Cinismo da sballo
Murdoch certifica il declino del trumpismo
Il New York Post dell'editore festeggia la sconfitta del tycoon con una filastrocca su Humpty Dumpty che cade dal muro, mentre DeSantis - nome di battaglia dei murdochiani: DeFuture - lo scala. Anche il sostenitore più fedele a un certo punto tradisce
Non avevamo previsto che il populismo aggressivo e balordo potesse consumarsi e corrodersi nella farsa la più ilare e scollacciata, sebbene sul ritorno di Trump non scommettessimo una cicca spenta. Oddio, nel nostro piccolo, il Papeete fu un fumetto o una filastrocca mica male, e il postPapeete a colpi di Meloni, se non ci mettano una pezza in fretta, promette altrettanto bene. Ma ora è il momento di Humpty Dumpty, che vanta ascendenze favolistiche e satiriche, dal Seicento di Charles Perrault (inventore della “Bella Addormentata”) all’Ottocento di Lewis Carroll (inventore di “Alice nel paese delle meraviglie”). Appena The Donald, il fumetto cattivo al quale sono appese le speranze di tanti marrazzoni che parlano russo e anche francese e italiano, ha preso una brutta botta elettorale, ed è la terza o la quarta da quando perse la presidenza nel tumulto, ecco che il suo editore di riferimento, uno che a buon titolo lo considera un “fucking idiot” ma nel 2016 se ne fece compagno di merende (ah, che bella la nostra lingua), lo molla.
Rupert Murdoch e il figlio Lachlan non perdonano. Il cinismo avido e opportunista dei tycoon, in particolare dell’editoria come racconta Orson Welles nelle vesti di Randolph Hearst, il film più interessante della storia del cinema, dice molto su dove va la storia del potere, non solo del “Quarto potere”.
Humpty Dumpty sat on a wall
Humpty Dumpty had a great fall
all the king’s horses and all the king’s men
Couldn’t put Humpty together again.
Humpty Dumpty sul muro sedeva.
Humpty Dumpty dal muro cadeva.
Tutti i cavalli e i soldati del Re,
non riusciranno a rimetterlo in pie’.
Questa filastrocca sull’uomo caduto dal muro è il festeggiamento dedicato dal New York Post di Murdoch alla sconfitta di Trump (parziale ma brutale) e alla vittoria (campale) del suo probabile rivale Ron DeSantis, che The Donald chiama spiritosamente DeSanctimonious e i murdochiani chiamano santimoniosamente DeFuture (si può essere delinquenti e spiritosi? Sì). La morale della favola è che nessuno è fedele, tantomeno un editore serio, a un perdente, e che liberarsi dell’aspetto più odioso, aggressivo, scombiccherato e fellone del populismo alla fine è un obiettivo su cui convergono tutti i poteri e gli uomini che contano nelle grandi storie di palazzo. Se tenete conto anche del commento al vetriolo del Wall Street Journal murdochiano e della murdochiana Fox, sulla stessa linea o quasi del New York Post, capirete che la frittata di The Papeete è quasi fatta.
Morale della morale anche per noi piccini: ponti d’oro a chi rivolta i suoi obici contro la trincea in cui fino a un minuto prima era rinserrato. Ovvero, Moratti come Murdoch. Tradire è un’attività politica, un’attitudine del mestiere, una ordinaria flessione degli interessi, e i beneficiari potenziali delle Caporetto altrui devono saperne tenere conto. Il parallelo New York-Milano non è perfetto perché il vecchio tycoon passa con un’alternativa conservatrice a Biden, non direttamente al nemico. Ma la sostanza è la stessa. Se la coalizione dominante in Lombardia cade dal muro, e il sasso che avvia la frana ti arriva nelle mani, non ha senso moralisticamente usarlo a contrafforte della sicurezza stradale, devi esserne contento e usarlo fino in fondo senza inutili moralismi, come Biden farà con il traditore di Trump in nome della vecchia filastrocca di Tombolo Dondolo, traduzione italiana del personaggio che cade dal muro e non ci si può fare niente (in questo caso è venuto giù l’Attilio).