L'alleanza dei regimi
Iran e Bielorussia sono l'arsenale di Putin, la Cina offre copertura ideologica
Armi e repressione. L'asse delle autocrazie convince altri paesi a stare al loro gioco, scambiando libertà con protezione
La Bielorussia offre a Vladimir Putin la massima disponibilità militare, politica e territoriale per aprire un altro fronte a nord nella guerra russa contro l’Ucraina. Intanto il regime di Minsk condanna, tortura, uccide e annichilisce l’opposizione interna. L’Iran offre a Vladimir Putin droni suicidi, missili terra-terra e munizioni per indebolire la difesa aerea dell’Ucraina, infilandosi con violenza nel dibattito occidentale: la protezione dei cieli ucraini è da febbraio il punto debole della pur generosa assistenza militare degli alleati a Kyiv; i cosiddetti pacifisti dicono che armare l’Ucraina è un disastro dalle conseguenze permanenti, così gli americani non danno i missili Atacms all’esercito ucraino (gittata 300 chilometri) perché sarebbe “un’escalation” o una “provocazione” contro Mosca, e invece l’Iran rifornisce Putin di missili che hanno una gittata dai 300 ai 700 chilometri e nessuno dice nulla. Intanto il regime di Teheran ammazza i giovani che stanno costruendo, nella repressione, una nuova rivoluzione culturale in nome della libertà.
La Cina offre a Vladimir Putin sostegno economico e militare, comprando materie prime, organizzando esercitazioni, tollerando le violenze e prendendo appunti sugli errori da non commettere quando sarà il turno di Pechino di riprendersi quel che considera suo: Taiwan. Xi Jinping non starà sostenendo in modo pratico Putin, e forse anzi si è scocciato di questa guerra che doveva essere breve e vittoriosa ed è il contrario, ma continua a fornire la copertura ideologica che permette a Mosca di accanirsi sull’Ucraina. La Cina non vuole più trattare la Russia come sua pari, ma opportunismo e convenienza sono strumenti utili nella costruzione di un’alleanza dei regimi da opporre, con la forza, alla alleanza delle democrazie: Iran e Bielorussia sono l’arsenale di questo asse autocratico. Ci sono altri regimi che gravitano attorno a questo nucleo e il rischio è appunto continuare a trattare la guerra in Ucraina come un conflitto locale, europeo, una sfida tra Mosca e Kyiv o al limite con la Nato. Quando molti leader occidentali hanno utilizzato i loro discorsi all’Assemblea generale dell’Onu, un mese fa, per dire ai leader globali: non potete restare neutrali, volevano denunciare il nucleo dell’alleanza autocratica, che si è fatta evidente con l’utilizzo massiccio e spregiudicato dei mezzi iraniani contro il popolo ucraino.
Nell’ultimo decennio ci siamo interrogati sull’ascesa delle autocrazie: sono cresciuti partiti (ed elettorati) illiberali dentro le democrazie liberali e sono diventati contagiosi, alimentati dalla retorica declinista dell’occidente fondata sulla convinzione che il modello democratico sia arrivato a un capolinea, forse non l’ultimo, ma comunque alla fine di un percorso. S’è atrofizzata l’idea che l’ordine globale vada difeso anche con le armi se necessario, così come è sbiadita l’idea dell’eccezionalismo americano sempre più apparentato all’imperialismo americano da una tifoseria affascinata dall’imperialismo russo. Le reazioni blande, il realismo come pilastro hanno fatto sì che la democrazia non si possa più esportare, ma l’autocrazia si importi alla grande. E i regimi, spesso impuniti, convincono altri paesi a stare al loro gioco, scambiando libertà con protezione. E armi e test nucleari, e distruggendo l’Ucraina.