la testimonianza

L'approccio “fuck it” di Musk svilisce il servizio di Twitter, dice un ex responsabile

Pietro Minto

Ridurre a zero la moderazione dei contenuti danneggia anche il business del social network, non solo la qualità della conversazione o le vittime delle campagne di abusi. L'intervento di Yoel Roth sul New York Times 

Milano. Per circa sette anni Yoel Roth ha lavorato per Twitter, dov’è arrivato a ricoprire la carica di responsabile dell’affidabilità e sicurezza  fino al mese scorso, quando Elon Musk è diventato proprietario dell’azienda. Inizialmente Roth era sembrato ottimista, spiegando come la piattaforma avesse ridotto del 95 per cento la diffusione di contenuti violenti e offensivi, rendendola “sempre più sicura” anche grazie  alla nuova gestione. Meno di dieci giorni dopo, però,  firmava un editoriale sul New York Times da “ex” dell’azienda, mettendo in fila tutti i problemi e rischi a cui Twitter stava andando incontro a causa di Musk.

 

Cos’era successo nel frattempo? L’imprenditore aveva semplicemente applicato la sua dichiarata missione per l’azienda – ristabilire una libertà d’espressione che sarebbe stata violata da Twitter –, riducendo a zero la moderazione dei contenuti e la soppressione dei tweet razzisti, omofobi e violenti. Questo tipo di intervento è anzi diventato una minaccia per la libertà di cui sopra, intesa nel modo più ampio e sregolato possibile, in onore alla scuola libertaria da sempre cara a Musk (e a un pezzo consistente del settore tech). In un incontro pubblico con la giornalista Kara Swisher, questa settimana Roth è tornato a criticare l’approccio “fuck it” di Musk, aggiornando la sua lista di timori. A rimetterci non è solo la qualità della conversazione o le vittime di queste campagne di abusi, ma anche il business stesso del social network, le cui entrate dipendono al 90 per cento dagli inserzionisti pubblicitari, spaventati da fiaschi come le spunte blu che per qualche giorno sono state offerte a chiunque a soli 8 dollari.

 

Secondo Casey Newton, autore dell’informata newsletter “Platformer”, i dati settimanali sulle prenotazioni di pubblicità su Twitter registrano un meno 49 per cento sul mercato Emea (Europa, Africa, medio oriente), mentre Musk sembra pronto a scontrarsi con Apple, che in pochi giorni è passata da essere il principale acquirente di pubblicità a bloccare gli acquisti. L’attrito  è interessante anche in vista del lancio di Twitter Blue, una versione a pagamento del social: per ogni acquisto effettuato via app, infatti, Apple trattiene il 30 per cento, una “tassa” a cui il capo di Tesla   giura di voler ribellarsi. A dispetto delle apparenze, però, Musk  in questi giorni ha compiuto scelte precise, grazie alle quali sono tornati (e torneranno) su Twitter troll e altre personalità estremiste da tempo bandite. Molte di loro provengono dalle cerchie più balzane  della destra radicale statunitense, che ora potrebbero tornare nel loro social preferito grazie a quello che alcuni esperti hanno paragonato all’“apertura delle porte dell’inferno”.

 

Non è una buona notizia neanche per il partito repubblicano, che tra il ritorno di Trump su Twitter (finora solo tecnico: non ha ancora twittato) e di altri, rischia di cadere vittima di istanze estremiste e minoritarie che in parte stava cercando di superare.  Quanto agli inserzionisti in fuga, Musk sembra deciso a inquadrarli come sabotatori della libertà d’espressione, mentre il sito si riempie di bot, truffe e contenuti porno, e l’azienda si prepara a riaprire le gabbie dell’alt-right. Insomma, un ambiente sicuro per ogni brand.

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