Foto di Burhan Ozbilici, via LaPresse 

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La strategia elettorale di Erdogan si ritorce contro la Svezia

Mariano Giustino

Stoccolma è ostaggio di Ankara per entrare nella Nato: il leader turco vuole giocare la carta dell'estradizione dei curdi per strizzare l'occhio alla Russia in occasione delle presidenziali del giugno 2023

Ankara. La strada per l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato diventa sempre più tortuosa e lunga. Non è bastato nemmeno il terzo incontro di alto livello tra Ankara e Stoccolma, che si è svolto martedì 8 novembre, per sciogliere le resistenze del governo turco che continua a chiedere per il via libera nell’Alleanza atlantica l’estradizione di presunti terroristi. Neppure il nuovo primo ministro svedese Ulf Kristersson non è riuscito a ottenere dai colloqui con il presidente turco Erdogğan le garanzie richieste per la ratifica dell’adesione della Svezia.

 

Nella conferenza stampa congiunta con Kristersson, il leader turco ha chiarito che, a meno che la Svezia non avesse rispettato i suoi impegni riguardanti i problemi di sicurezza della Turchia come concordato nel memorandum trilaterale, il Parlamento non avrebbe ratificato alcunché. Turchia e Ungheria sono gli unici paesi che non hanno ancora ratificato le richieste di ingresso. Nel memorandum d’intesa firmato a fine giugno i due paesi nordici si erano impegnati a fornire pieno sostegno alla Turchia contro tutte le minacce alla sua sicurezza nazionale, a porre fine a ogni tipo di supporto a qualsiasi gruppo che Ankara considera terroristico. In quest’ultimo incontro con il primo ministro svedese, il presidente turco ha solo espresso soddisfazione per la fine dell’embargo parziale sul trasferimento di tecnologia militare ad Ankara imposto nel 2019. Kristersson ha assicurato che il Parlamento svedese approverà il 16 novembre un emendamento costituzionale per riformare la legge antiterrorismo in senso più securitario.

 

La nuova legge, che entrerebbe in vigore il 1° gennaio 2023, faciliterebbe il perseguimento di persone ricercate dalla magistratura turca per terrorismo. Ma Ankara “vuole che si facciano passi concreti” in materia di estradizione. Mentre per quanto riguarda la Finlandia vi è già un sostanziale via libera, alla Svezia Erdoğan chiede molto di più: la restituzione di circa 70 presunti membri di gruppi eversivi: il leader turco definisce questo paese un “nido del terrorismo”. Alla vigilia di cruciali elezioni presidenziali dall’esito non scontato, Erdogan deve assecondare le richieste del suo prezioso alleato ultranazionalista Mhp che vuole un inasprimento della politica anticurda e le pressanti spinte dei circoli anti Nato che ruotano attorno alla sua amministrazione e dunque si vede costretto ad alzare la posta e a presentare una lunga lista di persone di cui si chiede l’estradizione.

 

Tra questi vi è il giornalista Bülent Keneş, membro dell’organizzazione gülenista. Keneş dirigeva un giornale in lingua inglese pro Gülen prima di fuggire in Svezia pochi giorni dopo il fallito golpe. “Riportare questo terrorista in Turchia è molto importante per noi”, aveva detto Erdogan. Ora la Svezia si trova di fronte a un grave dilemma, causato dallo scontro con un’autocrazia. Si sente obbligata a rispettare alla lettera il memorandum d’intesa, ma nello stesso tempo si è impegnata a verificare le richieste di estradizione avanzate dalla Turchia, di presunti terroristi, tenendo conto dei rapporti dell’intelligence forniti da Ankara, rischiando di mettere a rischio l’indipendenza della magistratura che si basa sulle leggi del proprio paese e della Convenzione europea sull’estradizione e non deve decidere in base a convenienze politiche.

 

Ankara con ogni probabilità darà ancora problemi alla Nato proprio perché il leader turco è alla vigilia delle presidenziali e forse pensa che sia più conveniente andare verso le elezioni conservando la carta curda e tenendo sospesa l’adesione di Svezia e Finlandia, per apparire davanti ai suoi elettori come colui che fa rispettare le esigenze di sicurezza del paese  e può riproporre la narrazione che “la Turchia ha alla presidenza un eroe che sfida il mondo”. Questa strategia ha anche la funzione di strizzare l’occhio al Cremlino che molto può fare per la rielezione del leader turco nelle presidenziali di giugno 2023.

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