Foto di Oleg Varov, Russian Orthodox Church Press Service, via AP, via LaPresse 

Blitz nel monastero

Cosa comporta limitare le organizzazioni religiose in Ucraina in nome della sicurezza

Micol Flammini

Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il governo proporrà un disegno di legge sulla proibizione delle attività di culto che sono affiliate o controllate dal Patriarcato di Mosca

Il monastero delle grotte di Kyiv è molto antico, si trova vicino al museo dedicato all’Holodomor, la grande carestia provocata da Stalin, ed è anche la residenza del metropolita di Kyiv. Nei giorni scorsi è stata una delle sedi religiose in cui le Forze dell’ordine ucraine hanno fatto irruzione, in un crescendo di preoccupazioni da parte dei servizi di sicurezza per l’esistenza di “attività sovversive da parte dei servizi speciali russi” legate alla Chiesa ortodossa russa. Fino al 2019, la Chiesa ortodossa ucraina ha fatto riferimento al Patriarcato di Mosca, ma dopo l’annessione della Crimea e l’inizio della guerra nel Donbas, ha scelto di rompere.

 

Nel 2020, 7.097 parrocchie ortodosse in Ucraina erano subordinate alla chiesa controllata da Kyiv, mentre la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca controllava 12.410 parrocchie. Nel discorso notturno di giovedì, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che il paese si muoverà verso la limitazione di alcune organizzazioni religiose che hanno legami con la Russia: “Il Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale ha incaricato il governo di proporre un disegno di legge sulla proibizione delle attività in Ucraina da parte di organizzazioni religiose affiliate a centri di influenza in Russia”. I servizi di sicurezza temono che i monasteri possano essere covi di sabotatori e spie, pesa su questa considerazione anche la decisione del capo della Chiesa ortodossa russa, Kirill, di benedire la guerra: decisione che i fedeli in Ucraina non hanno approvato. 

 

La convinzione che la Chiesa ortodossa russa sia controllata dai servizi segreti di Mosca alimenta l’idea che i monasteri possano avere un ruolo nella guerra e quindi essere collegati alla sicurezza nazionale. A maggio, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, con una nota ufficiale, ha condannato la guerra e, in seguito, ha definito “eroi” i sacerdoti rimasti nei territori occupati, smentendo anche le accuse che potessero essere dei collaboratori dell’esercito russo, per Kyiv però rimangono ancora troppi i legami con la politica del Cremlino e ritiene che siano impossibili da scindere. L’ossessione legittima che l’Ucraina ha nei confronti degli elementi russi della sua cultura – che siano statue, libri o nomi delle vie – rischia di sconfinare su un crinale sottile che da un lato ha le esigenze di sicurezza ma dall’altro ha il rispetto della libertà religiosa: ci sono parrocchie in Ucraina che ancora rispondono a Mosca, ma che per i fedeli sono luoghi di culto.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)