ecologisti al timone
La prova di atlantismo dei Grünen: restano aperte tre centrali nucleari
I Verdi tedeschi sono cambiati negli anni e i vertici, da Habeck a Baerbock, sono pronti a scendere a compromessi sulle centrali e sul carbone, almeno fino a quando sarà necessario, sotto la pressione della crisi energetica creata dalla guerra in Ucraina
Berlino. Nucleare, armamenti, uscita dal carbone, protezione del clima. I temi discussi al congresso dei Verdi tedeschi lo scorso fine settimana sono quelli “tradizionali” del partito ecologista tedesco. Eppure, l’assise appena celebrata a Bonn aveva poco in comune con quelle precedenti per almeno tre ragioni. La prima: la pandemia ha ampiamente digitalizzato la vita politica tedesca mentre per la prima volta da tre anni a questa parte gli 800 delegati Grünen si sono incontrati in presenza. La seconda: dall’ultimo congresso, celebrato online a gennaio 2022 per rimpiazzare Robert Habeck e Annalena Baerbock, passati dalla guida del partito a ruoli ministeriali, l’Europa è cambiata in peggio; la guerra non è lontana dai confini tedeschi e la crisi energetica che ne è seguita sembra solo agli inizi.
La terza, forse la più importante: i Verdi sono il secondo partito della coalizione guidata dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz e le scelte del congresso di Bonn condizionano direttamente l’operato del governo. In un paese come la Germania in cui in anni recenti tante scuole sono finite nell’occhio del ciclone per aver portato i bambini delle elementari ai “concerti” dell’attivista svedese Greta Thunberg, i delegati dei Verdi hanno dato prova di maturità approvando il piano del governo per mantenere aperte tre centrali nucleari fino alla prossima primavera, ossia tre mesi più tardi della chiusura disposta entro dicembre di quest’anno da una legge del 2011.
Ieri il cancelliere tedesco ha chiesto ai tre ministeri dell’Economia, dell’Ambiente e delle Finanze di creare le basi legali per mantenere operative le tre centrali nucleari del paese al massimo fino al 15 aprile 2023. I timori di chi temeva che i numerosi delegati più giovani si sarebbero alleati con la vecchia guardia dell’oltranzismo antinucleare rappresentata da Jürgen Trittin, ministro dell’Ambiente fra il 1998 e il 2005, per bocciare il piano di Habeck si sono dissolti con il voto a larga maggioranza a favore della proroga. Ma attenzione: da oggi il vicecancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck ha le mani legate. Nelle ultime settimane il partito liberale (Fdp), amico dell’atomo e terza gamba della maggioranza, ha ripetutamente messo il veto ai piani dei Verdi per le centrali nucleari nel tentativo di alzare la posta, sperando cioè di ottenere la proroga almeno fino al 2024. Il no dei delegati ecologisti è chiarissimo: il governo non deve acquistare nuovo carburante per le centrali, che devono essere disconnesse da aprile 2023.
Scholz ha colto il messaggio – né d’altronde ci si poteva aspettare una svolta nuclearista del partito associato per decenni allo slogan: Atomkraft? Nein danke! (Nucleare? No grazie!). Sarà l’evoluzione della crisi energetica a determinare nei prossimi mesi se i Verdi abbiano avuto ragione: è vero però che, salvo alcune eccezioni al sud, in Germania non manca tanto l’energia elettrica quanto il gas. Anzi, la settimana scorsa è entrato in vigore un accordo franco-tedesco per lo scambio fra il gas che transita sul suolo francese verso la Repubblica federale in cambio di elettricità made in Germany.
Moderatamente pragmatici sull’atomo, i Grünen hanno dato nuova prova di atlantismo, al netto di alcuni caveat molto tedeschi, sostenendo la relazione della ministra degli Esteri Annalena Baerbock.
L’ex copresidente del partito ha ribadito che il governo resta contrario a consegnare all’Ucraina carri armati o mezzi corazzati di fabbricazione tedesca. In compenso Berlino resta impegnata a fornire aiuti militari, “soprattutto nel settore della difesa aerea, e a inizio settimana abbiamo visto quanto questa sia importante”. Compromesso, infine, anche sulla vendita di armi all’Arabia Saudita, capitolo anche questo illustrato da Baerbock, la prima a riconoscere che la monarchia wahabita è altamente problematica per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani.
No, dunque, del congresso a vendite di dirette sull’asse Berlino-Riad ma nessuna opposizione a progetti europei di collaborazione con i sauditi. Anche sul carbone via libera, in questo caso però a stretta maggioranza, dei delegati a un piano dell’esecutivo per lo sfruttamento di un giacimento di lignite a Lützerath nel Nord Reno-Westfalia. Sostenuti da risultati confortanti a ogni elezione, gli ecologisti di oggi tengono ben stretto il timone del governo, considerato più utile dell’idealismo di ieri.