L'America punta a combattere Xi e Putin insieme, ma rischia grosso
La Strategia di Sicurezza nazionale della Casa Bianca ci dice che Washington ha due priorità: la Russia e soprattutto la Cina
Forse non serviva nemmeno l’attesa pubblicazione della Strategia di Sicurezza nazionale da parte della Casa Bianca di Biden-Harris, per capire che in questo momento, per l’Amministrazione americana, le priorità sono due e soltanto due: la Russia e la Cina, con una tendenziale prevalenza della seconda. “Siamo nel mezzo di una competizione strategica per cambiare il futuro dell’ordine internazionale”, si legge nell’introduzione al documento pubblicato ieri, “non lasceremo che il nostro futuro sia vulnerabile ai capricci di chi non condivide la nostra visione di un mondo libero, aperto, prospero e sicuro”. E’ in ballo l’essenza stessa dell’ordine democratico e liberale, e l’America di Biden è pronta a tutto per salvaguardarlo. Il capitolo dedicato alle “priorità globali” riguarda due punti, “sorpassare la Cina e limitare la Russia”. Mosca, con la sua guerra scellerata contro l’Ucraina – e soprattutto dopo l’ultimo discorso di Vladimir Putin – ha fatto tornare al centro della sua ideologia e della propaganda la battaglia contro l’occidente. Allo stesso tempo, la Repubblica popolare cinese “è l’unico avversario che ha l’intenzione di rimodellare l’ordine internazionale e, sempre più spesso, ha il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”, si legge.
Secondo il documento, la Cina “usa la sua capacità tecnologica e la sua crescente influenza sulle istituzioni internazionali per creare condizioni più permissive per il proprio modello autoritario, e plasmare la tecnologia e le norme globali per privilegiare i propri interessi e valori”. Fa coercizione economica, e beneficia “dell’apertura economica internazionale, allo stesso tempo limitando l’accesso al proprio mercato interno”. Non è una novità il fatto che la Cina venga messa sullo stesso piano dei missili e dei carri armati della Russia, ma adesso è scritto nero su bianco sul documento strategico per eccellenza della politica americana. E questo status permette all’Amministrazione Biden di avere mano libera anche su quello che è stato definito da Jon Bateman su Foreign Policy, con una metafora pokeristica, “l’all-in” del presidente americano per contenere la Cina anche e soprattutto sul piano della tecnologia (come spiega Ugo Bertone nell’articolo qui sotto).
La Cina si è mangiata tutto, in questo documento, perfino il Pakistan – mai menzionato – e la Corea del nord, citata solo un paio di volte. Ma c’è anche un altro problema strategico, sollevato dagli analisti, e che cambia completamente la postura americana nel mondo: Washington ha intenzione di affrontare la minaccia cinese e quella russa contemporaneamente. Thomas Friedman ha scritto l’altro ieri sul New York Times che il conflitto con la Cina “è meno visibile” di quello con la Russia perché “non comporta sparatorie, ma si combatte soprattutto con i transistor. Ma avrà un impatto altrettanto grande, se non maggiore, sull’equilibrio globale del potere quanto l’esito della guerra tra Russia e Ucraina. E ha poco a che fare con Taiwan”. Dove potrebbe finire questa guerra in cui tentiamo di “negare per sempre alla Cina le tecnologie avanzate” nessuno lo sa, scrive Friedman, ma “che tipo di mondo produrrà? La Cina dovrebbe porsi le stesse domande”. Il timore di un conflitto senza vincitori né vinti potrebbe spingere (sta già succedendo, per la verità) molti alleati americani a non voler salire a bordo di questo conflitto, soprattutto l’Europa, già impegnata, e non solo economicamente, a fronteggiare la Russia. Anche Friedman cita Henry Kissinger, che usò lo split sino-sovietico a suo favore, non combattendo i comunisti asiatici ma usandoli contro l’Unione sovietica: non si può combattere Russia e Cina contemporaneamente, diceva. All’epoca però Kissinger sapeva che Pechino, col sostegno dell’occidente, sarebbe potuta diventare l’altra potenza nemica. Oggi perfino lui mette in guardia su un “conflitto senza fine” tra America e Cina, ma senza offrire alcun tipo di soluzione. E’ uno stand off, come quelli che piacciono molto a Pechino: vince chi molla per primo.