scenari futuri
Il trumpismo è scarico. Un'altra destra è possibile? Forse sì
Negli Stati Uniti emergono le alternative a Trump, sostanzialmente sconfitto alle elezioni di midterm, e gli emuli si riposizionano: in Brasile Bolsonaro ha perso e in Europa anche il governo italiano a guida Meloni sembra voler prendere le distanze dall'ex presidente americano
Make anti trumpism great again. Ci sarà tempo per studiare nel dettaglio i risultati finali delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Ma in attesa di conoscere i dati definitivi della tornata elettorale è possibile concentrarsi su un tema interessante e incoraggiante del midterm americano. E quel tema ha a che fare con una questione che ci riguarda da vicino: la notizia del ritorno travolgente del trumpismo è stata ampiamente esagerata. Nel momento in cui questo giornale va in stampa, su trentanove candidati sostenuti da Trump i vincitori risultano essere dieci, i perdenti sono nove, i candidati in bilico venti e come ha ammesso a malincuore ieri pomeriggio Sarah Matthews, che tra il 2020 e il 2021 è stata deputy press secretary alla Casa Bianca con Donald Trump, il risultato delle elezioni “è stato il più grande indicatore del fatto che Trump non dovrebbe essere il candidato repubblicano nel 2024” e la presenza in campo di Trump “è costata ai repubblicani in termini di seggi vincenti e ha aumentato la presenza di candidati di scarsa qualità”.
Il trumpismo, dunque, nonostante l’inflazione galoppante, nonostante la guerra in Ucraina, nonostante la presenza di un presidente impopolare, esce molto ammaccato dalle elezioni di midterm al punto che l’unico repubblicano in grado di cantare vittoria è proprio quel Ron DeSantis, il governatore della Florida riconfermato a pieni voti nel suo stato, che potrebbe sfidare Trump alle prossime primarie del Gop (uno dei giornali americani più affezionati al trumpismo, il New York Post, ieri ha dedicato tutta la sua prima pagina a DeSantis e ha inserito questo titolo sopra la foto della famiglia del governatore della Florida: DeFUTURE). Dunque, alle midterm, il trumpismo non sfonda. Il possibile avversario del trumpismo, in America, canta vittoria e l’impressione che il trumpismo cominci a essere considerato tossico non solo dai paesi che lo hanno ospitato ma anche dai partiti che hanno provato a esportarlo è forse qualcosa in più di una semplice suggestione.
In Brasile, il trumpismo modello Bolsonaro, seppure di un soffio, è stato sconfitto. In Inghilterra, il conservatorismo di destra, seppure zoppicante, considera il modello trumpiano un asset contro cui combattere. In Francia, il trumpismo modello Le Pen non ha fatto breccia. In Europa, in attesa di studiare le mosse dell’Italia, il modello Trump resta isolato, e a parte Orbán non esiste nella Ue un solo capo di governo di destra che sulla necessità di difendere l’Ucraina abbia gli stessi dubbi che ha Trump. E anche nel nostro paese la destra per così dire trumpiana, la destra modello Meloni e la destra modello Salvini, offre spesso l’impressione di vergognarsi di se stessa, di voler cambiare pelle e di voler trovare un modo per fare del trumpismo un ricordo del passato. Marcello Pera, ex presidente del Senato, attuale senatore di Fratelli d’Italia, giorni fa ha offerto questo spunto a chi scrive: “Ispirarsi a Trump per difendere le libertà significa voler cadere in un equivoco pericoloso. Significa voler difendere la libertà di essere anche a destra dei pericolosi illiberali”. Più Europa, meno Trump. Il futuro della destra italiana in fondo passa anche da qui.