il viaggio
L'azzardo di Scholz a Pechino
Il cancelliere vola in Cina. Ma non è più il tempo del business as usual con il leader Xi Jinping. I rischi per la sicurezza europea
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha risposto di no alla proposta del presidente francese Emmanuel Macron di andare insieme a Pechino, e presentarsi al leader Xi Jinping, sempre più potente e autoritario, come governanti di una Ue forte e unita. Niente visite di stato condivise, ha risposto il governo tedesco, ma evidentemente non è un problema per il cancelliere dividere la scena con il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e la presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan. Lentamente in Cina sono state riaperte le porte ai protocolli internazionali e alle visite di stato dopo gli anni del Covid, e così è iniziata, nella capitale cinese, la lunga marcia dei leader internazionali che vogliono stringere la mano a Xi Jinping, rafforzato dallo storico terzo mandato.
E’ in questo pellegrinaggio che si è inserita anche la visita di Scholz, che inizia oggi la sua missione accompagnato da una delegazione d’imprenditori tedeschi. Berlino sta seguendo la lunga tradizione tedesca dei rapporti con la Cina, basata sui legami economici intensificati dall’attivismo dell’ex cancelliera Angela Merkel, soprattutto dopo la crisi del 2008. E’ con lei che la Germania è diventata il principale partner cinese in Europa. Il problema è che negli ultimi tre anni, cioè sin dall’ultima visita di Merkel in Cina, il mondo è cambiato, e non solo per via della guerra della Russia contro l’Ucraina. “Scholz arriva in una Cina che sfida sistematicamente le nostre democrazie”, ha scritto Mikko Huotari, direttore del think tank tedesco Merics, con Xi Jinping che ha dato priorità alla “sicurezza nazionale”, e “ha invitato la popolazione a prepararsi a tempi turbolenti e a sacrificarsi per il bene comune. Xi vuole armare la Cina contro le crisi sia interne sia esterne. E’ disposto ad accettare una crescita inferiore in cambio di stabilità e controllo ideologico e politico”. Negli ultimi anni anche l’Europa ha realizzato il pericolo dell’eccessiva influenza cinese sul piano economico, che quasi sempre si trasforma in coercizione politica.
E’ anche per questo che del viaggio di Scholz – il cui scopo primario è il business, vista la delegazione composta da dodici amministratori delegati di aziende tedesche come la farmaceutica Merck, il colosso tech Siemens e il gigante delle auto Volkswagen – si discuterà parecchio oggi pure a Münster, alla riunione dei ministri degli Esteri del G7, la cui presidenza di turno è affidata ironicamente alla Germania. Ieri il cancelliere tedesco, criticato perfino da diversi membri di spicco della coalizione del suo governo, ha pubblicato un editoriale su Politico nell’ultimo tentativo di difendere la decisione di andare a Pechino: ha scritto che non gli sfugge che la Cina sia autoritaria e chiusa nel suo “marxismo-leninismo”, e nemmeno il fatto che il mondo sia cambiato. Ma che “stanno emergendo nuovi centri di potere in un mondo multipolare, e noi puntiamo a stabilire e ampliare i partenariati con tutti loro”. Scholz ha fatto intendere che un dialogo con Pechino possa essere utile a fermare Putin, ma non è chiaro come possa partire da una posizione negoziale di forza, la Germania, da sola: qualche giorno fa in un editoriale sul Financial Times l’economista Guntram Wolff scriveva che l’unica condizione che dovrebbe porre il cancelliere tedesco è che “la sicurezza europea” non è negoziabile. Non c’è più spazio per le ambiguità con la Cina, in questa fase. Ma nel frattempo la propaganda cinese sta già usando la visita di Scholz e dei suoi businessman come un messaggio all’America e alla sua “maligna influenza” su Bruxelles, come ha scritto Chen Weihua, capo del China Daily in Europa. Sono loro a volere il mondo diviso in blocchi. Ma è, come al solito, l’universo rovesciato di Xi Jinping e Putin. Intanto, la mossa di Scholz pro-Pechino sta allontanando sempre di più da Berlino il presidente francese Macron, che è in cerca di una nuova cornice di sicurezza con la Cina da imporre alla Germania. Aveva una sponda in Italia con l’ex presidente Mario Draghi, ed è forse la stessa posizione che cercherà nella nuova leader Giorgia Meloni.