L'intervista

“Non si può negoziare coi talebani”, ci dice l'ex negoziatore di Doha

Federico Lodoli

Donne arrestate e recluse, esecuzioni pubbliche e linciaggi, perché per Nader Nadery dialogare con il governo di Kabul non è possibile

Mentre nel vicino Iran le proteste delle donne vanno avanti  da mesi, a Kabul  il viceportavoce dei talebani, Bilal Karimi, ha dichiarato qualche giorno fa che nell’Emirato i diritti delle donne sono rispettati come mai prima: “Tutti i cittadini sono protetti dalla Sharia. Inoltre, posso affermare che prima del ritorno dell’Emirato, i diritti delle donne – tra cui il diritto alla famiglia, alla dignità, all’onore – non erano rispettati”. Eppure, lo scorso mese è stato particolarmente drammatico per le donne afghane. Il 4 novembre i talebani hanno fatto irruzione durante una conferenza stampa sul “Movimento delle donne per l’uguaglianza” e hanno prelevato Zarifa Yaqoobi. L’8 è stata arrestata Farhat Popalzai e il 13 è stata la volta di Humaira Yusuf. Nonostante gli appelli di Amnesty International, le tre attiviste sono ancora nelle mani delle autorità. Negli stessi giorni sono state varate una serie di restrizioni che vietano alle donne di accedere ai parchi pubblici, alle palestre, agli hamman. “I talebani stanno implementando una serie di misure che possono essere definite come forme di apartheid verso le donne”, dice al Foglio Nader Nadery, esperto di Diritto internazionale, già consigliere della Repubblica islamica per i diritti umani e tra i negoziatori a Doha. 


In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre scorso,  Roza Otunbayeva, rappresentante speciale dell’Onu per l’Afghanistan, ha chiesto ai talebani che siano fatti “passi concreti per permettere di liberare il campo da ogni forma di violenza. Proteggere i diritti delle donne è un fattore cruciale per la stabilità, la prosperità e una pace duratura in Afghanistan”. Lo stesso giorno, in una risoluzione del Parlamento europeo, si chiedeva “alle autorità afghane di assicurare la partecipazione delle donne alla vita pubblica, condizione affinché la comunità internazionale riprenda le relazioni”. Alla luce di quanto accaduto nell’ultimo mese, anche questi appelli sembrano destinati a cadere nel vuoto. “La comunità internazionale non ha i mezzi per influenzare i talebani a meno che non adotti misure più severe”, dice Nadery. “Per prima cosa è necessario rinnovare il divieto di viaggio per i leader talebani e sanzionarli individualmente. Inoltre, occorre lavorare più da vicino con le donne afghane che, ormai quotidianamente, scendono in piazza per difendere i loro diritti”.


Ma le politiche dell’Emirato non attaccano solo le donne. Pochi giorni dopo le nuove restrizioni, il leader supremo Haibatullah Akhundzada ha ordinato ai giudici di applicare, ovunque ce ne siano le condizioni, la Sharia. Soprattutto nei confronti di ladri, rapitori e sovversivi. Si tratta di reintrodurre le esecuzioni pubbliche, le amputazioni e i linciaggi. “Tornando indietro alle loro brutali politiche, i talebani perseguono due obiettivi,” continua Nadery. “Il primo serve a preparare il terreno per l’eliminazione di qualunque forma di opposizione. Il secondo ad acquisire autorevolezza agli occhi dei sostenitori nelle madrase pachistane e dei jihadisti in tutto il medio oriente”. 


Sono misure che sembrano mettere la parola fine a ogni ipotesi di dialogo tra talebani e comunità internazionale. Eppure, solo due mesi fa, c’era stato uno scambio di prigionieri tra Stati Uniti ed Emirato che sembrava aprire ad altre possibilità. “Sappiamo che ancora oggi è in corso un dialogo a Doha su temi relativi alla sicurezza. Ma a fronte di queste nuove violazioni, diventa sempre più difficile giustificare anche questi contatti”. In ogni caso Nadery è sempre stato contrario a ogni apertura. Come ha scritto a settembre su Foreign Affairs, “dialogare con i talebani nella speranza di poterli influenzare si è già rivelato un fallimento. In più i talebani usano ogni apertura per ottenere legittimità interna. E’ tempo di smetterla di incontrare i loro leader. Serve invece fare pressioni sui paesi della regione come il Pakistan e i paesi del Golfo affinché cessino di offrire assistenza economica al gruppo”. Nel frattempo, però, l’economia è al collasso anche a causa dell’isolamento  e delle sanzioni volute dall’occidente. Molte ong affermano che, per salvare la popolazione dalla fame, il dialogo sia necessario. Ma Nadery non è d’accordo: “La crisi economica è dovuta solo alla mancanza di preparazione economica dei talebani. Il settore privato è crollato perché non c’è alcuna fiducia nel loro governo”. Eppure, molti oppositori del regime sembrano riconoscere che è grazie ai talebani che il paese è finalmente in sicurezza. “Questo argomento è stato usato anche durante il primo Emirato. Non è così. Prima di tutto, le bombe esplodono regolarmente e la criminalità è aumentata. Inoltre, tutti sanno che la causa dell’insicurezza erano loro. La popolazione può tollerare la situazione ancora per qualche tempo ma se le cose continueranno così non avrà altre opzioni che iniziare la resistenza”. 

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