buio a kyiv

Mosca crea crisi e fa finta di offrire soluzioni

Micol Flammini

I danni della rete elettrica dell'Ucraina servono alla Russia a ovviare ai fallimenti sul campo di battaglia. Il ricatto, mentre Kherson attende 

Creare la crisi e poi intervenire come parte indispensabile alla sua soluzione è una tecnica spesso utilizzata dalla Russia per mostrare che, senza di lei, senza il suo consenso o  il suo appoggio, nulla si sblocca nelle dinamiche internazionali. Il Cremlino lo ha fatto con l’accordo sul grano e ora lo sta facendo con l’energia. Ha reso non navigabile il Mar Nero, poi ha partecipato al patto mediato dalla Turchia, si è ritirato ed è rientrato. Il Cremlino ha voluto far vedere soprattutto ai paesi in via di sviluppo che è stato il presidente Vladimir Putin a evitare la crisi alimentare. Lo schema si ripropone ora che l’Ucraina affronta problemi sempre più gravi a causa dei danni alla sua rete elettrica: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che il 40 per cento delle strutture è stato danneggiato. Da quest’estate la Russia ha occupato la centrale nucleare nella regione di Zaporizhzhia e per mesi, assieme all’Ucraina, ha denunciato il rischio di un disastro nucleare, invitando gli osservatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica a ispezionare l’area. Gli osservatori sono arrivati, hanno notato che l’impianto era seriamente danneggiato e hanno promesso che avrebbero continuato a monitorare stabilendo una missione permanente. 

 

A Zaporizhzhia il vero rischio era altrove e, di nuovo, ha a che fare con la rete elettrica: secondo l’Ucraina, la centrale sarebbe stata disconnessa e Mosca starebbe lavorando per collegare le linee di trasmissione al sistema russo e dirigere la corrente verso il Donbas e la Crimea. Zaporizhzhia si trova in una delle regioni in cui Mosca ha tenuto i referendum fasulli di annessione e la centrale che riforniva circa un quinto dell’Ucraina è sotto attacco continuo ed è uno dei tasselli più importanti della strategia russa che persegue l’obiettivo di rendere invivibile l’inverno ucraino, offrendo la soluzione: se Kyiv vorrà l’elettricità, potrà sempre chiederla a Mosca, anzi potrà comprare da Mosca l’elettricità che in realtà le appartiene. E’ un piano a lungo termine, perché collegare le nuove linee di trasmissione non è semplice né immediato, ma è in quella parte dell’Ucraina che è più complessa da rifornire attraverso la rete europea. 

 

Dopo i bombardamenti contro le infrastrutture civili del mese di ottobre, Kyiv ha iniziato a importare elettricità dalla Slovacchia. Soltanto quattro mesi fa, l’Ucraina continuava invece a esportare elettricità sia verso la stessa Slovacchia, sia verso la Romania. Per tutto il 2021, le esportazioni dall’Ucraina sono andate anche in Moldavia e Ungheria. Da un mese, la situazione si è capovolta  e l’Ucraina è diventata per la prima volta un importatore netto di energia e fino a quando la rete elettrica non sarà ricostituita, Kyiv continuerà a dipendere dal mercato elettrico europeo: potrà farlo grazie al fatto che da marzo le reti di trasmissione sono state sincronizzate. 

 

Con gli attacchi contro l’Ucraina, la Russia ha cercato anche di destabilizzare la Moldavia, che poi è riuscita a rivolgersi alla Romania per l’elettricità. Resta però fortemente dipendente da Mosca per il gas. La russa Gazprom non sta onorando i suoi impegni, ha addotto problemi legati al danneggiamento delle strutture che passano sul territorio ucraino e sta mandando meno gas di quanto pattuito, il gas fluisce attraverso la regione separatista della Transnistria, che sta riscontrando comunque problemi e ha parlato di “crisi umanitaria”. 

 

Mosca non riesce ad andare avanti militarmente in Ucraina, ieri Kyiv ha continuato ad avanzare nel Donbas, mentre nella regione di Kherson, che per Mosca vuol dire molto sia dal punto di vista strategico sia simbolico, i cittadini sono stati evacuati dalla Russia e, secondo fonti non verificate, è stato imposto un coprifuoco di 24 ore: il Cremlino si prepara alla controffensiva ucraina. Quello che non può ottenere sul campo di battaglia, cerca di ottenerlo con altri mezzi e adesso punta sull’energia: crea la crisi e partecipa alla soluzione. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)