abdicazione russa
Perché partecipare alla guerra di Putin è un crimine morale
L’attacco in Ucraina ha stracciato il patto sociale di Mosca con il popolo e il patriottismo. Astenersi dal suicidio nazionale collettivo
Traduciamo un saggio scritto per il media Meduza dal filosofo russo Arseniy Kumankov, professore alla Scuola di scienze sociali ed economiche di Mosca, autore del libro “La guerra nel Ventunesimo secolo”.
Partecipare alla guerra contro l’Ucraina è un crimine morale. Per questo motivo, abbiamo l’obbligo di fare tutto il possibile per evitare di diventare complici di questa guerra aggressiva e ingiusta. Ci sono diverse ragioni per considerare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la sua successiva mobilitazione in questo modo. Il primo motivo è che il governo russo ha violato il contratto sociale con il suo popolo. Il secondo motivo è che i russi vengono mandati in guerra da un potere illegittimo che fa leva su un falso senso di patriottismo. La terza ragione è che la guerra stessa è un atto criminale di aggressione contro i cittadini ucraini. L’ultima ragione è quella principale. Ma inizierò con i punti che si applicano direttamente ai russi.
La violazione del contratto sociale russo
In questo momento, lo stato russo professa di difendere la società russa da minacce esterne in cambio dell’obbligo per i suoi cittadini di partecipare a combattimenti sul territorio di un paese straniero. E’ esattamente così che Putin ha spiegato le sue decisioni di iniziare la guerra e, successivamente, di iniziare la “mobilitazione parziale”: ha detto che queste misure erano necessarie per proteggere la Russia, la sua integrità territoriale, la sua sovranità e la sicurezza del suo popolo. I funzionari governativi e i propagandisti hanno iniziato a ripetere il mantra secondo cui il popolo ha un debito nei confronti della madrepatria: ti ha cresciuto, ti ha vestito, ti ha istruito, ti ha curato, e ora è giunto il momento di servirla. E se non volete servire, allora riceverete dieci anni di prigione per esservi sottratti al dovere militare. Il governo di Putin sta riscuotendo i debiti della gente nei confronti della madrepatria come uno strozzino.
Il corso degli eventi ha chiarito che la decisione di iniziare la guerra è stata presa sulla base di dati falsi o distorti sulle condizioni e sulle capacità dell’esercito russo e di quello ucraino, sugli atteggiamenti all’interno della società ucraina e sulla volontà dell’occidente di prendere decisioni unitarie in risposta all’invasione. Le truppe russe non erano pronte per una guerra convenzionale su larga scala e non erano adeguatamente equipaggiate. I loro vertici militari non avevano una strategia coerente e a lungo termine che tenesse conto dei vari scenari di conflitto possibili. Se consideriamo la media delle varie stime sulle vittime, possiamo affermare con notevole sicurezza che questa guerra rischia di diventare per la Russia la più letale dalla Seconda guerra mondiale.
Lo stato è venuto meno ai suoi obblighi nei confronti dei soldati anche in tempo di pace. L’esercito è stato spesso usato in Russia come forma di punizione – basti ricordare la storia dell’oppositore Ruslan Shaveddinov o del giocatore di hockey Ivan Fedotov. Il servizio militare è sempre stato legato a privazioni e discriminazioni: nonnismo, lavori forzati, percosse, estorsioni e fame. E’ ormai evidente a tutti: lo stato russo non può e non sarà in grado di provvedere ai nuovi coscritti. Non li addestrerà e non si impegnerà nella coesione delle unità per i distaccamenti appena creati. Ciò richiederebbe mesi di formazione, risorse e specialisti con esperienza militare. Una parte significativa di questi specialisti è già al fronte e nessuno li richiamerà per preparare dei rinforzi mobilitati. Ciò significa che, così facendo, lo stato mette a rischio la vita di decine di migliaia di suoi cittadini.
Il tacito rifiuto dello stato di adempiere ai propri doveri nei confronti dei soldati fa parte del più ampio rifiuto di proteggere i diritti dei propri cittadini. Il passo più recente in questa direzione è stato formalizzato dagli emendamenti costituzionali del 2020. Questi emendamenti hanno dato a Putin la possibilità di rimanere in carica fino al 2036, praticamente distruggendo la separazione dei poteri nel governo russo. Gli emendamenti hanno anche integrato la Costituzione con una serie di obblighi che lo stato deve ai suoi cittadini. Il risultato è stato un contratto: i benefici sociali e i restanti diritti concessi ai cittadini dalla legge sono stati scambiati con la rimozione delle restrizioni al mandato del leader in carica. Questo è stato preceduto da altri cambiamenti simili – contratti impliciti che sono costati alla società sempre di più. Ogni volta, lo stato ha revocato il vecchio contratto e ne ha offerto uno nuovo, senza incontrare alcuna resistenza. Nel 2007-2008, la prosperità e le opportunità per le imprese private sono state scambiate con un maggiore controllo statale. Nel 2011-2012, lo stato ha garantito stabilità e relativa libertà nella vita personale delle persone in cambio della loro esclusione dalla politica. La responsabilità civica e il coinvolgimento politico sono stati sacrificati in cambio di frigoriferi pieni.
Oggi lo stato offre ai russi un altro nuovo contratto. Questa volta si offre di proteggere il “percorso speciale” della Russia in cambio della partecipazione dei cittadini alla guerra. Niente libertà civili, niente frigoriferi pieni. Forse questa volta la società sta finalmente capendo che non deve nulla a un’istituzione che non mantiene la propria parte dell’accordo. Una componente fondamentale dell’idea di contratto sociale è quella della reciprocità. Lo stato deve salvaguardare la sicurezza e la prosperità dei suoi cittadini, mentre i cittadini devono sacrificare alcune delle loro libertà, rispettare la legge, pagare le tasse e partecipare alla difesa del paese. Gli obblighi reciproci sono ciò che conferisce legittimità al contratto. Se lo stato perde la sua capacità di garantire sicurezza e prosperità, significa che non riesce a svolgere la funzione per la quale i cittadini hanno accettato di obbedirgli. Quando ciò accade, il contratto sociale perde il suo potere. E’ esattamente quello che sta succedendo in questo caso.
Un’abdicazione morale
La mobilitazione della Russia viene presentata come un obbligo patriottico. Il patriottismo è una categoria morale che non implica un contratto tra lo stato e i suoi cittadini, ma l’amore per la propria patria. Il giorno dell’annuncio della mobilitazione, è esattamente questo il sentimento di cui ha parlato il presidente del Comitato per la sicurezza della Duma di stato Vasily Piskarev: “Tutti hanno il desiderio di proteggere il proprio paese, e questo è il dovere di ogni cittadino, soprattutto degli uomini. Storicamente, è lo scopo dell’uomo. Se non difende la sua famiglia e la sua patria, allora non è un uomo; non so nemmeno cosa sia. Non è nessuno, dal mio punto di vista”. Il Patriarca Kirill ha parlato dell’amore sacrale e del sacrificio nelle sue parole di commiato non proprio ottimistiche rivolte ai soldati: “Andate con coraggio a compiere il vostro dovere. E ricordate che se darete la vita per la vostra patria, per i vostri amici, allora sarete insieme a Dio nel suo regno, nella gloria e nella vita eterna”.
La società russa ha dato allo stato il diritto di prendere decisioni non solo in ambito civile, ma anche in ambito morale. In risposta, lo stato stesso ha deciso cosa significhi essere patriota, definendolo in termini di odio e negazione: la negazione dell’Ucraina come stato indipendente, degli ucraini come popolo con una propria cultura e lingua, degli Stati Uniti, dell’Europa, dell’occidente, degli inglesi, e della vita stessa. Il patriottismo deve sempre basarsi solo sulla necessità di difendersi e di attaccare gli altri? Sulla guerra, sulla difesa delle frontiere e sull’espansione dei propri confini? Questa riduzione del patriottismo alla lotta e alla morte diluisce completamente la sua dimensione creativa: l’amore per la patria che si esprime nel lavoro onesto e nella partecipazione civica. In altre parole, tutto ciò che era possibile fare in sicurezza in Russia prima dell’inizio del conflitto armato in Ucraina nel 2014 e dell’invasione del 24 febbraio 2022.
La mobilitazione annunciata da Putin ha privato del loro peso morale i valori tradizionali del dovere, del patriottismo e del servizio alla patria. La guerra in Ucraina non è solo una violazione delle libertà civili dei cittadini russi; è anche un crimine morale contro i cittadini russi. In circostanze come queste, è imperativo rifiutarsi di partecipare al suicidio nazionale collettivo. E’ imperativo non partecipare alla guerra solo perché è condotta dalla propria madrepatria.
Un crimine contro i cittadini ucraini
Ogni soldato russo che partecipa alla guerra rivendica il diritto di controllare la vita, la salute, la sicurezza e la proprietà dei cittadini ucraini. Da dove può derivare questo diritto? Forse, non avendo informazioni sufficienti e fuorviati dalla propaganda russa, all’inizio della guerra i soldati russi pensavano di avere questo diritto o di lavorare nell’interesse dei cittadini ucraini. Forse avevano visto come loro compito quello di liberare gli ucraini da un regime immorale che gli stessi ucraini odiavano. Forse credevano di combattere una guerra difensiva contro i paesi della Nato. Ma dall’inizio dell’invasione, ci sono state molte prove che gli ucraini non considerano i soldati russi come se agissero nel loro interesse e non considerano l’invasione della Russia un atto di assistenza o di liberazione. Nel frattempo, nonostante le numerose e dolorose sconfitte dell’esercito russo, le pesanti perdite e il conseguente indebolimento, la Nato non ha alcuna fretta di attaccare la Russia. E tutti questi elementi testimoniano la falsità delle premesse della guerra e l’importanza di scartarle.
Si potrebbe obiettare che le decisioni sulla guerra sono prese dai politici e che non è compito dei soldati giudicare il carattere di una guerra o se la guerra che stanno combattendo sia giustificata o meno. Ma i soldati possono essere ritenuti responsabili per aver eseguito ordini illegali. Secondo il diritto internazionale, sono considerati illegali gli ordini che violano le leggi e le consuetudini di guerra; gli ordini di uccidere, torturare e ridurre in schiavitù le persone; gli ordini di commettere crimini contro l’umanità e atti di genocidio (compreso lo sterminio di tutto o parte di qualsiasi gruppo di persone per motivi nazionali, razziali, religiosi o etnici). I soldati hanno la responsabilità morale di giungere alle proprie conclusioni sulla giustificazione della guerra che stanno combattendo.
Naturalmente, lo stato è responsabile della creazione di condizioni sociali in cui determinare se una guerra è giustificata diventa impossibile o indesiderabile. Servire come soldato a contratto è spesso l’unico modo che una persona ha per uscire dalla povertà e dalla disoccupazione. Poiché la libertà di stampa è stata repressa, molte persone sono impotenti di fronte alla propaganda. Tutto questo potrebbe spiegare la decisione dei russi di partecipare a una guerra ingiusta. Ma le condizioni create dallo stato non assolvono i soldati dalle loro responsabilità. L’unico modo per non commettere crimini in queste condizioni è astenersi dal partecipare alla guerra dalla parte della Russia.
La storia del Ventesimo secolo è piena di esempi di quanto possa essere disastroso quando una società non prende pienamente in considerazione gli atti a cui il suo partito, il suo stato o il suo leader la chiamano a partecipare. I sonniferi morali, come li ha definiti il sociologo britannico Zygmunt Bauman, portano alla violenza diffusa. La responsabilità morale che il popolo russo – compresi i soldati e i civili – ha nei confronti del popolo ucraino è definita dal principio di non intervento. Non possiamo agire in modo aggressivo verso persone che non hanno provocato un’aggressione. Partecipare alla guerra della Russia contro l’Ucraina è un crimine morale. Dobbiamo quindi fare tutto il possibile per non diventare complici.
Arseny Kumankov
(Copyright Meduza)