ancora fake news

Così le bugie elettorali dei trumpiani passano inosservate su Twitter e Facebook

Luciana Grosso

Il Washington Post scrive che i social media sono il luogo migliore per la disinformazione elettorale. Continua a esistere l'incapacità degli stati nazionali di imporre regole severe e di cooperare tra le piattaforme. E ora i risultati si vedono sulle midterm 

“Io ho già votato per Trump, cioè… per il tizio dei repubblicani di cui adesso non ricordo il nome… Ma lo so che non servirà a niente. Perché i democratici rubano: hanno già rubato nel 2020 e lo faranno anche adesso. Ma ho votato perchè almeno voglio renderglielo più difficile. Voglio poter dire di averci provato, a fermarli”, ci ha detto, qualche giorno fa, un tassista in Wisconsin. Pochi giorni dopo, la stessa conversazione, dal lato opposto, si è ripetuta su un altro taxi in un altro stato, a New York: “A me la governatrice dem non piace. Ma la voterò lo stesso. Non servirà a niente perché Trump ha deciso che vuole distruggere l’America e non c’è niente che possiamo fare per impedirglielo. Ma voterò lo stesso, perché almeno voglio renderglielo difficile. Voglio poter dire di averci provato, a fermarlo”. Eccola qui, l’America che vota oggi: un’America che ci prova, anche se non ci crede. 

 

Perchè dopo sei anni di trumpismo, alla politica gli americani credono sempre in meno: i repubblicani sono convinti che la democrazia sia già finita da un pezzo e che le elezioni siano solo la certificazione di imbrogli e ruberie (a meno che le elezioni non le vincano i trumpiani, ovvio); allo stesso tempo, i democratici pensano che non sia ancora finita, ma che presto lo sarà, è che tutto è destinato a soccombere sotto le bugie di Trump e dei suoi. 

 

E il luogo migliore per  queste bugie sono i social network. Che hanno ripreso a voltarsi dall’altra parte davanti alla disinformazione elettorale. “Per anni – scrive il Washington Post – Facebook e Twitter si sono impegnati a combattere le falsità che potrebbero confondere gli utenti sul sistema elettorale americano taggando post discutibili con informazioni accurate sul voto e rimuovendo la disinformazione che infrange le regole. Ma queste etichette sono state quasi del tutto  inesistenti in questo ciclo elettorale”.

 

Al momento, oggi, a un certo lassismo dei giganti dei social (Meta, TikTok, YouTube e Twitter) consapevoli del fatto che i contenuti fasulli e incendiari facciano calare traffico e utenti, si somma anche l’incapacità degli stati nazionali di imporre regole severe e l’incapacità  (o non volontà) di cooperare tra le piattaforme. Quest’ultimo punto fa sì che, anche se un contenuto viene oscurato, per esempio, su Youtube, nulla vieti che sia visibile su Facebook o viceversa. 

 

Infine, a rendere quasi indistruttibile il superpotere delle bugie sui social media, c’è il fenomeno delle camere dell’eco, la propensione umana a cercare conferma a quel che già si pensa, e a considerare disinformazione quel che non ci piace. “Se sei una persona che trascorre 10 ore al giorno a consumare contenuti QAnon in un gruppo Facebook, probabilmente non vedrai un widget di verifica dei fatti e improvvisamente deradicalizzerai”, conclude un articolo pubblicato su The Verge.

 

Pochi mesi fa il gruppo di monitoraggio sui media Free Press ha pubblicato un report dal titolo piuttosto chiaro: “Vuote promesse: viaggio all’interno dei deboli sforzi delle Big Tech per fermare violenza e bugie, i cui risultati sono stati piuttosto desolanti. “Le grandi compagnie di social network – ha detto al giornale di tecnologia Grid Nora Benavidez, autrice del rapporto – hanno trascurato praticamente del tutto la disinformazione elettorale e anche quando non lo hanno fatto, in maniera assai blanda, in realtà l'hanno trattata come se fosse un frutto stagionale, una cosa che riguarda solo le settimane a ridosso del voto. Ma non è così. La disinformazione elettorale c’è sempre, ogni giorno, tutto l’anno. Solo che nel periodo elettorale i suoi risultati sono evidenti”. 

 

E quindi, oggi (o nei prossimi giorni, tra un conteggio e l’altro) potrebbe essere tempo di trattare questi frutti della disinformazione con serietà. Frutti così avvelenati che, se i sondaggi saranno confermati, le elezioni potrebbero essere vinte dagli stessi che, già ora, mettono le mani avanti dicendo che il voto è truccato