Sull'orlo dell'abisso
"Vorrei tanto difendere l'occidente, ma dovrebbe meritarselo". Il dialogo tra Houellebecq e Onfray
Un’intervista incrociata a tutto campo, raccolta all’interno di un numero speciale di Front populaire, tra i due aruspici del declino della nostra civiltà, le due mosche bianche del dibattito intellettuale francese, considerati “infrequentabili” dalla gauche benpensante
Parigi. Ognuno col suo stile, Michel Houellebecq e Michel Onfray sono gli aruspici dell’occidente in declino. Mosche bianche del dibattito intellettuale francese, considerati “infrequentabili” dalla gauche benpensante, lo scrittore anarchico e il filosofo libertario profetizzano da anni nei loro libri e interventi pubblici la crisi di identità e di valori del mondo occidentale, e in particolare della Francia, ma senza i toni brutali e apocalittici di un Éric Zemmour o l’incurabile malinconia di un Alain Finkielkraut. Entrambi severi contro il politicamente corretto, l’ambientalismo radicale, il transumanesimo e la scristianizzazione, i mali che starebbero affossando la civiltà occidentale, si sono ritrovati faccia a faccia per un dialogo “sull’orlo dell’abisso”, come lo ha definito il Figaro: un’intervista incrociata a tutto campo, raccolta all’interno di un numero speciale di Front populaire, rivista fondata nel 2020 proprio da Michel Onfray.
“‘Guardo da tutte le parti e ovunque non vedo altro che oscurità’. E’ con questa citazione dei ‘Pensieri’ di Blaise Pascal, caro Michel, che lei inizia il suo testo politico più recente, pubblicato lo scorso anno sul Point. Io vedo in questa frase la quintessenza del suo pensiero. Perché credo, se me lo permette, che esista un ‘Houellebecq-pensiero’. Un pensiero che condivido totalmente, tra l’altro, non avendo nulla da ridire su tutto ciò che lei ha scritto sulla civiltà. Mi piacerebbe dunque riprendere alcune delle sue riflessioni su questa questione. E comincerei interrogandola sul crollo della Francia, che per lei è un’ovvietà”, esordisce Onfray.
“Un’ovvietà, certo, ma non solo per me. Ed è questo che mi sorprende, anzitutto. La Francia non è più in declino degli altri paesi, ma ha una consapevolezza estremamente elevata del proprio declino”, risponde Houellebecq. Anzi, per tasso di natalità, uno dei fattori che più ossessionano l’autore di “Sérotonine” e che certificano a sua detta la decadenza dell’occidente, la Francia è messa meglio rispetto ai paesi dell’Europa del sud, che stanno vivendo il loro “inverno demografico”. Problema: in Francia è in corso, secondo Houellebecq, la “Grande Sostituzione” etnico-religiosa denunciata dall’intellettuale maurassiano Renaud Camus, ossia una sostituzione progressiva della popolazione autoctona francese con una popolazione allogena e uno stravolgimento estetico e valoriale di interi quartieri, se non addirittura di interi comuni. “Sono molto scioccato dal fatto che la ‘Grande Sostituzione’ sia considerata una teoria. Perché non è una teoria, è una realtà”, sostiene il romanziere francese. “E’ obiettivamente quello che indicano le cifre”, afferma Onfray, convinto come l’altro Michel che il declino dell’occidente sia prima di tutto demografico.
Quando viene affrontato il tema “islam”, emergono i primi clivage. Il filosofo non considera l’islamismo “un fenomeno così potente” da poter sconvolgere un’intera nazione, e più in generale il nostro continente, quanto piuttosto “una reazione alla potenza americana”: non saranno i musulmani, dice Onfray, a sottomettere l’occidente, ma l’occidente materialista e consumista a spingere i musulmani a sottomettersi ai suoi valori decadenti. Houellebecq, che finì a processo per aver affermato nel 2001 che “l’islam è la religione più stupida” tra tutte le religioni, e che per il suo libro “Soumission” è stato accusato di “islamofobia”, è più pessimista. “Quando interi territori saranno controllati dagli islamisti, penso che si verificheranno degli atti di resistenza (…). Ci saranno attentati e sparatorie nelle moschee”, dice Houellebecq, che prevede dei “Bataclan al contrario”.
“Lei pensa che la guerra civile arriverà, io invece sono convinto che sia già in corso, a bassa intensità”, ribatte Onfray. Autore del “Trattato di ateologia”, libro che suscitò dibattiti e polemiche aspre in Francia come in Italia quando uscì nel 2005, Onfray è ateo. Houellebecq, invece, si è sempre definito agnostico. Ma entrambi condividono con Auguste Comte l’idea che la religione sia indispensabile alla sopravvivenza di una società. “Solo la religione è capace di federare una civiltà, proponendo una trascendenza definitiva”, dice Onfray, mentre Houellebecq, dinanzi alla solitudine del mondo contemporaneo, mette l’accento sulla bellezza della religione come fonte di aggregazione sociale: “A messa, tutti si amano, è splendido”. L’ultima parola allo scrittore: “Vorrei tanto difendere l’occidente, ma dovrebbe anche meritarselo”.