La Turchia tratta con i russi e Assad per stritolare i curdi. Dall'altra parte arriva l'Iran
Erdogan prepara una manovra a tenaglia. La preparazione dell’invasione procede anche in campo diplomatico: Ankara è impegnata in colloqui con Mosca, per evitare “spiacevoli incidenti”. Intanto in Iraq, un’operazione anticurda da parte di Teheran sembra ormai questione non di se, ma di quando
Una manovra a tenaglia rischia di schiacciare i combattenti curdi in Siria e Iraq. La Turchia di Erdogan, infatti, si prepara a una nuova offensiva di terra in Siria contro le Ypg, le Unità di protezione dei popoli inquadrate dalla coalizione anti Isis a guida americana nelle Sdf (Forze democratiche siriane). Obiettivi nel Kurdistan iracheno, invece, sono già stati presi di mira con raid missilistici e droni dalla Repubblica islamica d’Iran, preludio anche in questo caso di una probabile offensiva di terra.
Nella notte tra il 19 e il 20 novembre, la Turchia ha dato il via all’operazione “Spada ad artiglio” contro obiettivi delle Ypg sparsi tra Tal Rifaat, nord-ovest della Siria, l’estremo est della provincia di Al Hasakah e in alcune zone a nord dell’Iraq. Per Ankara si tratta della risposta all’attentato del 13 novembre a Istanbul, durante il quale hanno perso la vita sei persone. Il governo turco ne attribuisce la responsabilità proprio alle Ypg, legate al Partito curdo dei lavoratori (Pkk) e considerate organizzazioni terroristiche. Ai raid preparatori, che hanno rischiosamente colpito una base che ospita anche forze americane, potrebbe seguire una vera e propria invasione di terra come quelle degli scorsi anni. Nella giornata di lunedì, 28 novembre, il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha incontrato i vertici delle Forze armate per una riunione operativa e portavoce della presidenza turca, Ibrahim Kalin, in una dichiarazione di martedì ha affermato che l’offensiva in Siria può cominciare “in qualsiasi momento”.
La preparazione dell’invasione procede anche in campo diplomatico. Fonti coperte hanno confermato al sito d’informazione Middle East Eye che Ankara è impegnata in colloqui con la Russia, con l’obiettivo di effettuare un’operazione militare di piccola scala per rimuovere i combattenti delle Ypg dall’intera zona della Siria a ovest dell’Eufrate. I turchi si sono sempre coordinati con Mosca per le operazioni in Siria, per evitare “spiacevoli incidenti”. I russi, come confermato da Ankara, erano stati informati anche dei raid preparatori degli ultimi giorni. Ciononostante, quando Erdogan si scaglia contro le formazioni curdo-siriane, l’indignazione occidentale è rivolta quasi esclusivamente agli Stati Uniti, colpevoli di aver “abbandonato” le Sdf dopo averle sfruttate per ricacciare indietro lo Stato islamico. Da Washington arrivano appelli alla Turchia perché eserciti moderazione. L’addetto stampa del Pentagono, Pat Ryder, ha dichiarato che gli attacchi turchi in Siria “minacciano direttamente” le truppe statunitensi nella zona, chiedendo di evitare ulteriori azioni di forza potenzialmente pericolose. Degno di nota il fatto che Erdogan, come sostengono varie indiscrezioni, si stia preparando proprio in questo periodo a ricucire i rapporti con il presidente siriano Bashar el Assad. Damasco e Ankara sono in rotta dal 2011, quando i turchi hanno sostenuto le sollevazioni antigovernative. Si parla addirittura di un faccia a faccia fra i due presidenti, che certamente non potrà che riguardare anche la questione curda.
Per quanto riguarda l’Iraq, un’operazione anticurda da parte iraniana sembra ormai questione non di se, ma di quando. Fonti vicine al dossier hanno confermato al sito di notizie Amwaj, basato a Londra ma edito in inglese, arabo e persiano, che Teheran è pronta a un’offensiva di terra, a meno che le autorità irachene non si occupino personalmente dei gruppi di opposizione curdi iraniani in esilio. La Repubblica islamica, infatti, accusa le fazioni attive nel Kurdistan iracheno, di alimentare le proteste in corso in Iran dall’uccisione – a metà settembre – della 22enne curdo iraniana Mahsa Amini.
Mohammad Ali Shabani, direttore di Amwaj, riferisce che il vero obiettivo di Teheran potrebbe essere quello di spingere Baghdad e il governo curdo autonomo di Erbil a rafforzare gli accordi esistenti sulla sicurezza delle frontiere, in modo da controllare con maggiore efficienza le attività dei gruppi di opposizione curdi. La prospettiva di un’incursione di terra iraniana, evidenzia Shabani, potrebbe essere la prima grande sfida per il premier iracheno Muhammad Shia’ al Sudani, entrato in carica il mese scorso. Sia per la Turchia sia per l’Iran vale il principio della “esternalizzazione delle crisi”. Infatti, avviare prove di forza contro le formazioni curde in Siria e Iraq potrebbe essere sia per Ankara sia per Teheran un modo per ammansire le tensioni interne o, perlomeno, sviare momentaneamente l’attenzione.