il discorso
Il testamento di un oppositore russo colpevole di aver detto la parola “guerra”
Esorta i russi a combattere, opporsi, essere ottimisti per contrastare il regime di Putin: è il discorso che Ilya Yashin ha tenuto alla fine del processo che lo vede imputato per non aver usato l'espressione "operazione speciale" in riferimento all'invasione dell'Ucraina
Traduciamo il discorso che l’oppositore russo Ilya Yashin ha tenuto alla fine del processo che lo vede imputato per aver usato la parola “guerra”. E’ stata proposta una condanna a nove anni da trascorrere in una colonia penale. Yashin esorta i russi a combattere, opporsi, essere ottimisti per contrastare il regime di Putin
Cari ascoltatori, sarete d’accordo che la frase “’ultima parola dell’imputato” suoni molto cupa.
Come se dopo aver parlato in tribunale, la mia bocca venisse cucita e mi fosse proibito parlare per sempre. E’ proprio questo il punto: sarò isolato dalla società e tenuto in prigione perché vogliono che io stia zitto. Perché il nostro parlamento ha cessato di essere un luogo di discussione e ora tutta la Russia deve concordare silenziosamente con qualsiasi azione delle autorità. Ma prometto: finché sarò vivo, non lo sopporterò. La mia missione è dire la verità. L’ho pronunciata nelle piazze, negli studi televisivi, nelle tribune parlamentari. Non rinuncerò alla verità nemmeno dietro le sbarre. Dopotutto, citando un classico, “la menzogna è la religione degli schiavi, e solo la verità è il dio di un uomo libero”.
All’inizio del mio intervento, vorrei rivolgermi alla corte. Vostro onore, apprezzo il modo in cui è stato gestito questo processo. Lei ha tenuto un processo pubblico, l’ha aperto alla stampa e agli ascoltatori, non ha impedito a me di parlare liberamente e ai miei avvocati di lavorare. E all’apparenza non ha fatto niente di speciale: è così che dovrebbero essere tenuti i processi in qualsiasi paese normale. Ma nel campo bruciato della giustizia russa, questo processo sembra qualcosa di vivo. E mi creda, lo apprezzo. Lo dico con franchezza, Oksana Ivanovna (nome della giudice ndr): lei mi ha trasmesso un’impressione insolita. Ho notato con quale interesse ascolta, come reagisce, come dubita e riflette. Per il potere, lei è soltanto un ingranaggio del sistema, che deve svolgere docilmente la sua funzione. Ma vedo davanti a me una persona viva che la sera si toglierà la toga e andrà a fare la spesa nello stesso negozio dove va mia madre. E non ho dubbi che lei e io siamo afflitti dagli stessi problemi. Sono sicuro che anche lei, come me, è scioccata da questa guerra e prega che l’incubo finisca presto. Sa, Oksana Ivanovna, ho un principio che seguo da molti anni: fai ciò che devi, qualunque cosa accada.
Quando è iniziata la guerra, non ho dubitato per un secondo su cosa avrei dovuto fare: rimanere in Russia, dire la verità ad alta voce e fermare lo spargimento di sangue con tutte le mie forze. Mi fa male fisicamente rendermi conto di quante persone sono morte in questa guerra, quanti destini sono stati storpiati e quante famiglie hanno perso la casa. Questo non può essere tollerato. E giuro che non mi pento: è meglio trascorrere 10 anni dietro le sbarre, da uomo onesto, che bruciare silenziosamente di vergogna per il sangue che versa il tuo governo. Naturalmente, Vostro onore, non mi aspetto un miracolo qui. Lei sa che non sono colpevole e io so quanto questo sistema la mette sotto pressione. E’ ovvio che dovrò ottenere un verdetto di colpevolezza. Ma non le porto rancore e non le auguro niente di male. Tuttavia, cerchi di fare tutto ciò che è in suo potere per prevenire l’ingiustizia. Ricordi che non solo il mio destino personale dipende dalla sua decisione, ma rappresenta una condanna per quella parte della nostra società che vuole vivere pacificamente e civilmente. Quella parte della società, a cui, forse, appartiene anche lei, Oksana Ivanovna.
Usando questa tribuna, vorrei anche rivolgermi al presidente russo Vladimir Putin. All’uomo responsabile di questa strage, che ha firmato la legge sulla “censura militare” e per volontà del quale sono in carcere. Vladimir Vladimirovich, guardando le conseguenze di questa mostruosa guerra, probabilmente ha già capito quale grave errore abbia commesso il 24 febbraio. Il nostro esercito non è stato accolto con fiori. Siamo chiamati giustizieri e occupanti. Le parole “morte” e “distruzione” ora sono fortemente associate al suo nome. Ha portato terribili disgrazie al popolo ucraino, che probabilmente non ci perdonerà mai. Ma lei è in guerra non solo con gli ucraini, ma anche con i suoi compatrioti. Manda centinaia di migliaia di russi nell’inferno della battaglia, molti non torneranno mai più a casa, essendosi trasformati in polvere. Molti rimarranno paralizzati e impazziranno per ciò che hanno visto e vissuto. Per lei, queste sono solo statistiche sulle perdite, numeri in colonna. Per molte famiglie invece è il dolore insopportabile di perdere mariti, padri e figli. Sta privando i russi della loro casa. Centinaia di migliaia di nostri concittadini hanno lasciato la loro patria perché non vogliono uccidere ed essere uccisi. La gente sta scappando da lei, signor presidente. Non se ne accorge? Ha minato le basi della nostra sicurezza economica e trasferendo l’industria sul campo militare sta riportando indietro il nostro paese. Carri armati e pistole sono di nuovo prioritari e le nostre realtà sono di nuovo povertà e mancanza di diritti. Ha forse dimenticato che una tale politica ha già portato al collasso il nostro paese? Lasci pure che le mie parole suonino come una voce che grida nel deserto, ma la esorto, Vladimir Vladimirovich, a fermare immediatamente questa follia. E’ necessario riconoscere la politica nei confronti dell’Ucraina come errata, ritirare le truppe dal suo territorio e passare a una soluzione diplomatica del conflitto. Ricordi che ogni nuovo giorno di guerra significa nuove vittime. Basta.
Infine, voglio rivolgermi alle persone che hanno seguito questo processo, mi hanno sostenuto in tutti questi mesi e attendono con ansia il verdetto: gli amici! Qualunque decisione prenda il tribunale, non importa quanto severa sia la sentenza, questo non dovrebbe spezzarvi. Capisco quanto sia difficile per voi adesso, quanto siete tormentati dalla sensazione di impotenza e disperazione. Ma non dovete arrendervi. Per favore, non cadete nella disperazione e non dimenticate che questo è il nostro paese. Merita che per lui si combatta. Siate coraggiosi, non tirartevi indietro davanti al male e resistete. Difendete la vostra strada, le vostre città. E, soprattutto, difendetevi a vicenda. Siamo molti di più di quanto sembri, e io e voi siamo una forza enorme.
Beh, non preoccupatevi per me. Prometto che sopporterò tutte le prove, non mi lamenterò e percorrerò questo percorso con dignità. E voi, per favore, promettetemi che rimarrete ottimisti e non dimenticherete mai di sorridere. Perché vinceranno loro proprio nel momento in cui noi perderemo la capacità di goderci la vita.
Credetemi, la Russia sarà libera e felice.
Ilya Yashin