l'Intervista
“È in corso un esodo dalla Russia”. Parla il rabbino capo di Mosca fuggito in Israele
Pinchas Goldschmidt è stato il capo della comunità ebraica della capitale russa dal 1993 al 2022: "La guerra ha creato una nuova situazione di crescente antisemitismo"
“Un quarto degli ebrei russi è fuggito dal paese”. L’ex rabbino capo di Mosca rivela l’entità delle partenze dall’inizio della guerra. Pinchas Goldschmidt è stato il capo della comunità ebraica della capitale russa dal 1993 al 2022. Nato a Zurigo, Goldschmidt è arrivato in Russia nel 1989 per ristabilire la vita ebraica, scuole, tribunali rabbinici, società di sepoltura, mense kosher, dopo che il comunismo sovietico aveva fatto tabula rasa dell’ebraismo e delle sue strutture sociali. C’era da ricostruire la vita ebraica dopo settant’anni di repressione. Un anno dopo fu chiamato a diventare rabbino della sinagoga della città.
“Non dimenticherò mai il mio primo Yom Kippur in quel santuario” ha scritto Goldschmidt sul New York Times. “La maggior parte non conosceva l’ebraico e non poteva seguire le preghiere. Le persone entravano per meditare in silenzio”. Goldschmidt è riuscito a ricostruire una comunità ebraica antica e gloriosa. “Per anni abbiamo sperato che le istituzioni democratiche in Russia mettessero radici. Speravamo che le comunità ebraiche potessero mantenere le distanze dal crescente autoritarismo del presidente Vladimir Putin. Il contratto sociale del suo regime, dopotutto, era che la popolazione non sarebbe stata politicamente attiva, pur consentendo alle autorità religiose di condurre i propri affari. Le nostre speranze sono state infrante. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, tutto è cambiato. Un giorno, una fonte governativa informò la sinagoga che avremmo dovuto sostenere la guerra, oppure…”.
E’ stato allora che Goldschmidt e sua moglie hanno deciso di lasciare il paese e riparare in Israele, dove c’è stato un aumento di oltre il quattrocento per cento dell’aliyah (l’emigrazione ebraica in Israele) dalla Russia rispetto al 2021. “La guerra ha creato una nuova situazione di crescente antisemitismo in Russia”, dice Goldschmidt al Foglio. Il rabbino dice che più di un quarto degli ebrei russi ha lasciato o ha intenzione di lasciare presto il paese. La comunità ebraica russa sopravviverà, ma dipende dove. “Migliaia di ebrei russi sono scappati in Armenia, Germania, Israele, Dubai. Abbiamo numeri enormi di partenze. Sono più piccoli rispetto a quelli degli anni 90, perché il totale è più basso. Ma in termini di percentuali, l’entità dell’esodo è la stessa”.
Quest’anno Goldschmidt divide il suo tempo fra alcune sinagoghe di Gerusalemme. Qui, e in altre città d’Israele, incontra nuovi emigrati ebrei dalla Russia, le decine di migliaia che sono fuggiti dall’inizio della guerra. Chi resta in Russia vive una situazione drammatica. Per questo Goldschmidt ha suggerito a chi può di lasciare il paese. “Ci sono molte sfide: paura di antisemitismo, essere isolati dal resto del mondo con la nuova cortina di ferro, la coscrizione, le condizioni economiche e la repressione politica”. Quello che succede in Russia è diverso dal resto d’Europa. “La Russia sta tornando all’epoca sovietica. In Europa ci sono molte turbolenze politiche, ci si sta dimenticando della storia della Shoah e delle lezioni della Seconda guerra mondiale, e c’è meno tolleranza per le minoranze religiose”.
Goldschmidt è rimasto in contatto con la sua ex comunità. “Quando parlo con le persone al telefono in Russia, hanno paura, parlano in modo formale. Ma quando vengono in Israele sono libere di esprimersi”. Difficile capire cosa abbia in mente Vladimir Putin, ma una cosa è certa: “Non ho parlato con lui, ma le azioni di Putin degli ultimi vent’anni mostrano la volontà di tornare al passato dell’Unione sovietica. Non in nome del comunismo o dell’ideologia, ma dell’impero”.
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