Foto di Michael Sohn, LaPresse 

Spd e Fdp: uno scontro

Scholz è in bilico tra l'interesse europeo e quello tedesco. E c'è un ostacolo: Lindner

Daniel Mosseri

Il futuro economico ed energetico della Germania si divide tra le volontà dell'attuale cancelliere, che pare aver aperto al debito comune europeo, e il consenso del ministro delle Finanze dei liberali, che si oppone regolarmente ai piani del governo

Berlino. “Una svolta, un’opportunità storica per plasmare insieme il futuro dell’Europa, un game changer”: era l’aprile del 2021 e l’allora ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz, che già puntava a succedere alla cancelliera Angela Merkel, lodava ancora una volta la decisione comunitaria di finanziare un fondo da 750 miliardi di euro per aiutare l’Europa a uscire dalla crisi da Covid-19. Con il Next generation Eu la Commissione ricevette il mandato di emettere fino a 750 miliardi di euro di debito sui mercati internazionali con il “sì” bipartisan tedesco di Merkel e Scholz. Una postilla linguistica: se nell’immaginifica lingua di Dante, il Next generation Eu è un “fondo”, in quella precisissima di Goethe è fatto di obbligazioni europee, e più precisamente di Wiederaufbau bonds, ossia bond per la ricostruzione. 

 

Non ha quindi troppa importanza capire se giorni fa al vertice europeo di Praga Scholz abbia davvero aperto all’ipotesi di eurobond contro la crisi energetica: se è vero, si tratta di una non-notizia perché la Germania ha già detto di sì alle obbligazioni in tempi recenti. Se non è vero, oppure se si è trattato di un ballon d’essai, la strada è comunque percorribile visto il precedente del Next generation Eu.
Conta invece capire se a Berlino Scholz abbia margini di manovra politica per muoversi in questa direzione. Perché pur lasciando sul terreno 3,5 punti, domenica scorsa la Spd del cancelliere ha vinto le elezioni in Bassa Sassonia confermandosi ampiamente primo partito nel Land. La conseguenza paradossale del voto di Hannover è che oggi la già litigiosa maggioranza semaforo che sostiene il cancelliere è ancora più divisa fra Verdi e Socialdemocratici da un lato e Liberali (Fdp) dall’altro. La Fdp del ministro delle Finanze Christian Lindner ha perso 2,8 punti inabissandosi al 4,7 per cento e restando fuori dall’assemblea regionale. Dei tre partiti al governo federale sono andati bene solo i Verdi, guadagnando 5,8 punti e passando così al 14,5 per cento dei consensi. 

 

Il malconcio Lindner ha subito rovinato la festa a Grünen e Spd. “La maggioranza semaforo nel suo complesso ha perso legittimità”, ha commentato con la stampa. Calcolatrice alla mano, il ministro delle Finanze ha osservato che le perdite di Spd e Fdp (6,3 punti in tutto) non sono compensate dai guadagni dei Verdi. Ne risulta che “non è l’Fdp ad avere un problema, ma la maggioranza nel suo complesso deve ottenere maggiore sostegno alle sue politiche”. Lindner ha subito messo in pratica il ragionamento matematico opponendo il suo ennesimo nein al piano del governo per prolungare fino a primavera la vita di due delle tre centrali atomiche ancora in funzione in Germania. Troppe poche centrali ancora accese per troppo poco tempo: “È questione di fisica”, ha spiegato, cambiando materia.

 

Date le premesse, l’ok di Scholz a un nuovo strumento europeo anticrisi sarebbe accolto dall’Fdp come una dichiarazione di guerra. Da mesi Lindner ripete il mantra schäubliano del pareggio di bilancio, di come la Germania non debba fare più debito, di come bisogna interrompere la  liraliesirung, la “liralizzazione” dell’euro. Il governo tedesco ha dunque un problema: un partito di maggioranza guidato da un politico entrato in coalizione per investire nel digitale e nelle energie pulite ma che oggi non vuole aprire il borsellino. Una scelta legittima che in tempi di inflazione a doppia cifra rischia tuttavia di alienare il consenso residuo degli elettori dell’ Fdp. Tanto più che l’inflazione al 10 per cento non solo non ha precedenti in Germania ma richiama spettri mai esorcizzati di grave instabilità socio-economica. In questo frangente Scholz è chiamato a un’opera di mediazione molto ardua fra l’antinuclearismo dei Verdi, che i Liberali saggiamente respingono in tempi di crisi energetica, e il rigorismo nei conti dei Liberali, che in tempi di crisi economica socialdemocratici e Verdi vedono come la zappa sui piedi.

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