A due anni da Samuel Paty, la Francia fa i conti con il terrore nelle scuole
Due insegnanti minacciati di morte in pochi giorni, per avere osato denunciare l’islamizzazione negli istituti francesi. "Da dieci anni la scuola, che è il riflesso della società, è diventata permeabile a questa febbre religiosa"
“Non sono l’unico insegnante di Trappes a essere stato obbligato a lasciare la città. Un mio collega di filosofia ha dovuto abbandonare il suo liceo in seguito alla minaccia di uno studente che in classe gli ha detto ‘giuro su Allah che ti fracasso la testa’, una minaccia molto grave”.
Così scrive Didier Lemaire in Petite philosophie de la nation (Robert Laffont), raccontando la sua resa dopo aver “osato” denunciare l’islamizzazione in una scuola francese. Sotto scorta, minacciato di morte e di “finire come Samuel Paty” (il professore decapitato da un jihadista ceceno due anni fa), Lemaire è solo uno di tanti. Aveva affrontato i temi della laicità e della libertà di espressione in classe. Ieri un’insegnante di un liceo a Thanne, vicino a Mulhouse, è stata minacciata da una studentessa e dalla sua famiglia, che si è presentata davanti alla scuola, per spiegare che “del profeta Maometto non si deve parlare in classe”. Lo zio della ragazza ha minacciato il professore riferendosi a Samuel Paty.
Pochi giorni prima, un ragazzo è stato arrestato per aver minacciato un insegnante che aveva chiesto a una studentessa delle superiori di togliersi il velo durante una gita scolastica. Stavolta non siamo nell’Alto Reno, ma nel terzo arrondissement di Parigi. La ragazza si rifiuta di togliersi il velo e chiama la sua famiglia. “Verrò e ti distruggerò, vedrai cosa ti succederà, sto arrivando”, dice all’insegnante un fratello della ragazza. “Se qualcuno chiede a mia sorella di togliersi il velo per strada, lo ucciderò”, dice alla polizia mentre lo stava arrestando.
Basta leggere un altro libro, Ces petits renoncements qui tuent. Uscito da Plon il 1° settembre, il libro è il tragico racconto di un professore che, sotto anonimato, “per non fare la fine di Paty”, rivela cosa è diventata la Francia (ecco perché metà degli insegnanti francesi si autocensura). Scritto con la giornalista Carine Azzopardi, che ha perso il compagno nell’attentato al Bataclan, questo professore racconta cosa sia diventata la Francia. “Il primo problema è quello della diversità territoriale: non c’è mescolanza” scrive il professore sotto anonimato. “Nelle mie classi, ad esempio, tutti gli studenti sono di origine immigrata. Cercano un significato e lo trovano in questa religione onnicomprensiva, l’islam, che ha una risposta a tutto. I Fratelli musulmani fanno proselitismo, alcuni sindaci sono compiacenti”. Risultato? “Da dieci anni la scuola, che è il riflesso della società, è diventata permeabile a questa febbre religiosa. Lì ha fatto la sua comparsa l’abaya, un velo che copre tutto il corpo, viso, mani e piedi. Sempre più ragazze li indossano e, a volte, indossano anche i guanti, in stile saudita”. Racconta di uno studente che ne rimprovera un altro “di aver portato in classe dolci non halal, perché contenevano gelatina di maiale”. O di una madre “che si rifiuta di lasciare che sua figlia si tolga i guanti durante le lezioni di chimica”. Ragazzi che, dopo aver letto un testo del pensatore Condorcet, hanno detto: “L’educazione non è per le ragazze”. O la studentessa che, dopo aver visto un servizio sui matrimoni forzati in India, spiega che “le donne sono sulla Terra per obbedire agli uomini”. Un giorno il professore distribuisce alla classe un testo di Kant: “Che cos’è l’Illuminismo?”. Il giorno dopo uno studente torna in classe brandendo un Corano. Se il pesce inizia a marcire dalla testa, in Francia la testa è la scuola.