VERSO IL 20° CONGRESSO DEL PARTITO / -2

I soldati di Xi Jinping

Giulia Pompili

Il leader sempre più autoritario ha trasformato l’esercito cinese, che ora fa paura a tutti

 Negli ambienti militari europei si guarda a quello che sta facendo la Russia contro l’Ucraina e si ripete spesso una frase: la cosa che spaventa di più della Cina è quello che non sappiamo della Cina. Negli ultimi dieci anni, con Xi Jinping al potere, le Forze armate cinesi sono diventate, almeno sulla carta, tra le più forti del mondo, e alla vigilia di un Congresso cruciale nella storia del Partito comunista cinese, non erano mai state tanto vicine al diventare operative. Nel 2016 Xi Jinping si presentò davanti ai media statali con la mimetica militare, e si intestò un nuovo titolo: comandante in capo del Centro di comando delle operazioni congiunte dell’esercito. Un ruolo che si andava ad aggiungere a quello di segretario generale del Partito comunista cinese e della Commissione militare centrale, che governa l’Esercito popolare di liberazione.


A colpire gli osservatori internazionali era stata la divisa mimetica – un cambio di passo rispetto al grigiore tradizionale dei più moderni burocrati cinesi, tutti economia e riforme – e questo tentativo di accentrare sempre più su di sé il potere anche militare da parte di Xi: il leader stava lentamente erodendo la collegialità e le divisioni dei poteri, almeno formali, dentro al Partito.

 

Sei anni dopo Xi Jinping è riuscito a trasformare le Forze armate cinesi, probabilmente seguendo la massima di Mao Zedong: “Chiunque abbia un esercito ha il potere”. L’Esercito popolare di liberazione non è più quello del 1949: la Cina è diventata fortissima anche sul piano navale, il settore nel quale sembrava più debole, e la propaganda cinese mostra di continuo le immagini dei nuovi successi per acqua. Il programma missilistico cinese è molto avanti – ieri la tv statale cinese Cctv ha fatto sapere che la Cina è pronta a realizzare lanciatori invisibili per la sua serie di missili mobili “Dongfeng”, che potrebbero non essere rilevati da droni, radar e satelliti.  La nuova catena di comando che arriva direttamente al leader Xi ha aiutato a togliere burocrazia dalle decisioni, e nelle Forze armate sono stati aumentati gli investimenti delle divisioni ibride, dal cyber allo spazio. A oggi, secondo diversi osservatori, le purghe più consistenti compiute da Xi sono state proprio quelle contro i militari “non fedeli”: oltre cento militari in ruoli di potere sono stati allontanati e processati. Un analista militare che preferisce restare anonimo per la delicatezza delle informazioni spiega al Foglio che la Cina, anche con il programma-bandiera di Xi “Made in China 2025”, ha raccolto quante più informazioni possibili dalle collaborazioni con i paesi stranieri e soprattutto con quelli occidentali. Furto di segreti industriali e ingegneria inversa sarebbero alla base della rapidissima trasformazione della Difesa cinese in una potenza temibile globale. Nell’area dell’Indo-Pacifico, nessuno è più sicuro che l’America abbia ancora il primato dell’esercito più forte del mondo. 

 


E in tutto questo, il pericolo di un incidente che porti la Cina in guerra esiste, perché esistono diversi luoghi dove Pechino stessa ha contribuito a far aumentare la tensione militare: nel Mar cinese meridionale, al confine con l’India, e naturalmente nelle acque attorno all’isola di Taiwan, che la Cina rivendica come proprio territorio. L’aumento costante delle spese per la Difesa da parte di Xi Jinping viene giustificato, al contrario, con la minaccia esterna che vorrebbe fermare l’ascesa militare cinese, cioè l’occidente a guida americana. Il soft power cinese ha fallito, difficile pensare che Xi Jinping permetta anche al suo hard power di fallire. Certo, un punto è chiaro: come la Russia ha dimostrato ampiamente, un conto è fare una guerra sulla carta un altro è farla sul campo. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.