la quinta elezione
Gli occhi ucraini sul nuovo governo israeliano
Kyiv dice di non avere protezione contro le armi iraniane, invoca il sostegno di Gerusalemme e spera in un allineamento più deciso
Stanchi dell’overdose elettorale, gli israeliani oggi hanno deciso di votare più del solito, registrando l’affluenza più alta dal 1999. Hanno votato per la quinta volta in tre anni e a far cadere un governo dietro l’altro sono state spesso manovre interne alla Knesset, il parlamento di Israele, su questioni poco incisive per la vita e soprattutto per la sicurezza del paese. Il risultato ha messo di nuovo i due blocchi di partiti uno davanti all’altro: una coalizione anti Benjamin Netanyahu, che ha come leader l’attuale primo ministro Yair Lapid, e una coalizione con Benjamin Netanyahu, l’ex primo ministro rimasto in carica per dodici anni e talmente radicato nella politica di Israele da aver trasformato ogni voto in un referendum sulla sua persona.
Se Netanyahu riuscirà a formare un governo in tempi brevi con il suo partito Likud, non vorrà dire che sarà stabile, anche perché sarebbe costretto a scendere a patti con l’estrema destra. Se invece, come nel 2021, sarà Yair Lapid il tessitore del prossimo governo potrebbe trovarsi di nuovo alleati pronti a rompere con facilità. Dopo la quarta elezione, mentre la politica si affannava a cercare una soluzione, la commissione elettorale aveva già suggerito di portarsi avanti e stampare la scheda per il quinto voto. Ora potrebbe dire: prepariamo la sesta.
La sicurezza è uno degli argomenti dominanti nelle campagne elettorali di Israele, e qualche anno fa Netanyahu si era presentato ai suoi elettori con uno spot rimasto nella memoria di molti. Una coppia israeliana deve uscire per cena, non sa a chi lasciare i figli, nessuno dei due si è ricordato di chiamare la babysitter, stanno per litigare, quando sentono suonare alla porta. Aprono e trovano un Benjamin Netanyahu sorridente che ai loro occhi increduli esclama: eccomi, sono il Bibisitter – Bibi è il suo diminutivo.
Durante questa campagna elettorale si è parlato molto di sicurezza e in parte di Ucraina e della guerra in cui Kyiv chiede il sostegno di Israele. Il presidente Volodymyr Zelensky, all’inizio dell’invasione da parte della Russia, aveva chiesto all’ex premier israeliano Naftali Bennett di fare da mediatore. Bennett, poco convinto, ha impiegato molto a condannare la Russia, mentre il suo successore Lapid è stato più deciso. In un’intervista alla televisione israeliana Zelensky ha detto di non aver più bisogno di mediatori, ma di un aiuto militare e ha rivelato che Israele ha fornito sistemi di comunicazione sofisticati, ma che ancora non parla di mandare armi difensive, come i sistemi antimissile.
Israele non si è neppure aggiunta alla lista dei paesi che hanno deciso di sanzionare Mosca dopo l’inizio dell’invasione, si è però impegnata a non diventare uno snodo da cui eludere quelle imposte da paesi terzi. L’ambasciatore ucraino in Israele ha raccontato a The Hill di incontrare regolarmente il suo omologo americano e di avergli chiesto di cercare di convincere Israele, che chiama scherzosamente “la nostra arma segreta”, a dare un sostegno più determinante nella guerra contro la Russia. Israele è però legata a Mosca da questioni proprio di sicurezza – i soldati russi controllano i cieli siriani – e deve anche salvaguardare gli ebrei che vivono in Russia, di cui circa centomila hanno la cittadinanza israeliana.
L’Ucraina però si è trasformata in un contesto non più così estraneo per Israele, da quando Mosca ha incominciato a utilizzare i droni iraniani Shahed per bombardare le città ucraine – ieri ci sono stati nuovi attacchi e Zelensky ha fornito un dato preoccupante: il 40 per cento del sistema energetico ucraino è stato danneggiato dall’inizio della guerra. In agosto la Russia e l’Iran hanno firmato un accordo per l’invio di droni e di missili e, secondo la Cnn, Teheran è pronta a inviare 1.000 armi aggiuntive, inclusi missili balistici che hanno un raggio d’azione di 700 chilometri: la distanza è stata studiata per colpire e creare caos nello Stretto di Hormuz. La presenza iraniana in Ucraina non sarebbe limitata soltanto a quella delle armi, ma gli uomini di Teheran, secondo le informazioni di Gerusalemme, si troverebbero in Crimea e aiuterebbero i soldati di Mosca e gli ucraini hanno detto di aver trovato soldati iraniani anche tra i morti nelle zone della controffensiva. La preoccupazione di Israele è che possano entrare in possesso della tecnologia occidentale e quindi mettere in pericolo la sicurezza dello stato ebraico.
La guerra in Ucraina, per un paese costantemente in allarme come Israele, per ora non è la priorità, ma la vicinanza della Russia con l’Iran è pericolosa anche su un altro fronte: i russi potrebbero condividere informazioni utili per il programma nucleare di Teheran. Gli ucraini sperano che il futuro governo di Gerusalemme possa prendere una posizione più netta. Con Lapid sono caduti alcuni tabù, la paura di Kyiv è che con Netanyahu si torni addirittura indietro, anche per una complicità che lo ha spesso legato a Vladimir Putin: Bibi, nel nome della sicurezza, è stato anche ospite della parata per la giornata della vittoria nel 2018. Andò a Mosca per parlare di Iran.