la trattativa in europa
Bruxelles accoglie il piano Cingolani sul gas. Ma la strada è ancora lunga
Sul price cap il ministro per la Transizione ecologica ottiene il riconoscimento da Ursula Von der Leyen: in una lettera la presidente della Commissione chiede al Consiglio di approvare alcune misure. Ecco quali
Ha scelto di prenderli per sfinimento. Convincendoli, quando possibile. Sfiancandoli, se necessario. “Li ho assillati a tal punto che alla fine mi diranno di sì, tutti”, spiegava, due sere fa, ai suoi collaboratori, spossati anche loro all’idea che i due giorni di videoconferenze coi colleghi europei non fossero stati abbastanza. E allora altro giro, altra corsa.
Al mattino con Belgio e Grecia. Poi, dopo pranzo, Francia, Spagna e Germania. Poi l’attesa, la speranza. E così, a metà pomeriggio, quando Ursula von der Leyen diramava la sua lettera ufficiale, Roberto Cingolani ha potuto rivendicare le sue ragioni: “Visto che aveva un senso, insistere sul price cap? Visto che smantellare il Ttf, il mercato del gas europeo, non era un’illusione?”. Che si sia davvero arrivati lì, al superamento della Borsa del gas con sede in Olanda e all’introduzione di un tetto al prezzo del gas, è in effetti presto per dirlo. Però il passaggio, nel documento spedito da Von der Leyen ai capi di stato e di governo alla vigilia del Consiglio europeo di Praga, è eloquente. E, ancora a pochi minuti dalla pubblicazione del file, non era affatto scontato. Eccola, la frase che accende l’entusiasmo di Cingolani. “Il principale benchmark dei prezzi per la compravendita di tutto il gas in Unione europea, il Ttf, non è più rappresentativo del gas importato. La Commissione ha avviato un lavoro per definire un indice dei prezzi complementare a livello Ue che rifletta meglio la realtà energetica europea di oggi e assicuri un mercato più efficace nel condurre a prezzi più bassi”. E poi: “Nell’attesa dell’introduzione di questo benchmark complementare, dovremmo considerare una limitazione al prezzo in relazione al Ttf, in maniera da continuare ad assicurare l’approvvigionamento di gas all’Europa e a tutti gli stati membri e in maniera da dimostrare che l’Ue non è disposta a pagare qualsiasi prezzo per il gas”.
Ecco, per quello che valgono le dichiarazioni d’intenti, questi stralci della lettera della presidente della Commissione sono qualcosa di assai vicino all’accoglimento sostanziale delle richieste italiane. E certo il risultato non era facile da pronosticare quando, venerdì, Cingolani si è assunto la responsabilità di coordinare il lavoro dei ministri dell’Energia, elaborando una simulazione delle linee guida per illustrare i benefici della riforma del mercato del gas. Tre pagine di documenti, una decina di slide, e un lavoro diplomatico fondato sull’arte della persuasione, mentre tutt’intorno le trattative politiche sembravano precipitare. Perché mentre Cingolani e i suoi funzionari spiegavano ai colleghi belgi e tedeschi i dettagli del piano, s’incaponivano su percentuali e cavilli incomprensibili a chiunque non sia un addetto ai lavori, dall’Ecofin di Lussemburgo arrivavano le dichiarazioni vagamente desolanti dei ministri delle Finanze olandese e tedesco. Del resto, lo stesso Robert Habeck, il vicecancelliere tedesco, un verde dai toni affabili, confidava alla delegazione italiana che sì, lui poteva pure dirsi convinto della bontà della proposta del Mite, ma solo a fatica avrebbe potuto garantire sulla posizione di un governo, quello di Berlino, attraversato da profonde tensioni sul tema.
E dunque le rassicurazioni, inserite in corso d’opera nel documento italiano, sono servite anche a prevenire le obiezioni che mano mano, più o meno strumentalmente, s’andavano accumulando. Come, ad esempio, il ribadire che sì, la forchetta immaginata per definire i prezzi massimi e minimi del gas, così da limitare l’effetto della speculazione, era dinamica e temporanea: nel senso che gli indici di riferimento per le contrattazioni verranno aggiornati almeno settimanalmente, e che il tetto massimo resterà in vigore solo fintantoché il mercato non si sia assestato su prezzi stabilmente più bassi, come quelli che erano in vigore prima dell’inizio della crisi energetica. A un certo punto pure sulla forma, s’è rischiato di fare impantanare la trattativa. Perché tra i ministri coinvolti nella consultazione c’è stato chi ha suggerito di inserire, come allegati al paper italiano, degli addenda in cui i vari paesi potessero inserire le proprie osservazioni. Ma sarebbe stato un appesantimento, non solo grafico, che rischiava di indebolire la tenuta dello studio. E alla fine si è riusciti ad avitarlo.
Certo, poi il compromesso ha imposto le sue logiche. E dunque il fronte degli scettici, guidato dalla Germania, ha ottenuto che, nella lettera della Commissione, venisse messo nero su bianco l’impegno a varare piani “più esigenti” di razionamento dei consumi e “patti di solidarietà vincolanti tra gli stati membri”. E’ il modo con cui Berlino si tutela dal pericolo di penuria di rifornimenti, ed è ragionevole. Se ne discuterà già venerdì, nel Consiglio europeo di Praga. Ma per una decisione effettiva, ancora eventuale, bisognerà poi attendere il vertice formale dei capi di stato e di governo del 20 ottobre. Lì, per l’Italia, andrà Mario Draghi. E per Cingolani questo rappresenta un sollievo, certo. Nella speranza che chi verrà dopo non mandi a ramengo tutto il lavoro svolto. Se martedì il ministro ha accettato di illustrare il piano europeo a Giorgia Meloni, è anche per scongiurare questo scenario.