Parigi ha un problema con il crack
Sgomberi, spaccio, progetti e la paura di un altro tentativo a vuoto. C'è una collina della capitale francese molto tormentata, che per il governo è diventata una sfida
Alle sette del mattino, a Square Forceval, uno spiazzo vicino a Porte de la Villette al confine nord est di Parigi, circa 150 consumatori di crack accampati lì da settembre 2021 vengono svegliati dalla polizia, controllati uno per uno e, in caso di via libera, costretti a raccogliere le proprie cose e sgomberare la zona. Zaino in spalla, si apprestano a partire senza sapere dove andare: qualcuno si avvia sconsolato verso Place Stalingrad, storicamente luogo di ritrovo per i tossicodipendenti della capitale francese, altri verso il tratto della Senna più vicino. Mentre le camionette del municipio ripuliscono quel luogo pieno di tende vuote, molti di loro lamentano un trattamento immeritato. Laurent Nuñez è stato nominato a luglio prefetto della polizia di Parigi con l’obiettivo principale di porre fine al problema del crack entro la fine del 2023, e quella del 5 ottobre scorso è una scena vista più volte negli ultimi due anni in diverse parti della capitale francese. L’accampamento a Square Forceval era cominciato con il trasferimento in massa degli occupanti da Rue Riquet a bordo di autobus e sin dall'inizio è stato segnato da tensioni. Soprattutto a causa della costruzione da parte delle autorità parigine di una parete – rinominata dai suoi detrattori “il muro della vergogna" – che doveva impedire l’accesso al tunnel che collega Porte de la Villette a Aubervilliers ed evitare la dispersione dei consumatori nelle banlieue. La costruzione di questo muro ha provocato petizioni e manifestazioni dei residenti che erano abituati a usare quotidianamente la galleria per spostarsi dentro le mura e che hanno visto i propri spazi improvvisamente chiudere.
Square Forceval, nonostante sia situata allo svincolo della tangenziale, prima del settembre 2021 era un piazzale abbastanza frequentato dalle famiglie della zona e da quelle delle vicine, dove i parchi scarseggiano. Eppure dopo quel momento tutto è cambiato: ogni giorno, da metà mattinata iniziava la giornata dello spaccio, con annesse risse e schiamazzi. Le poche attività aperte nell’area hanno iniziato a essere sempre meno frequentate e alle telecamere è diventato sempre più difficile avvicinarsi. Un rapporto della Federation addiction ha evidenziato episodi di violenza all’ordine del giorno tra i frequentatori del campo, soprattutto le donne, in alcuni casi vittime di stupri nelle tende. Tutto questo fin quando la pazienza del quartiere si è esaurita all'inizio dello scorso novembre a causa di un'aggressione nei confronti di un anziano di 92 anni, finito in ospedale dopo essere stato derubato e picchiato da un tossicodipendente. Così, lo scorso 24 settembre, circa 500 manifestanti hanno risposto sfilando per le strade di Pantin e Aubervilliers contro il lassismo delle autorità. La risposta del governo è stata quella di passare alle maniere forti; eppure, se da una parte l’evacuazione è stata accolta con sollievo dai residenti, dall’altra ha lasciato scetticismo: “Curate loro, proteggete noi”, questo è lo slogan ripetuto da anni dalle associazioni e condiviso dal Comune, nell’idea che le operazioni di polizia non bastino e che sia invece necessario insistere sull’aiuto medico-sociale ai tossicodipendenti.
Il governo invece ha sempre considerato il consumo di crack più come una questione di sicurezza interna ed è intervenuto soprattutto con arresti, espulsioni e sequestri: dal 5 ottobre sono state interrogate 303 persone, 116 sono state messe in custodia cautelare e 53 sono state trattenute nei centri di detenzione amministrativa in vista di rimpatrio. Uno dei prossimi obiettivi è fissato per questo autunno, quando il ministro dell’Interno Gérald Darmanin farà tappa in Senegal – dove oggi ha origine la catena parigina del crack – per delineare insieme alle autorità locali un piano di operazioni nel paese africano. La storia dello spaccio e il consumo di crack negli spazi pubblici a Parigi va avanti da più di trent'anni: dalla fine degli anni Ottanta con l’avvio di un commercio nel nord-est della città gestito da francesi originari delle Antille, fino all'intensificarsi del problema nei primi anni Duemila, quando l’apertura di diversi cantieri a Seine Saint-Denis ha offerto a consumatori e spacciatori l’occasione di riunirsi a Porte de la Chapelle, al confine nord del perimetro urbano, su un terreno in leggera pendenza soprannominato “la collina del crack”. In principio era solo un immenso mercato per la compravendita, poi è cominciata una vera occupazione da parte dei tossicodipendenti, legata alla necessità di avere sempre una dose a disposizione.
Nel 2019, con l’evacuazione di diversi campi migranti della città, la collina è diventata anche luogo di rifugio per molte persone senza permesso di soggiorno estranee fino ad allora al crack. Nello stesso anno è arrivato lo sgombero definitivo da Porte de La Chapelle. E' a questo punto che per i consumatori è iniziata una serie di traslochi ordinati dal Comune, tutti nel nord-est della capitale e tutti marcati dalle proteste dei residenti, arrabbiati per le scelte delle istituzioni e preoccupati per la sicurezza del proprio quartiere. Prima a Place Stalingrad, poi ai giardini d’Eolo, di lì a poco alla vicina Rue Riquet e infine a Square Forceval. Oggi, secondo la Corte dei conti, i consumatori di crack a cielo aperto nella capitale parigina sono ancora tra i 700 e gli 800, e nel 18esimo arrondissement, non lontano da Porte de la Villette, le strutture d’accoglienza sono otto, ma nessuna di queste è aperta di notte - quando la situazione si fa più delicata, Ciò significa che i posti a disposizione non sono ancora abbastanza: il piano triennale da 25 milioni di euro finanziato dallo stato e adottato nel 2019, pur avendo creato 440 nuovi alloggi ha avuto effetti limitati sulla tranquillità pubblica delle aree interessate. Il timore di diversi attori coinvolti nelle discussioni è che, se le istituzioni non troveranno una strategia comune nell’immediato e non tratteranno il consumo di crack innanzitutto dal punto di vista medico-sociale, la risoluzione definitiva del problema nel 2023 resterà una chimera.