E' difficile fidarsi di Xi Jinping
La “diplomazia dei sorrisi” dopo il vertice Cina-America. Ma è davvero un segnale positivo? Un girotondo
L’incontro di Biden con Xi rappresenta uno sforzo per fermare il declino delle relazioni sino-americane, ma non è riuscito ad affrontare nessuna delle questioni fondamentali che hanno afflitto questa relazione negli ultimi anni. Pertanto, sarebbe irrealistico aspettarsi il ritorno di una dinamica positiva. Invece, la narrazione della competizione strategica sino-americana – al limite di un’altra “Guerra fredda” – ha già preso piede nella testa dei responsabili politici sia a Washington sia a Pechino, e questa narrativa persisterà e si intensificherà. Le visioni alternative delle relazioni sino-americane saranno semplicemente scartate o stigmatizzate come ingenue. In questo contesto, è ovviamente del tutto irrealistico aspettarsi che Xi Jinping prenda le parti dell’occidente nella guerra Russo-Ucraina, ma non dobbiamo nemmeno aspettarci che sostenga la Russia fino in fondo. Xi continuerà invece a muoversi con cautela, curando gli interessi della Cina e approfittando nel frattempo del relativo indebolimento della Russia, della sua crescente dipendenza dalla Cina e della preoccupazione dell’occidente per le disavventure di Putin.
Sergey Radchenko
storico, Wilson E. Schmidt Distinguished Professor alla Johns Hopkins School of Advanced International Studies
Non è realistico aspettarsi cambiamenti fondamentali nella politica estera cinese. La visione di Xi Jinping sul futuro della Cina e sul suo ruolo nel mondo è diventata sempre più chiara e lui stesso non incontra ostacoli in patria nel portare avanti la sua agenda. Quando necessario, Xi può apportare aggiustamenti tattici alle sue politiche e, in questo momento, può cercare di allentare la pressione sulla Cina da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Non prevedo alcuna possibilità che Xi si schieri con l’occidente contro Putin. Per Xi, la Russia rimane un partner importante per indebolire l’influenza globale degli Stati Uniti e rivedere l’ordine internazionale.
Bonnie S. Glaser
direttrice del Programma Asia del German Marshall Fund americano
La stretta di mano del G20 e il sorriso di Biden e Xi subito dopo la visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Pechino sembrano aver scatenato in Europa una nuova ondata di speranza che la Cina possa cambiare il suo attuale corso ed essere più disponibile nei confronti dell’aggressione russa in Ucraina e nella cooperazione economica in tempi di recessione economica globale. Questa idea è decisamente fuori luogo. Non è cambiato nulla. Per gli Stati Uniti, l’incontro tra Biden e Xi aveva lo scopo di porre un limite – molto basso – al deterioramento delle relazioni. Era incentrato sulla riduzione della probabilità di escalation militare tra le due parti, non sul miglioramento dei legami economici. La speranza che qualcosa sia cambiato riguardo alla posizione della Cina nei confronti della Russia è un puro wishful thinking da parte degli europei, che sono alla disperata ricerca di notizie positive e non vogliono credere che ciò che sembra così tanto nell’interesse economico della Cina potrebbe non essere la sua vera priorità politica. Xi Jinping rimane concentrato sulla politica Zero covid, strettamente allineato con Putin, determinato a conquistare Taiwan e non disposto a collaborare con l’Europa sull’azione per il clima. A un certo punto i leader europei dovranno adeguare le loro aspettative a questa realtà. Ciò consentirà una cooperazione limitata e transazionale, caso per caso, nell’ambito dell’intera relazione – non di più, ma neanche di meno.
Janka Oertel
direttrice del Programma Asia allo European Council on Foreign Relations
La Cina potrebbe essere entrata in un breve periodo di ricerca della distensione con il mondo, ma la traiettoria a lungo termine delle sue relazioni esterne non è cambiata, come non sono cambiati gli obiettivi fondamentali della Cina. Finché gli Stati Uniti rimarranno la principale minaccia alla sicurezza esterna della Cina, la convergenza di interessi tra Cina e Russia supererà i loro interessi divergenti. Quindi non ci si può aspettare che la Cina abbandoni la Russia.
Yun Sun
senior fellow e co-direttrice del Programma Asia orientale e direttrice del Programma Cina allo Stimson Center, Washington
Il vertice Biden-Xi non è finalizzato a una riconciliazione positiva o a una ricalibrazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ma è un primo tentativo di riprendere canali di comunicazione importanti come il colloquio militare Austin-Wei. Biden e Xi hanno obiettivi diversi per riprendere la comunicazioni. Per Biden, tracciare una chiara linea rossa, soprattutto sulle attività dell’Esercito popolare di liberazione intorno a Taiwan, al fine di prevenire eventuali conflitti militari imprevisti. Per Xi, la ripresa delle comunicazioni serve a guadagnare tempo prima che possa consolidare pienamente il potere in patria fino ai due congressi del prossimo marzo. La Russia diventa un’importante leva strategica della Cina contro gli Stati Uniti e l’Europa. Xi ha anche cercato di prosciugare gli utility residui della Russia, come l’Asia centrale, l’industria della Difesa, l’Energia, ecc. Pertanto, non ci aspettiamo che la Cina cambi la sua politica nei confronti della Russia. Il confronto strategico tra Stati Uniti e Cina continuerà a intensificarsi, soprattutto dopo il prossimo marzo, quando Xi potrebbe definire l’assetto del personale del governo.
Yujen Kuo
docente all’Istituto di studi sulla Cina e sull’Asia-Pacifico dell’Università nazionale Sun Yat-sen, Kaohsiung, Taiwan
Il vertice Biden-Xi potrebbe generare uno slancio per stabilizzare in qualche misura le relazioni tra Stati Uniti e Cina. Per esempio, hanno ripreso a dialogare in diversi ambiti politici (compresi quelli militari ed economici). Tuttavia, la competizione tra America e Cina non cambierà e sia i fattori strutturali a lungo termine sia la politica interna continueranno a gettare un’ombra sulle loro relazioni. Xi si opporrà a qualsiasi ulteriore escalation della guerra (come il potenziale uso di armi nucleari da parte di Putin) ed è incoraggiante che Pechino abbia apertamente dichiarato questa posizione. Tuttavia, aspettarsi che Xi fermi completamente la guerra di Putin potrebbe essere ancora poco realistico. Xi sembra essere sempre più frustrato dalla guerra di Putin. A differenza della Russia, la Cina ha ampiamente beneficiato di un ordine internazionale stabile e la guerra di Putin ha danneggiato gli interessi generali della Cina. Tuttavia, Pechino non abbandonerà Putin nel prossimo futuro. Insoddisfatte dall’egemonia statunitense o in generale occidentale, Cina e Russia hanno ancora diversi motivi per mantenere la cosiddetta “partnership strategica”. Ci aspettiamo di vedere sia la continuità sia i limiti della partnership sino-russa.
Xiaoyu Pu
politologo, professore associato di Scienze politiche all’Università del Nevada-Reno
Credo che ci sia stato uno sforzo da parte degli Stati Uniti e della Repubblica popolare cinese per far sembrare più positiva l’atmosfera dell’incontro Xi-Biden che ha preceduto il G20. Tuttavia, il contenuto dei comunicati suggerisce pochi cambiamenti fondamentali nelle relazioni tra Stati Uniti e Repubblica popolare cinese, solo che sia Washington che Pechino continuano a condividere l’incentivo a evitare un’escalation incontrollabile. L’apertura di canali di dialogo rappresenta in qualche modo un ritorno alla situazione precedente alla visita di Pelosi a Taiwan. Di conseguenza, credo sia prematuro aspettarsi che la Rpc sia dalla parte dell’Europa e della Nato per quanto riguarda Putin e l’aggressione russa all’Ucraina.
Ja Ian Chong
docente di Scienze politiche alla National University di Singapore
Dopo il G20, siamo entrati in una pausa: la struttura delle relazioni Usa-Cina non è cambiata affatto: siamo ancora in una nuova Guerra fredda, con una distensione di breve durata che permetterà alla Cina di guadagnare tempo e di concentrarsi sui suoi problemi economici interni. Non credo che la Cina si schiererà con noi per fermare Putin, contrariamente a quanto sperano Macron e altri: è una chimera. La Cina, come la Russia, è una potenza revisionista, insoddisfatta dell’attuale ordine mondiale: per la Cina, come per la Russia, gli Stati Uniti sono la principale minaccia esterna, da qui la sua feroce critica alla Nato e alle alleanze statunitensi nella regione dell’Indo-Pacifico. Questo non cambierà perché è un obiettivo strategico della Cina.
Jean-Pierre Cabestan
docente di Scienze politiche alla Hong Kong Baptist University e direttore di ricerca al Centre national de la recherche scientifique, Parigi
Dall’8 novembre in poi il sud-est asiatico è stato protagonista della scena internazionale, con l’East Asia Summit in Cambogia, poi il G20 in Indonesia e l’Apec in Thailandia. Cambogia, Indonesia, Thailandia sono stati palcoscenici per una serie di importanti meeting multilaterali e bilaterali, con la Cina rappresentata da Li Keqiang in Cambogia e da Xi Jinping al G20 e all’Apec. Perché le due più alte cariche del Partito comunista cinese si sono premurate di ingaggiare adesso un dialogo con le controparti occidentali e non, in una serie di summit che hanno riguardato non solo Joe Biden (con cui Xi ha avuto il primo vero faccia a faccia), ma anche la maggior parte dei leader del G7? Perché Xi Jinping è più a suo agio adesso che ha confermato la sua leadership quasi putiniana del paese, circondato da suoi fedelissimi e yes men. E perché a differenza della Russia, Xi deve comunque performare per confermare la sua leadership del Partito. La Cina deve crescere, e la sua economia in questo momento è in difficoltà: da un lato a causa degli effetti della pandemia, dall’altro per le misure prese da America e mondo occidentale soprattutto sui settori tecnologici ma anche sulle catene di approvvigionamento in settori strategici. E poi c’è la politica Zero Covid, a causa della quale la Cina è diventata anche il peggior nemico di sé stessa. La seconda economia del mondo deve crescere, e per farlo deve riallacciare rapporti con sbocchi importanti dell’export e con le principali fonti di capitale e tecnologia. Pechino sta cercando di resettare il suo rapporto travagliato con i paesi occidentali in primis, dopo una reazione causata dalla diplomazia dei wolf warrior e anche dalla incapacità della Cina di sapersi spiegare all’esterno, proprio perché è rimasta sempre più insulare a causa del Covid. E quindi è importante giocare di diplomazia. Che questo sia un effettivo cambio di marcia è tutto da vedere. Di certo in America c’è sicuramente la volontà di evitare un conflitto, e anche Biden è in questo momento un po’ più a suo agio dopo le elezioni di Midterm. Ci sono stati degli scambi per dettare alla controparte le proprie linee rosse ma allo stesso tempo per rassicurare la controparte del rispetto di alcune linee rosse – per esempio sulla politica su Taiwan e sulla volontà di non cambiare lo status quo. Che ci sia la volontà di ricominciare il dialogo militare per evitare che crisi discendano in una parabola discendente di tensioni bilaterali è già di per sé un fatto positivo. Detto questo, la competizione strategica resta in campo. Un altro segnale su questo arriva dalla visita della vicepresidente Kamala Harris nelle Filippine, incluso un summit con il presidente Marcos jr e una visita nei pressi delle isole Palawan, non lontano dalle isole Spratly, uno degli atolli militarizzati dalla Cina.
Giulio Pugliese
responsabile di ricerca all’Istituto Affari Internazionali, docente di Politica giapponese all’Università di Oxford e di studi Ue-Asia all’Istituto universitario europeo
(testo raccolto)
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