America e Russia tornano a parlare di trattati sulle armi nucleari

Micol Flammini

I canali sono aperti e gli Stati Uniti non ha mai smesso di avere contatti con il Cremlino su negoziati e pace. La diplomazia, anche se non è sbandierata, lavora

Il giornale russo Kommersant ha scritto che Mosca e Washington sono in trattativa per riprendere i negoziati sulla riduzione delle armi nucleari nell’ambito del trattato New Start, che fu firmato da Barack Obama e Dmitri Medvedev nel 2010. I colloqui potrebbero svolgersi in un paese mediorientale e potrebbero tenere in vita uno degli ultimi accordi siglati dopo la fine della Guerra fredda e che sembrava essere ormai finito dopo che lo scorso agosto, quando  Mosca aveva sospeso le ispezioni degli arsenali da parte degli Stati Uniti. Il segnale era stato pessimo, anche perché il presidente americano, Joe Biden, aveva appena chiesto a Russia e Cina di dimostrare il loro impegno a limitare le armi nucleari.

 

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva detto che le sanzioni, le restrizioni sui visti, le limitazioni ai voli che erano state imposte dall’inizio della guerra in Ucraina rendevano difficile per Mosca effettuare ispezioni sul suolo americano, di conseguenza, l’accordo poteva considerarsi sospeso. Il New Start limita il numero di testate nucleari dispiegabili, ma senza ispezioni è difficile per i paesi stabilire cosa sta combinando la controparte. I colloqui a distanza però sono andati avanti comunque, soprattutto mentre Mosca continuava a minacciare di poter utilizzare armi tattiche nucleari e il presidente russo, Vladimir Putin, aveva anche calcato sul fatto che l’intimidazione non fosse “bluff”. Le minacce fanno parte della guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, e Washington non ha mai sminuito i rischi, le ha prese sul serio, e ha cercato di trattare con Mosca di conseguenza. La notizia del Kommersant arriva anche in un momento in cui Mosca ha diminuito i suoi avvertimenti  sul nucleare. 

 

Gli Stati Uniti sono stati spesso accusati di non essere interessati all’attività diplomatica, di essere pronti a mettere Putin con le spalle al muro per continuare la guerra, senza ponderare le conseguenze. Tra chi agita la parola “pacifismo”, è consueto dire che la diplomazia è gestita da chi non vuole la pace. Questa settimana sono arrivate tre notizie che contraddicono l’affermazione e invece raccontano di un’America che non ha mai tagliato le comunicazioni con Mosca e non ha mai smesso di farsi vedere disposta a dialogare. Il possibile ripristino dei colloqui sul New Start è parte di questo racconto. Washington ha anche un uomo di riferimento per i suoi contatti con la Russia, è il segretario per la sicurezza nazionale Jake Sullivan che ha ammesso che i contatti con Mosca non si sono mai interrotti e le due parti si parlano regolarmente. La Casa Bianca ha anche chiesto a Kyiv di non mostrarsi chiusa nei confronti dei colloqui e dei negoziati, capisce quanto sia importante lasciare uno spiraglio e sa anche farlo in modo tale che lo spiraglio non sia sinonimo di resa. 

 

Joko Widodo, il presidente dell’Indonesia, ha detto che al vertice del G20 a Bali ci saranno sia Putin sia il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non sono arrivate conferme e che il leader ucraino lasci il suo paese in guerra è poco probabile, ma le notizie diplomatiche di questa settimana smentiscono l’idea che l’America abbia eliminato ogni possibilità di colloquio con Mosca. Gli Stati Uniti sanno quanto  parlare  di linee di conversazione aperte sia importante, e sanno anche che le attività diplomatiche non vanno sempre sbandierate.  Sullivan e i suoi collaboratori ora  ci hanno tenuto a comunicare  che americani e russi non hanno mai smesso di parlarsi, ma ripete instancabilmente anche quello che è il motto dell’Amministrazione americana: “Nothing about Ukraine without Ukraine”. Niente sull’Ucraina senza l’Ucraina. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)