l'ombra di teheran
L'atleta iraniana senza velo Rekabi è scomparsa per 36 ore, poi le scuse sui social
Nell’ultimo contatto la scalatrice ha raccontato di essere in compagnia di un funzionario iraniano a Seul, dove si trovava per una competizione sportiva. Subito dopo, il silenzio. Poi è riapparsa su Instagram. Secondo la Bbc le sarebbero stati confiscati telefono e passaporto
Non esiste ancora un Iran “governato dalle donne” come sognava Zari, la protagonista di “Savushun”, il romanzo di Simin Daneshvar, ma intanto sta nascendo un nuovo Iran, lo stanno plasmando giorno dopo giorno le iraniane con il loro coraggio.
Non si tratta solo di grida, di slogan, di scioperi, di corse nella notte e di bandiere che bruciano, si tratta anche e soprattutto di gesti silenziosi, di giovani donne che incedono con i capelli sulle spalle dietro al turbante di un mullah, di ragazze senza velo che siedono sull’autobus o fanno colazione in un bar, di studentesse che se infischiano della segregazione nella mensa dell’università e si accomodano accanto ai maschi come se fosse normale. Ecco, la rivoluzione della iraniane sta proprio in questo: rendere semplici, addirittura quotidiani momenti che fino a cinque settimane fa erano la materia dei sogni. E poi moltiplicarli. E’ di un gesto così, altrettanto semplice e altrettanto dirompente che si è resa protagonista la scalatrice Elnaz Rekabi quando si è presentata, senza velo, a una gara di arrampicata, il 16 ottobre a Seul. In Iran il filmato di Rekabi che compete con la coda di cavallo e la testa scoperta è diventato virale.
“Sei la nostra eroina”, hanno scandito i manifestanti e a Teheran s’era già diffusa l’idea di tributarle un’accoglienza trionfale all’aeroporto. Il ritorno dell’atleta era previsto per domani, ma da domenica i familiari non sono più stati in grado di mettersi in contatto con lei. Nell’ultimo contatto Rekabi ha raccontato di essere in compagnia di un funzionario iraniano, subito dopo, il silenzio. Secondo la Bbc, a Rekabi sarebbero stati confiscati telefono e passaporto. Questa circostanza è stata confermata da Iranwire e sempre stando alla ricostruzione del quotidiano online, Rekabi sarebbe stata attirata all’ambasciata iraniana a Seoul dopo aver ricevuto le rassicurazioni del capo della federazione di arrampicata Reza Zarei. Proprio Zarei sarebbe l’ultima pedina di una catena di slealtà che partirebbe da un ordine trasmesso dalle Guardie rivoluzionarie al presidente del comitato olimpico iraniano Mohammad Khosravivafa.
L’unica certezza è che per 36 ore di Rekabi non si hanno più avuto notizie e che invece stamattina l’atleta è ricomparsa su Instagram: “Io, Elnaz Rekabi – si legge nel messaggio – con più di vent’anni di esperienza nella squadra iraniana di arrampicata, chiedo scusa per le preoccupazioni che ho destato”. L’atleta aggiunge di essere in viaggio per l’Iran e specifica che l’assenza del velo durante il suo turno di gara a Seul è stato del tutto accidentale. Ma la comunicazione suona forzata e le preoccupazioni riguardo alla sorte dell’atleta seguitano a montare. La paura – sottolinea Rana Rahimpour di Bbc Persian – è che una volta atterrata, Rekabi venga condotta dritta dritta alla prigione di Evin. Davud Rekabi, fratello della scalatrice, sarebbe già stato interrogato dall’unità di intelligence dei pasdaran. “Elnaz ha deciso di apparire senza hijab durante la gara un mese fa – ha raccontato una fonte a Iranwire – E’ una donna che è abituata a prendere decisioni coraggiose”.