il fronte del sud

Il capo dell'intelligence militare ucraina racconta come andrà a Kherson

Micol Flammini

Il generale molto falco Kyrylo Budanov lancia un segnale di pragmatismo e calma agli alleati. Finita la canzonatura, racconta quanti missili rimangono nell'arsenale di Mosca e fa nomi per il dopo Putin

Ogni tanto compare qualche anguria a colorare la comunicazione di guerra degli ucraini, ma da settimane Kyiv ha abbandonato l’irriverenza,  i meme, i motti con cui  scandiva: “Russkji voennyi korabl, idi na chuj” – l’invito di “andare affanculo” si realizzò davvero e “la nave da guerra russa” affondò. Ora anche i più beffardi si sono fatti più istituzionali, come  Kyrylo Budanov, il direttore dell’intelligence militare ucraina, che ha rilasciato un’intervista al giornale  Ukrainska Pravda. Il generale è considerato un falchissimo  e possibile responsabile delle operazioni più  aggressive attribuite a Kyiv: dall’omicidio di Daria Dugina a Mosca all’esplosione sul ponte della Crimea. Budanov è coinvolto anche nello scambio di prigionieri che ha portato alla liberazione di più di cento uomini del battaglione Azov che avevano combattuto a Mariupol.

 

In qualità di capo dell’intelligence militare è un uomo molto informato, ha nelle sue mani dossier importanti che hanno a che fare con il futuro e il presente della guerra e gode della fiducia del presidente Volodymyr Zelensky che lo ha nominato a capo della commissione intelligence presidenziale, l’organo che si occupa del controllo di tutte le agenzie dei servizi segreti ucraini. 
Budanov è tra i più titolati a parlare di cosa potrebbe accadere a Kherson, dove è iniziata la controffensiva di Kyiv per riconquistare il primo territorio perso dal 24 febbraio e dove i russi hanno evacuato nei giorni scorsi parte della popolazione. Il generale spiega che Mosca non si sta ritirando, si sta preparando e l’evacuazione altro non è che un tentativo di manipolazione: stanno creando l’illusione della fuga e allo stesso tempo stanno introducendo nuove unità militari e preparando le strade per il combattimento. Dall’inizio della guerra i russi hanno spesso agito con brutalità ma con una strategia confusa, da ottobre qualcosa è cambiato. La battaglia di Kherson ha un valore molto grande per tutti e due gli eserciti, per Kyiv vorrebbe dire liberare il territorio in cui la Russia si è insediata e fortificata meglio, il successo della controffensiva darebbe grande energia all’esercito ucraino e sarebbe un colpo  duro per l’esercito russo. Per la Russia, perdere l’oblast di Kherson vuol dire rinunciare alle prima conquiste, subire una sconfitta su un campo di battaglia in cui ha schierato i suoi uomini migliori. I russi, dice Budanov, si rendono conto che “se prendiamo il controllo della diga di Nova Kakhovka dovranno agire in fretta”: si stanno preparando o a combattere subito o a ritirarsi rapidamente. Russia e Ucraina si accusano a vicenda di attacchi contro il bacino della centrale idroelettrica che rifornisce la Crimea e la centrale nucleare di Zaporizhzhia: qualora venisse danneggiata sarebbe un danno di dimensioni molto grandi che, secondo Budanov, non darebbe un vantaggio alla Russia. Ieri il vice primo ministro ucraino ha chiesto ai cittadini che sono fuggiti dalla guerra di rimanere all’estero, ridurre la quantità di cittadini serve anche ad affrontare meglio le difficoltà che attendono Kyiv dal punto di vista energetico. Budanov ha detto che gli ucraini ormai non si lasciano più spaventare, né sorprendere dalla brutalità e se l’obiettivo degli attacchi di queste ultime settimane era generare il panico tra la popolazione, non è stato raggiunto e Mosca ora ha una carenza di missili importante: negli arsenali rimane il 13 per cento degli Iskander, il 43 per cento dei Kalibr e il 45 dei missili Kh-101 e Kh-555. Budanov azzarda delle date, dice che la guerra potrebbe finire la prossima estate e che entro la fine di quest’anno Kherson sarà liberata. Poi bisognerà ricostruire e ieri Zelensky ha chiesto nuovo denaro  all’Ue, promettendo in cambio aiuti per  sostituire le risorse energetiche russe. 

 

Mosca ieri ha detto di essere pronta a dialogare con il Papa, rispondendo a una proposta fatta dal presidente francese Emmanuel Macron. Per Budanov Putin non ha alternative, deve farsi vedere più morbido e disposto ai colloqui, i numeri disastrosi della guerra sono la sua condanna politica e non c’è nessuno che possa accettare la sua permanenza al Cremlino con una sconfitta. Il giorno in cui  è stata confermata l’annessione fasulla delle quattro oblast dell’Ucraina, Kherson, Zaporizhzhia, Luhansk e Donetsk, il generale sostiene di aver visto nei volti dei presenti alla cerimonia in Russia molta tristezza e la consapevolezza che quell’azione scellerata li avrebbe portati  al collasso: “Non mi piace la Russia ma non posso certo dire che sono tutti degli idioti, non è così”. L’élite politica russa è consapevole del disastro e Budanov fa i nomi di chi ambisce al posto di Putin: c’è l’ex presidente Dmitri Medvedev, che ha poche possibilità, c’è il figlio del capo del Consiglio di sicurezza Nikolaj Patrushev, ma a dispetto delle ambizioni paterne è poco più che una diceria, infine c’è Sergei Kirienko, ex premier e l’uomo mandato nel Donbas a seguire l’occupazione. L’Ucraina guarda al dopo, Budanov dice che andrà con calma, un segnale necessario da parte di un falchissimo osservato anche dagli Stati Uniti per la sua fretta. L’Ucraina mostra attenzione e pragmatismo anche per dare segnali agli alleati, mentre ieri, con un comunicato apparso sull’agenzia russa Tass, la Russia ha fatto un altro annuncio senza senso: il Consiglio di sicurezza ha chiesto la desatanizzazione dell’Ucraina. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)