Foto di Nasser Nasser, via LaPresse 

il caso

Il gay palestinese decapitato e il silenzio del solito giro antisraeliano

Giulio Meotti

Marakhia è stato rapito la scorsa settimana: il suo corpo senza testa è stato fatto girare per le strade di Hebron. Era fuggito dalla Cisgiordania, aveva trovato asilo in Israele, ma non è bastato

A Chicago, la National Lgbtq Task Force, la più grande organizzazione gay d’America, ha annullato un ricevimento con i leader della comunità gay israeliana. Gli organizzatori del Gay Pride di Madrid, uno dei più importanti del mondo, avevano già deciso di non invitare le associazioni Lgbt di Tel Aviv alla loro sfilata dell’orgoglio. E al pride di Berlino, i gay israeliani sono stati costretti a presentarsi come “delegazione di Tel Aviv” anziché “di Israele”. E non importa se Israele ha salvato, concedendo loro diritto di asilo, migliaia di gay palestinesi, che altrimenti sarebbero andati incontro a morte sicura per mano dei predoni islamisti; non importa se al momento sono novanta i gay palestinesi protetti in Israele perché nei territori controllati dall’Autorità palestinese rischiano la vita (la Palestina è stata indicata da Forbes come uno dei peggiori paesi al mondo per i visitatori Lgbt, visto che  sotto l’Autorità palestinese essere gay è un reato punibile con una pena fino a dieci anni di carcere e a Gaza con la morte).

 

Ma, come ha osservato sullo Spectator l’intellettuale gay che pensa fuori dal coro Douglas Murray, “la battaglia per i diritti dei gay si ferma ai confini dell’islam”. E in Israele quel confine è fatto di reticolati, pezzi di muro, checkpopint, permessi.  
Un gay palestinese è stato rapito e decapitato la scorsa settimana e il suo corpo fatto girare per le strade di Hebron. Il raccapricciante filmato del corpo di Ahmad Hacham Hamdi Abu Marakhia trasportato attraverso la più grande città della Cisgiordania e l’unica dove all’interno c’è ancora una presenza israeliana, è diventato virale sui social dopo la sua morte. Marakhia era fuggito dalla Cisgiordania, aveva trovato asilo in Israele e poi il rapimento la scorsa settimana. 

 

Vana l’attesa della condanna da parte della “squadra” di senatrici americane (Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib ndr) che lotta contro l’“apartheid israeliana”; di una condanna formale del Consiglio dei diritti umani di Ginevra, che dedica praticamente una sessione ogni due ai “crimini” di Israele; di un rapporto di Amnesty International, di una marcia dei gruppi Lgbt o dei servizi giornalistici del solito giro. I sedicenti amici dei palestinesi che attaccano l’occupazione e il sionismo questa volta non possono incolpare Israele.

 

Il motivo è lo stesso spiegato questa settimana sullo Spectator da un intellettuale e saggista gay, Bruce Bawer: “Il mese scorso ho parlato con Bev Jackson, la fondatrice della Lgb Alliance, un gruppo di attivisti gay che si oppone all’agenda transgender. Bev mi ha parlato del suo passato – cinquant’anni nell’attivismo gay britannico, residente ad Amsterdam da quarant’anni – e mi ha chiesto del mio. Ho citato il mio libro ‘While Europe Slept’ sull’islamizzazione dell’Europa. Ho sentito nella sua voce una certa inquietudine. Tuttavia, mi ha chiesto di partecipare alla prossima convention della Lgb Alliance. Ho accettato, ma quando ho riattaccato ho detto al mio compagno: ‘Sono stato invitato a una convention a Londra, ma temo che mi disinviteranno’. Alcuni giorni dopo, Bev mi ha inviato un’email, dicendo che il suo consiglio aveva deciso che avevo l’età, il sesso e la razza sbagliati per soddisfare i requisiti di diversità e che la mia posizione anti islam era problematica”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.