Foto LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

l'analisi

L'errore di Palazzo Chigi sui migranti che ha scatenato la reazione della Francia

Jean Pierre Darnis

L'accordo tra Meloni e Macron travolto da dichiarazioni che hanno politicizzato una questione che si sarebbe dovuta trattare con grande delicatezza e discrezione. Il peso della politica interna francese e le sottovalutazioni del governo italiano 

Con l’accoglienza della nave Ocean Viking nel porto di Tolone, si sarebbe dovuta chiudere una questione che suscitava scalpore dalla scorsa settimana. Mentre nel 2018 il rifiuto italiano di aprire i porti alle navi di soccorso delle ong, come l’Aquarius, aveva subito suscitato una forte tensione fra Roma e Parigi, facendo di fatto iniziare un lungo periodo di crisi, questa volta si rileva una sorta di compromesso che sarebbe stato negoziato direttamente fra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni a margine del vertice di Sharm El Sheik, segno anche di una capacità di dialogo diretto. Tutto bene quindi? Non esattamente, perché dietro questa novità che avrebbe potuto segnare un nuovo corso per le relazioni fra Italia e Francia, si nascondono una serie notevoli di complicazioni.

Con l’accoglienza in Francia della nave battente bandiera norvegese che lavora per l’ong francese Sos Méditerannée, si era probabilmente pensato a una forma di compromesso. Mentre l’Italia aveva fatto finalmente sbarcare i profughi da varie navi, contraddicendo l'iniziale fermezza, il gesto della Francia poteva significare un riconoscimento, perlomeno parziale, delle ragioni italiane e una forma di solidarietà manifesta, volta anche a evitare il ripetersi degli scontri del 2018.

Il gesto serviva a gestire la pressione europea, ma anche l’allarme lanciato dai medici sulle condizioni critiche di alcuni passeggeri, un fattore imprescindibile per qualsiasi governo. Però poi le ragioni della politica interna hanno notevolmente complicato la faccenda.

La nota di palazzo Chigi che esprimeva l’apprezzamento per una decisione francese ha creato scompiglio, mentre Parigi taceva. Nel contesto italiano, quella nota permetteva al neo-presidente del Consiglio di affermare la sua capacità di gestire la faccenda e di difendere i propri interessi di fronte alla Francia, un’operazione destinata anche a calmierare la parte più intransigente e nazionalista della maggioranza, tradizionalmente anti-francese.

Ma nel contesto francese questa comunicazione un po’ affrettata si è rivelata un boomerang, perché ha politicizzato una questione che si sarebbe dovuta trattare con grande delicatezza e discrezione. Da un lato, la parte più a sinistra dello spettro politico francese si dichiarava favorevole all’accoglienza, non senza criticare l'eventuale compromesso con un governo italiano che viene presentato come espressione dell’estrema destra. Dall'altro, la destra nazionalista francese, quella dei vari Zemmour e Le Pen, una volta confermata l’accoglienza si è scagliata contro il lassismo di una politica che ha manifestato cedimento di fronte all’Italia.

È ovvio che in Francia, come in Italia, la questione delle migrazioni riveste una portata simbolica molto forte, suscitando dibattito e mobilitazioni. Le dichiarazioni dei nazionalisti francesi contro l'Italia dimostrano così quanto sia impossibile per natura una solidarietà fra chi mette avanti concetti strettamente sovranisti, alla faccia delle pseudo alleanze fra populisti in Europa.

Il ministro dell'Interno francese, quel Gerard Darmanin che ha sempre rappresentato l’ala destra della squadra di Macron, ha rilasciato una dichiarazione nella quale da un lato conferma l’accoglienza della nave a Tolone ma d’altro fustiga l’Italia per non aver rispettato le regole europee, evocando anche una revisione dei rapporti bilaterali con la messa in discussione dell’accordo volontario che prevedeva che la Francia accogliesse 3.500 profughi provenienti dall’Italia. È chiaro che questa reazione del ministro francese viene dettata da motivi di politica interna: il governo francese non può apparire né come complice di una pratica scorretta nei confronti dei migranti né come succube del nuovo governo italiano, spesso bollato come “neo fascista” all’estero.

Bisognerà adesso capire fino a che punto questo episodio può creare un’ulteriore spirale negativa rilanciando lo scontro fra Roma e Parigi. Paradossale è che questo avvenga mentre era stato raggiunto un compromesso tra i due paesi, che lasciava intravvedere potenziali scenari di convergenza in parte già espressi durante l’incontro avvenuto a Roma fra Giorgia Meloni e Emmanuel Macron. Certamente la presidenza del Consiglio italiano non ha valutato bene la portata interna della questione in Francia, lasciandosi andare a una comunicazione che è risultata poi nociva. Bisognerà poi capire se si tratta di un errore da novizi appena insediati a palazzo Chigi o se è invece una tendenza strutturale che porta l'Italia a gestire con troppa enfasi il rapporto con Parigi, rilanciando una spirale di crisi bilaterale dannosa nel contesto europeo attuale.

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