Per noi Scholz è cauto, per i tedeschi è troppo guerresco. Uno studio
Dietro al rilancio del ruolo estero della Germania ci sono diverse opinioni e sfumature. Il 52 per cento dei cittadini chiede al cancelliere moderazione sullo scacchiere internazionale
Berlino. Quando lo scorso giugno il Bundestag ha deciso di investire 100 miliardi di euro per rianimare l’arrugginita Difesa della Germania, la Nato ha applaudito. E’ almeno dai tempi di Barack Obama (2009-2017) che gli Stati Uniti premono affinché gli alleati europei, soprattutto quelli occidentali più ricchi, contribuiscano più attivamente alla difesa euroatlantica. Negli ultimi anni dei suoi governi Angela Merkel era stata la prima ad ascoltare, seppur timidamente, gli appelli americani. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina è stato a sorpresa il socialdemocratico Olaf Scholz a fare la svolta. Rivolto al Bundestag riunito in sessione straordinaria il 27 febbraio scorso, il cancelliere ha dichiarato: “Anno dopo anno investiremo più del 2 per cento del pil nella nostra difesa”. L’approvazione da parte del Bundestag (567 sì, 96 no e 20 astensioni) è stata largamente bipartisan, ma dietro al rilancio del ruolo internazionale della Germania ci sono diverse opinioni e sfumature.
A misurarle lo scorso agosto è stata la Körber Stiftung con lo studio “Berlin Pulse”, giunto alla sesta edizione, che ha rivelato che, nonostante lo scoppio della guerra più vicina di sempre e nonostante le sue conseguenze dirette e percepibili (dall’arrivo in Germania di un’ondata di profughi alla crisi energetica), il 52 per cento dei tedeschi chiede moderazione sulla scena internazionale (contro il 50 nel 2021). E’ anche vero che il 41 per cento (2021: 45 per cento) è a favore di un maggiore coinvolgimento della Repubblica federale all’estero: ma il 65 per cento di questi lo vuole diplomatico anziché militare (il 14 per cento). Il messaggio di riarmo lanciato da Scholz è passato insomma solo a metà, con il 60 per cento degli intervistati che accetta un aumento delle spese per la Difesa ma con il 68 per cento che rifiuta un ruolo militare attivo del paese. Una postura che trae linfa dalla tradizione socialista e cristiana dei più grandi partiti tedeschi ma che nasce anche da alcune paure. Il 70 per cento degli intervistati teme un attacco nucleare russo, l’80 teme il coinvolgimento della Nato nel conflitto e il 90 sostiene che il paese non ha bisogno dell’atomica per difendersi.
Ai tedeschi, i ricercatori di Berlin Pulse hanno anche chiesto di guardare al di là dei confini con alcuni risultati interessanti che la curatrice della ricerca, Julia Ganther, ha condiviso con il Foglio. “La rilevazione ha confermato che i tedeschi dell’est e dell’ovest immaginano in maniera diversa il posizionamento della Germania sulla scena internazionale”. Se a favore del restraint sono 52 cittadini su 100 su scala nazionale, la proporzione sale al 66 per cento all’est contro il 49 all’ovest. Ma se per il 36 per cento di tutti i tedeschi gli Stati Uniti sono il primo partner di Berlino, lo stesso vale per il 26 dei residenti all’est. Numeri bassi per un paese rinato grazie al Piano Marshall, “ma nel rapporto con gli Stati Uniti abbiamo osservato un netto deterioramento durante gli anni della presidenza Trump: a settembre 2020 solo il 10 per cento dei tedeschi considerava l’America il partner più importate. A novembre dello stesso anno, dopo l’elezione di Joe Biden, si era già passati al 23 per cento”, ha spiegato Ganther. Speculare è il rapporto con la Federazione russa: nel 2018 era ritenuta più importante degli Stati Uniti dal 31 per cento dei wessi (tedeschi dell’ovest) contro il 38 degli ossi; nel 2019 e nel 2020 il rapporto era 21 contro 38, nel 2021 era 15 contro 23 e nell’ultima rilevazione 10 per cento contro 22. “Se ne ricava – osserva Ganther – che l’invasione dell’Ucraina ha avuto un impatto maggiore sui tedeschi dell’ovest rispetto a quelli dell’est”. Anche il test con quattro possibili risposte sulle ragioni dello scoppio della guerra russo-ucraina ha confermato la maggiore distanza non solo geografica dei wessi da Mosca rispetto agli ossi. “All’est ha prevalso la risposta sull’eccessiva vicinanza dell’Ucraina alla Nato: questa all’ovest è stata la riposta meno frequente”. Per i wessi la guerra è invece scoppiata a causa dell’espansionismo russo.
Più compattezza i tedeschi la dimostrano invece quando guardano a Pechino: oggi il 66 per cento crede che sia necessario diminuire la dipendenza economica dal gigante asiatico anche a costo di perdite economiche mentre il 37 per cento ritiene la Repubblica popolare una minaccia per la sicurezza della Germania.
L'editoriale dell'elefantino