L'ingresso dei cinesi nel porto di Amburgo è un problema per Salvini
Il primo dossier sulla scrivania del nuovo ministro delle Infrastrutture riguarda, ancora una volta, i porti italiani. Il problema degli investimenti di Pechino nelle infrastrutture europee
Altro che ponte sullo Stretto. Il primo dossier sulla scrivania del nuovo ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini riguarda, ancora una volta, i porti italiani. Un dejà vu, per il neo vicepremier del governo Meloni, che già nel suo precedente incarico di governo, nel 2019, si era occupato molto di un porto in particolare, quello di Trieste. Che oggi rischia di nuovo le infiltrazioni degli investimenti cinesi non solo dirette, ma anche e soprattutto secondarie.
Durante l’ultimo Consiglio europeo di Mario Draghi, quello del 21 ottobre scorso, lo hanno ribadito praticamente tutti i leader dell’Unione: è necessario vigilare sugli investimenti cinesi nelle infrastrutture europee, perché “non bisogna ripetere gli stessi errori che sono stati fatti con la Russia anche con la Cina”. Pechino è un problema strategico che va affrontato, senza la superficialità di un tempo, soprattutto dopo il 24 febbraio del 2022 e l’inizio della guerra della Russia contro l’Ucraina e l’occidente, che ha svegliato anche i più riluttanti in Europa sulla fine della stagione della pax economica con i paesi autoritari e più assertivi.
E’ anche per questo consenso europeo che quando il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha confermato la sua visita a Pechino con un gruppo di uomini d’affari il prossimo 3 novembre, e ha confermato la sua volontà di andare avanti con gli investimenti del colosso cinese Cosco nello strategico porto di Amburgo, il dibattito sulla Cina è diventato motivo di scontro dentro all’Ue e una questione di politica interna a Berlino. Il dibattito riguarda la riduzione della dipendenza tedesca dai rapporti economici con Pechino, e in particolare, sul porto di Amburgo. L’operazione di cui si parla in questi giorni è molto sofisticata: il gigante del trasporto internazionale Cosco, di proprietà dello stato cinese, vorrebbe acquisire il 35 per cento del terminal Tollerort dalla società Hamburger Hafen und Logistik Ag (Hhla), che secondo lo Spiegel è quella che sta spingendo di più per una cessione. E’ un primo passo, per Cosco, per entrare direttamente nell’infrastruttura. Sei ministri del governo Scholz si sono già dichiarati contrari all’operazione, compreso il ministro dell’Economia e vicecancelliere dei Verdi Robert Habeck. La scorsa settimana, durante un’audizione parlamentare, i capi dell’intelligence tedesca hanno rinnovato l’invito al governo a valutare con molta attenzione ogni investimento in infrastrutture strategiche perché “in caso di disaccordo politico tra Cina e Germania, verranno utilizzati questi strumenti”. “La Russia è la tempesta, la Cina è il cambiamento climatico”, ha detto Thomas Haldenwang, capo dei servizi interni tedeschi. Secondo un sondaggio di ieri dello Spiegel, anche l’81 per cento dei tedeschi è contrario all’ingresso di Cosco nel porto di Amburgo, su cui la Commissione europea, in primavera, aveva dato parere contrario all’esecutivo Scholz – ma non essendo vincolante, il parere, Scholz può ignorarlo.
In che modo però questa faccenda riguarda Salvini? Perché la Hamburger Hafen und Logistik Ag, la società più attiva nel tentare di far entrare nel porto di Amburgo la Cosco, a gennaio ha acquisito il 50,01 per cento di Piattaforma logistica Trieste e ha in concessione fino al 2052 il terminal dello scalo giuliano. Amburgo e Trieste sono strettamente connesse. Non solo: nel 2019 Salvini, da ministro dell’Interno, firmò un accordo per dare “all’Ungheria i diritti di concessione su un’estensione di 300 metri del lungomare di Trieste”. Un’area di 32 ettari, dove gli ungheresi hanno presentato un paio di settimane fa un progetto per creare un collegamento ferroviario col porto, uno scalo e un magazzino di distribuzione “gestiti dall’Ungheria”, cioè il paese più vicino alla Cina dentro all’Ue. Nello stesso anno il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale Zeno D’Agostino aveva firmato un memorandum d’intesa con la China communications construction company (Cccc) a Shanghai, sotto gli occhi attenti dell’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio.