Radio e radar abbandonanti a Tripoli
Sui migranti Bruxelles svela un fallimento: i salvataggi in Libia non funzionano
Mentre l'Ocean Viking va in Francia per sbarcare i migranti, la Commissione europea manda un nuovo richiamo all'Italia. E mette nero su bianco che il Centro di coordinamento di Tripoli su cui abbiamo investito molti soldi non è ancora operativo. Significa che la famigerata "zona sar libica" non esiste
Il “fallimento gravissimo e drammatico di tutti gli stati membri dell’Ue”, come l’ha definito l’ong Sos Medieterranée, è certificato dal periplo delle coste italiane a cui è stata costretta la nave umanitaria Ocean Viking, con 230 migranti a bordo già da 19 giorni. Il silenzio di Roma sull’assegnazione del porto sicuro ha spinto la nave a quello che è stato definito un “gesto estremo”, chiedendo un porto di sbarco alla Francia. A Marsiglia l’approdo è previsto non prima del 10 novembre. “Scenderanno tutti” i migranti, senza selezioni, fa sapere il ministero dell’Interno francese.
Mentre da Bruxelles arriva un nuovo richiamo all’Italia – siamo al quarto in appena due settimane di vita per il governo Meloni, un record – sulle responsabilità del nostro paese nella gestione dei migranti “offrendo un accesso effettivo alle procedure d’asilo”, è un’altra la notizia passata in sordina e che arriva sempre dalle istituzioni europee. Il Servizio di azione esterna della Commissione fa sapere per la prima volta, nero su bianco, che il Centro di coordinamento dei salvataggi marittimi di Tripoli (Mrcc) “non è ancora operativo”. E’ una notizia perché il nostro paese, con i soldi dell’Europa, ha investito molti milioni di euro fino a oggi per fare sì che la Libia si dotasse degli strumenti necessari a intercettare e riportare nei propri porti i barconi dei migranti. E sulle sorti dell’Mrcc di Tripoli non era mai stata fatta luce dalle autorità italiane.
Lo ha fatto la Commissione oggi, con una comunicazione scritta indirizzata all’eurodeputata tedesca Özlem Demirel. Il fatto che Tripoli non sia ancora dotata di un Mrcc significa che la Libia non è dotata degli strumenti logistici per coordinare salvataggi in mare. Non solo, ma viene meno anche un elemento essenziale che renda il paese in linea con quanto imposto dalla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (Solas). L’esistenza stessa di una “zona sar libica” sarebbe oggi messa a repentaglio. L’ammissione della Commissione “è la pietra tombale sui respingimenti”, commenta al Foglio Gianfranco Schiavone, dell’Associazione studi giuridici sull’Immigrazione e per l’Italia e l’Europa è un problema notevole.
La prassi che si è andata consolidata in questi anni voleva che l’agenzia Frontex – quella che si occupa della sicurezza dei confini esterni dell’Ue – comunicasse alle autorità di Tripoli la presenza di barconi, che poi venivano intercettati e riportati indietro dalle motovedette libiche. L’Italia ha investito più di tutti nella costruzione dell’Mrcc in Libia. La missione Sibmmil (Support to Integrated border and migration management in Libya) è interamente a gestione italiana ma è finanziata con i soldi del Trust Fund for Africa dell’Ue. Dei 27,2 milioni di euro spesi in strutture e progetti per aiutare Tripoli nell’intercettazione dei migranti, una parte era diretta proprio alla creazione del Centro di coordinamento. Due ditte italiane – la Gem Elettronica srl (in cui Leonardo detiene una quota del 30 per cento) e la Elman srl – hanno già fornito sensori e attrezzature radar trasportati al porto di Abu Sitta, a Tripoli, dalla nave della nostra Marina militare San Giorgio a dicembre dello scorso anno. Solo che i container con le attrezzature inviate dall’Italia sono rimasti in un magazzino e il materiale è ancora oggi inutilizzato. Secondo fonti locali sentite dalla testata Irpi Media, le operazioni di salvataggio nel frattempo sarebbero coordinate da un semplice appartamento al centro di Tripoli, vicino a piazza dei Martiri, dove si trovano decine di computer e radio fornite dall’Italia. Doveva essere una soluzione ponte, ma ormai si protrae da quasi un anno. E oggi l’Ue ha confermato che gli sforzi profusi finora per fare finta che la Libia fosse un porto sicuro sono stati vani.
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