Il governo Scholz, diviso su tutto, va nel caos sull'energia. E i prezzi aumentano
I Grünen del vicecancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck e i Liberali del titolare delle Finanze Christian Lindner faticano a trovare un accordo. Il braccio di ferro verdi-gialli
Berlino. Il giuramento di Olaf Scholz da cancelliere risale appena allo scorso 8 dicembre: il governo tedesco è ancora quasi “nuovo” ma l’immagine trasmessa nelle ultime settimane è quella di un gabinetto spossato e anche un po’ disorientato. Certo, fra gli strascichi del Coronavirus, una guerra non lontana, un’ondata di profughi e poi una crisi energetica senza fine, la maggioranza semaforo di Scholz e dei suoi alleati gialli (i Liberali) e verdi (i Grünen) è sotto stress da mesi. Ma la stanchezza non sta tanto nelle crisi quanto nel palpabile disaccordo tra gli alleati su come gestirle. Prima la maggioranza ha litigato sul supporto militare a Kyiv ma, a dispetto delle intemperanze di verdi e gialli, Scholz ha imposto la sua linea dell’avanti adagio. Oggi la stampa e l’opposizione continuano a pungolare Berlino sulla velocità degli aiuti, ma la piaga che non fa dormire il governo è quella dell’energia.
Su come sopperire alla carenza di gas e affrontare il caro-prezzi, i Grünen del vicecancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck e i Liberali del titolare delle Finanze Christian Lindner faticano a trovare un accordo. E Scholz, tornato da una missione nel Golfo Persico con il Coronavirus, non riesce a mediare fra i suoi ministri. L’ultimo annuncio risale a martedì sera quando, nell’ennesimo cambio di rotta, Habeck ha annunciato che delle tre centrali nucleari ancora attive in Germania (e che dovrebbero essere chiuse per legge entro l’anno), due resteranno aperte fino a primavera. Non è più lo standby promesso poche settimane fa (una soluzione che peraltro neppure i gestori di rete ritenevano praticabile) né lo stop ai tre impianti opposto mesi prima ai promotori del nucleare. I Verdi sono obbligati a cedere sull’energia atomica per salvare l’industria bavarese che dipende dal gas per produrre elettricità, non vogliono però darla vinta ai Liberali, fautori di un ritorno in grande stile all’energia atomica. “Escludo di prolungare il tempo di funzionamento oltre il prossimo inverno, così come l’acquisto di nuovo carburante”, ha messo in chiaro mercoledì la ministra verde dell’Ambiente Steffi Lembke. Il mantenimento in funzione degli impianti di Isar 2 e Neckarwestheim non mette però la parola fine alle polemiche. Il vicepresidente della Cdu, Michael Kretschmer, è molto schietto e ha criticato l’annuncio sulle centrali osservando che il ministro dell’Economia non è davvero alla ricerca di soluzioni pratiche ma decide sull’energia in base ai principi dettati dal suo partito. Osservazione tanto pungente quanto vera: stretto fra obiettivi ecologici e il dovere di tenere accesa la macchina produttiva anche a costo di bruciare carbone, uranio e plutonio, il vicecancelliere sbanda, con il malcelato compiacimento dei Liberali.
Il prossimo obiettivo delle bordate dei Liberali è la Gasumlage, la sovratariffa del gas che Habeck vorrebbe imporre in bolletta dal 1 ottobre per raccogliere liquidità da distribuire alle compagnie energetiche strozzate dall’aumento del prezzo del gas su scala globale. I tecnici dell’Economia ci hanno messo un po’ a capire che se metà delle utilities (che importa gas) rischia la bancarotta, l’altra metà fa affari d’oro vendendo l’elettricità a prezzi molto più alti che in passato. L’annuncio che Uniper, il principale gestore del gas in Germania, sarà nazionalizzata rischia di rendere la Gasumlage addirittura incostituzionale: perché far pagare ai soli tedeschi allacciati al gas un bene che apparterrà presto a tutti i contribuenti? Peggio ancora, il braccio di ferro verdi-gialli è destinato a riprendere anche sul nucleare. I gravi danni subiti dalle pipeline Nord Stream hanno messo la pietra tombale su un futuribile ritorno del gas dalla Russia: ragion per cui i Liberali punteranno adesso a ottenere dal governo il mantenimento in attività anche della centrale atomica di Emsland (in Bassa Sassonia), destinata in queste ore da Habeck al pensionamento. Lo scontro è rimandato al 10 ottobre, all’indomani delle elezioni in Bassa Sassonia. Nuove fatiche si annunciano e nuova stanchezza si profila all’orizzonte. Parlando la settimana scorsa alla Confindustria tedesca (Bdi) lo stesso Habeck ha raccontato che fra transizione energetica e guerra in Ucraina negli ultimi nove mesi il suo ministero ha preparato 20 leggi e 28 ordinanze. Un superlavoro che ha stressato i dipendenti: c’è oggi chi soffre di acufeni e chi accusato una sindrome da burnout. E la battaglia e ancora lunga.