi prima della rielezione trionfale di Orbán in aprile e degli sconti alla pompa di benzina e alle bollette introdotti dopo l’aggressione russa dell’Ucraina. Il fiorino è ai livelli più bassi di sempre sull’euro. L’inflazione ha raggiunto il 18,7 per cento in agosto. La Banca centrale ungherese è stata costretta ad alzare il tasso di interesse all’11,75 per cento per tentare di frenare la svalutazione del fiorino. L’Ungheria non ha l’euro, ma il “fattore esterno” che obbliga Orbán a rispettare gli standard europei sono sempre i mercati. Von der Leyen ora deve decidere se mostrarsi intransigente sullo stato di diritto o scendere a compromessi con Orbán in nome dell’unità europea in tempi difficili.

 

La proposta che la Commissione farà domani per sospendere i fondi dell’Ue all’Ungheria è storica. E’ la prima volta che viene utilizzato il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Per il periodo 2021-27, l’Ungheria dovrebbe ricevere 22,5 miliardi dal bilancio dell’Ue. In un documento di luglio il commissario al Bilancio, Johannes Hahn, ha sollevato la possibilità di sospendere fino al 70 per cento dei fondi della coesione. Toccherà agli altri stati membri prendere la decisione entro due mesi. Nel frattempo, la Commissione è chiamata a decidere sul piano di Recovery dell’Ungheria, che vale altri 5,8 miliardi. “Abbiamo fatto progressi su alcune questioni negli ultimi mesi”, ma “rimangono aperti alcuni punti, incluse corruzione e istruzione, e i meccanismi di audit e controllo”, ha detto lunedì una portavoce dell’esecutivo dell’Ue.

 

Se la Commissione non darà il via libera al Pnrr entro metà novembre (per permettere l’approvazione da parte degli altri stati membri entro la fine dell’anno), l’Ungheria perderà il 70 per cento dei trasferimenti del Recovery fund: 4 miliardi. Inizialmente Orbán aveva tentato la tattica dell’estorsione attraverso i veti, come quello sulla direttiva sulla tassazione delle multinazionali a maggio e sull’embargo totale per il petrolio russo a giugno. Ma la situazione economica lo ha costretto a cambiare tattica. Il suo ministro della Giustizia, Judit Varga, è stata mandata in missione a Bruxelles la scorsa settimana per quella che una fonte ha definito “un’operazione di charme”. L’intervista di Navracsics al Financial Times è un altro segnale di appeasement.

 

La creazione di un’autorità anticorruzione è considerata dalla Commissione come “un passo nella giusta direzione”. Von der Leyen potrebbe essere tentata da un “gran bargain” come quello che ha fatto la Polonia: dare il via libera al Pnrr ungherese, ma tenendo congelati gli esborsi fino a quando le riforme non saranno messe in pratica. Lo stesso può essere fatto con il meccanismo di condizionalità: i documenti che la Commissione approverà domani dovrebbero riconoscere che ci sono stati progressi con l’Ungheria, lasciando aperta la possibilità di fare una marcia indietro sul congelamento dei fondi di coesione. Un compromesso ai danni dello stato di diritto è ciò che teme il Parlamento europeo. “Qualsiasi proposta di riforma proveniente dall’Ungheria in questi giorni si limita a scalfire la superficie del regime di Orbán”, ha detto il deputato verde tedesco Daniel Freund: “Come si può credere che in poche settimane si possano riparare i danni alla democrazia ungherese fatti in 12 anni?”.

Di più su questi argomenti: