Materiale antisommossa e specialisti della repressione. Così la Russia tenta di aiutare l'Iran
Il regime si starebbe preparando a una brutale repressione anche di lunga durata per riuscire a soffocare la rivoluzione che il popolo iraniano. Mosca intanto ascolta le conversazioni degli iraniani con l’occidente, e riferisce
Ankara. Teheran teme di perdere il controllo dell’ordine pubblico nelle maggiori città del paese e chiede aiuto a Mosca nella repressione. Il regime iraniano è impegnato a sostenere militarmente la Russia nella guerra contro l’Ucraina anche perché spera che alla fine i russi potranno salvarlo dalla rivoluzione dei giovani, come hanno salvato Assad in Siria. Mosca, dopo nove mesi di guerra d’invasione senza successo, non è più nelle condizioni del 2015, sta esaurendo le sue risorse militari ma, nonostante ciò, lunedì mattina ha mandato all’aeroporto Mehrabad di Tehran un aereo cargo Tupolev che trasportava attrezzature antisommossa e consiglieri militari specializzati nella repressione della guerriglia urbana. Il regime iraniano si starebbe preparando a una brutale repressione anche di lunga durata per riuscire a soffocare la rivoluzione che il popolo iraniano conduce eroicamente, a mani nude e a qualsiasi prezzo.
Un file audio carpito dal gruppo hacker Black Reward rivela le preoccupazioni del regime per l’estensione della protesta e le lamentele del capo dei pasdaran, Hossein Salami, per lo sfinimento delle forze paramilitari bassiji incaricate della repressione. Il regime iraniano ha risorse limitate sia in termini di personale sia di attrezzature e si affida all’intelligence di Mosca anche per raccogliere informazioni sull’ordine pubblico interno. Funzionari dei servizi segreti del Cremlino intercettano le comunicazioni che i manifestanti hanno con l’occidente e forniscono a Teheran valutazioni sulla natura e sulla forza del movimento di protesta. Tutto ciò è stato confermato dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby.
Qasim Qureshi, il vicecapo della milizia bassiji della guardia rivoluzionaria, ha rivelato ai media dei pasdaran che le forze incaricate della repressione sono stanche. Molti non si sentono motivati a sparare contro i pacifici manifestanti. La guida suprema Ali Khamenei, in un incontro avuto con Hossein Ashtari, capo delle forze di polizia del paese, si è mostrato anche lui molto preoccupato e ha esortato le forze di sicurezza a “non sprecare un solo momento” e a soffocare quanto prima la rivoluzione. La polizia chiede l’aumento dello stipendio, lo stesso chiedono le forze speciali e si registrano sempre più diserzioni. I guardiani della rivoluzione sono stati costretti, per rafforzare i ranghi delle forze di polizia locali, a richiamare in servizio circa 1.500 pensionati pasdaran, ma all’appello finora hanno risposto solo in 300. Le aree più critiche del paese sono quelle curde e quelle del Sistan e del Baluchistan dove viva una minoranza sunnita da sempre vessata, ma abituata a lottare per le strade anche a costo di farsi massacrare. Nella regione curda i guardiani della rivoluzione hanno trasferito migliaia di uomini armati fino ai denti che hanno sostituito le forze di polizia prendendo il controllo dei vari centri urbani. I bassiji del corpo dei guardiani della rivoluzione stanno implodendo: sono esausti, mal pagati e per questo in subbuglio. Non è un caso che tra essi è diffuso il consumo di sostanze dopanti. Le forze paramilitari sarebbero costrette ad assumere anfetamine, cocaina ed altre droghe per compiere efferatezze senza inibizioni.
La crescente cooperazione tra Russia e Iran non è una novità. I due paesi cooperano dal 2015 nel teatro siriano sostenendo il dittatore di Damasco e, pur essendo in competizione rispettano le rispettive sfere di influenza. Mosca e Teheran stanno sviluppando da almeno dieci anni una cooperazione economico-commerciale davvero importante che vede i due paesi impegnati nella costruzione di corridoi energetici. L’invio di droni in Ucraina da parte di Teheran ha anche lo scopo di lanciare a Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i suoi nemici regionali, un avvertimento di questo tenore: se stai pensando di sostenere gli Accordi di Abramo per una nuova partnership di sicurezza mirata per contrastare e indebolire l’Iran, ti inviamo un messaggio. Siamo in grado di fare grandi danni.
Mosca e Tehran non sono esattamente due paesi amici e non esiste tra loro una vera alleanza strategica, ma pur avendo obiettivi e visioni diverse hanno alcune cose in comune: entrambi vogliono distruggere l’occidente e indebolire l’influenza degli Stati Uniti in medio oriente e in Asia. L’Iran ha apportato alcuni importanti cambiamenti nella sua politica estera per necessità. Sotto le sanzioni occidentali l’economia si è notevolmente contratta e Teheran si è concentrata su due assi principali: la crescente attività politico-militare svolta in medio oriente, e quello che possiamo chiamare “visione a est” (East View) rappresentata dalla sua appartenenza all’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Con la “visione a est”, avviata durante la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, l’Iran punta ad aumentare le relazioni con Russia e Cina, abbandonando la sua politica di alleanze, rotta con lo slogan del 1979 “né l’oriente né l’occidente”. Questo orientamento a est non raccoglie però il sostegno dell’élite politica ed economica iraniana, che non condivide l’approccio di Khamenei volto a sottolineare l’indipendenza dall’occidente. Non a caso due degli slogan delle manifestazioni contro il regime sono: “Via dalla Siria”, “via la Repubblica islamica dall’Iran!”.