Il presidente dell'Azerbaigian Ilham Aliyev, il presidentr del Consiglio europeo Charles Michel e il premier armeno Nikol Pashinyan (Ansa) 

sfida impossibile

L'Ue sfila alla Russia il ruolo di mediatore tra Armenia e Azerbaigian. Ma non è così facile

Pietro Guastamacchia

Sulla spinta di Michel e Macron, è arrivato il via libera del comitato politico europeo per la missione di monitoraggio che avrà il compito di tracciare la mappa del confine tra le due repubbliche caucasiche, per mettere così fine alle controversie territoriali. La reazione del Cremlino: "L'Europa lavora contro gli sforzi di mediazione russa"

Strasburgo. Sfilare dalle mani di Mosca il primato di potenza regionale nel Caucaso e costruire una pace duratura tra Armenia e Azerbaigian: la sfida è di quelle impossibili ma a Bruxelles hanno deciso di crederci, soprattutto il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e il presidente francese Emmanuel Macron. E’ arrivato il via libera del comitato politico e di sicurezza dell’Ue per la missione civile di monitoraggio europea che, con un mandato iniziale di due mesi e un permesso operativo sul solo suolo armeno, avrà il compito di tracciare la mappa del confine che separa le due repubbliche caucasiche per mettere così fine alle controversie territoriali e aiutare “Armenia e Azerbaigian a costruire un Caucaso meridionale prospero e a trovare una pace che sia percepita come giusta da chi vive nella regione”, ha spiegato Toivo Klaar, il rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, parlando agli eurodeputati riguardo la missione in preparazione a  Bruxelles.

Condizione necessaria per mediare un conflitto, però, è la volontà degli attori in campo di accettare una mediazione, e infatti l’accordo strappato da Macron e Michel è arrivato solo dopo una lunga serie di incontri bilaterali tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev.

 

La cosa non è passata inosservata a Mosca, che ha definito la mediazione “un ulteriore tentativo dell’Ue di intervenire nelle relazioni tra Azerbaigian e Armenia, e di lavorare contro gli sforzi di mediazione russa”. Ma la crisi del ruolo russo andava avanti da tempo e dopo l’escalation in Nagorno-Karabakh del 2020 è apparso chiaro che la pax moscovita non era più una soluzione per la regione. E’ però la crisi scoppiata un mese fa che ha creato la finestra di opportunità per la mediazione europea. Il 12 settembre scorso la situazione è precipitata, le truppe di Baku hanno minacciato non più i territori contesi del Nagorno-Karabakh come in passato, ma hanno aperto il fuoco su postazioni interne ai confini nazionali armeni. A Yerevan si è incominciato a temere un’invasione su larga scala con la preoccupazione che il leader azero stesse cercando il pretesto per entrare  nel sud del paese e aprirsi a forza un corridoio di terra per collegare alla madre patria l’exclave azera del Nakhchivan.

 

Tra il 13 ed il 14 settembre oltre 230 soldati armeni e 80 azeri hanno perso la vita nella difesa delle trincee sul confine, il 14 settembre Pashynian ha invocato per la prima volta nella storia del suo paese l’articolo 4 dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, la “Nato russa”, e chiesto l’intervento di Mosca, che però in quelle ore doveva difendersi dalla controffensiva ucraina. Pashynian allora ha lanciato un sos a Bruxelles e Washington: “Siamo in pericolo, rischiamo di sparire”. Tre giorni dopo Nancy Pelosi è atterrata a Yerevan a portare il messaggio di Antony Blinken: rispettare immediatamente il cessate il fuoco.

Mentre in quelle ore gli americani facevano pesare la forza della loro diplomazia e Michel portava al tavolo i leader delle due fazioni a New York, ai margini dell’assemblea generale dell’Onu, a Yerevan a fare da mediano dell’accordo c’era proprio Klaar, ex diplomatico estone ed ex capo, guarda caso, di un’altra missione di monitoraggio europea nel Caucaso: Eumm, la missione di monitoraggio europea in Georgia. E’ così che ha preso forma l’idea di accantonare i vecchi formati di mediazione e di spingere per una piccola presenza disarmata europea sugli altopiani caucasici. Ed è questa la strategia che Klaar ha presentato nel suo briefing al Parlamento, dove ha poi affrontato gli scogli che ancora minacciano la navigazione del processo di pace spiegando che “per quanto riguarda il collegamento stradale e ferroviario tra Nakhchivan e l’Azerbaigian occidentale, ciò può essere stabilito solo in circostanze in cui è chiaro che questo sia su territorio sovrano armeno e questo è ciò che è stato concordato dai due leader lo scorso 22 maggio”, e ricordando che  “una parte essenziale della risoluzione di questo conflitto sono e rimangono i diritti e la sicurezza degli armeni in Karabakh”.

 

L’accordo per una missione è pronto e adesso si tratta di lavorare alla struttura della delegazione e preparare le valige. L’Ue dunque sfila a Mosca il ruolo di arbitro di una partita complicata ma segna un primo passo per portare la Comunità politica europea a rimpiazzare il ruolo di Mosca e delle organizzazioni regionali che la includono. Una pace serve, ed è possibile, ma su questa partita Bruxelles si gioca il futuro di molte altre possibili e necessarie mediazioni.

Di più su questi argomenti: