Putin insiste sulla minaccia nucleare per un calcolo politico
“E’ un mix di minacce implicite ed esplicite, che serve a scoraggiare l’avversario”. Parla Rafael Loss dello European Council on Foreign Relations. La deterrenza che funziona
L’idea di una guerra nucleare, un tempo inimmaginabile, adesso è diventata oggetto di dibattito e questo “è inaccettabile”, ha detto ieri António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Alla minaccia di Putin si è aggiunta, l’altro ieri, quella del poliziotto cattivo del Cremlino, l’ex presidente Dmitri Medvedev, che ha detto: “La Russia ha annunciato non solo la mobilitazione, ma pure che qualsiasi arma russa, comprese le armi nucleari strategiche e le armi basate su nuovi princìpi, potrebbe essere utilizzata per tale protezione”. E’ la nuova dimensione nucleare, dove citare una guerra atomica in Europa sembra essere diventata la normalità. Per la Russia, soprattutto un’arma politica: “E’ importante capire, specialmente in relazione alle dichiarazioni di Medvedev, che l’esplicita minaccia nucleare serve soprattutto a spaventare le persone”, dice al Foglio Rafael Loss dello European Council on Foreign Relations, esperto di politiche nucleari. Per esempio, quando l’ex presidente russo parla di armi nucleari strategiche sa che sappiamo bene di cosa parla, spiega Loss, ma l’espressione “armi basate su nuovi princìpi” lascia volutamente libera l’interpretazione, “potrebbe trattarsi di siluri nucleari oppure armi ipersoniche”, come quelle che la propaganda russa, negli ultimi anni, ha mostrato dopo test ed esperimenti. “E’ un mix di minacce implicite ed esplicite, che serve a scoraggiare l’avversario”, dice l’esperto. L’approccio del Cremlino però è cambiato negli ultimi mesi: “La maggior parte dei paesi usa il nucleare in senso difensivo, perché è una grande arma deterrente, un equilibrio del terrore tipico del periodo della Guerra fredda, quando sia l’Urss sia l’America mostravano gli armamenti nucleari. Adesso però la situazione è diversa, perché la Russia minaccia una guerra nucleare per evitare che l’occidente intervenga direttamente nella guerra in Ucraina”.
Secondo Loss, in un certo senso, la deterrenza nucleare ha funzionato da entrambe le parti di questa guerra: da una parte “la coalizione occidentale ha evitato delle azioni di escalation”, per esempio una no fly zone sull’Ucraina, perché l’ipotesi di una guerra nucleare è stata un freno.
Dall’altra parte, l’utilizzo di armi atomiche da parte della Russia è “estremamente poco probabile” e che la deterrenza occidentale abbia funzionato “l’abbiamo capito dal fatto che armi chimiche o batteriologiche”, che la Difesa russa possiede, “finora non sono state usate”. Il calcolo è sui costi, dice Loss: non succede dal 1944 che qualcuno usi il nucleare sul campo di battaglia, e Putin sa perfettamente che trasformare la sua guerra d’invasione in una guerra nucleare lo farebbe diventare uno stato pariah, isolato diplomaticamente e in crisi anche militarmente. Eppure la minaccia nucleare resta uno strumento di politica estera molto forte e frequentemente usato dalla Russia, per esempio quando ha condotto esercitazioni nucleari nell’area della Crimea nel 2014, dopo l’annessione, oppure quando ha minacciato la Danimarca che voleva entrare nel sistema missilistico difensivo della Nato: “Per la Russia è lo standard”.
Ma viviamo nell’èra dell’incertezza, e quindi non si può e non si deve escludere a priori che si passi dalla retorica ai fatti. “I leader Nato hanno detto che, nella remota eventualità, abbiamo tutti gli strumenti per rispondere”, dice Loss, “sono a disposizione armi nucleari e anche convenzionali, ma la situazione è estremamente complessa, nessuno può dire quale potrebbe essere la reazione, ci sono parecchie incognite”. Una di queste, riguarda il calcolo del rischio di Putin, che potrebbe scegliere non di inviare un missile nucleare di precisione, ma piuttosto di fare un passo in avanti nelle sue minacce per dargli concretezza, per esempio eseguendo “un test nucleare o una detonazione nel Mar nero”. Tutti messaggi all’occidente di un dittatore messo all’angolo.
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